Skip to main content

Passioni dal passato: le boy band

Rubrica saltuaria a cadenza irregolare in cui ci divertiamo a riprendere tendenze passate del mondo della musica e sonorità che, oggi, ci sembrano incredibilmente sorpassate e quasi dimenticate. Almeno finché non verranno massicciamente riprese per fare il trend del futuro, ovviamente.

Nonostante si associ quasi automaticamente le parole boy band da alcune realtà musicali che hanno conosciuto il successo tra gli anni 90 e 2000 – talvolta anche segnando un’epoca, va riconosciuto – è però da notare che le origini di questo particolare tipo di collettivo musicale risalgano a svariati decenni prima. I Backstreet Boys, i 5ive, i New Kids On The Block, gli Nsync, i Blue e tutte le altre formazioni che abitualmente facciamo ricadere tra i confini della definizione di boy band sono infatti una filiazione diretta dei gruppi vocali degli anni 50 (a loro volta discendenti dei quartetti vocali americani definiti barbershop quartets, celebri per cantare a cappella e senza accompagnamento musicale).

Nonostante si possano datare le origini remote della tendenza risalendo fino agli ultimi decenni dell’Ottocento, le boy band così come le intendiamo oggi – momento storico in cui peraltro le realtà più significative di questo tipo sono tutte asiatiche, valga per tutti citare i BTS – nascono tra la metà degli anni 70 e la metà degli anni 80. È in questo periodo che viene infatti introdotta la caratteristica del ballo sincronizzato, assente fino a quel momento, e viene in qualche modo canonizzata la fondamentale influenza della musica black di allora, introducendo le affinità col soul, la discomusic storica e l’R’n’B che, da quel momento in poi, hanno sempre contraddistinto le boy band occidentali, specialmente nella loro età d’oro che va dal 1995 al 2005 (circa).

Perché allora non approfittarne per ricordare alcuni dei gruppi che hanno avuto più successo?

Backstreet Boys

Probabilmente la boy band più celebre in assoluto e una delle più longeve, i Backstreet Boys hanno da poco festeggiato i trent’anni di carriera insieme, hanno segnato in maniera netta gli anni 90 e, dopo una pausa di riflessione nei primi anni 2000, sono tornati a dominare le classifiche. Dalle parti del 2010 – e fino a oggi – il loro successo commerciale è indubbiamente scemato, certamente non fanno più notizia come un tempo ma non hanno mai smesso di produrre nuova musica e, soprattutto, di girare il mondo per esibirsi dal vivo. Oggi sono considerati come dei venerabili saggi del mondo delle boy band e alcune delle loro hit del passato sono tuttora appuntamenti immancabili di qualunque review nostalgica del periodo in cui hanno dominato la scena pop.

Take That

Se i Backstreet Boys sono ancora oggi la boy band più rilevante degli ultimi quarant’anni a livello globale, i Take That ricoprono quel ruolo se ci limitiamo all’influenza europea. Oggi sono passati tanti anni anche dal loro rilancio nella seconda metà degli anni 2000, dopo una pausa durata un decennio, ma, nella prima metà degli anni 90, il successo della formazione è stato stellare e l’influenza che alcuni componenti hanno avuto – su tutti Robbie Williams, protagonista di una fortunatissima carriera solista, ma anche Gary Barlow – sulla scena inglese (ma non solo) è stata enorme. Gli One Direction e i Blue, nei loro periodi migliori, sono stati delle autentiche bombe per le classifiche di tutto il mondo ma non sarebbero mai esistiti senza i Take That.

Nsync

Tra gli assoluti protagonisti della scena pop negli anni a cavallo del cambio di millennio, gli Nsync si sono sciolti – teoricamente per sempre – nell’ormai lontanissimo 2004. Tuttavia, la nostalgia è un richiamo molto, molto forte e pare proprio che quest’anno, a quasi due decenni dalla separazione, torneranno ufficialmente insieme con un nuovo disco (addirittura!). Protagonisti di un’avventura musicale tutto sommato breve, durata poco meno di dieci anni (e, discograficamente, appena cinque ma producendo ben quattro album), gli Nsync hanno però dato una svolta decisiva all’aspetto coreografico. Se prima di loro le boy band erano gruppi di cantanti a cui si insegnava a ballare più o meno decorosamente (e più o meno all’unisono), nelle loro fila c’erano invece ballerini piuttosto abili – e i critici più feroci sostengono anche che fossero molto più abili a far quello che non ad adoperare l’ugola. Certo, almeno un paio – Justin Timberlake e JC Chasez – sapevano anche cantare molto bene ma il loro focus era sulla presenza scenica e sull’effettiva spettacolarità delle loro mosse. A loro si deve un reale cambio di paradigma che poi ha anche avuto esiti nefasti, come convincere alcuni produttori musicali che, per fare una buona boy band, bastasse un imprecisato numero dispari di ballerini che fingono di cantare in playback mentre un unico solista dalla bella voce tiene su tutto lo show…

Blue

Boy band britannica molto vecchia scuola – cioè non proprio abilissima a ballare – ma composta da quattro cantanti di un livello che oscilla tra il più che discreto e l’eccellente, i Blue iniziano ad avere successo quando, per un motivo o per l’altro, tutte le boy band che hanno dominato gli anni 90 iniziano a sfasciarsi e a scomparire. Profondamente debitori della musica black, della Motown e dell’R’n’B, all’interno della formazione hanno anche un membro che sa rappare (Simon Webbe) e che connota in questo modo i loro pezzi. Niente di inedito in senso assoluto ma di inconsueto sì, perlomeno per il pubblico europeo. Questo vago sapore di novità, unito all’estro vocale di Lee Ryan e ad alcune hit indovinate, trasforma i Blue nei dominatori della scena pop dei primi anni 2000, in particolare tra il 2002 e il 2005. In quest’ultimo anno, i membri del collettivo si prendono una pausa che durerà fino al 2011 ma, diversamente rispetto ad altre boy band, il loro ritorno non propizierà nuovi fasti, anzi. Oggi sono ancora insieme ma sono una realtà minore e parzialmente dimenticata, che si regge soprattutto su live nostalgici.

One Direction

L’ultima, grande boy band. Formatisi grazie all’edizione 2010 di X Factor UK – che mise insieme cinque aspiranti cantanti solisti grazie a un’intuizione della giudice nonché voce solista delle Pussycat Dolls, Nicole Scherzinger – i One Direction sono esplosi praticamente subito, già durante le varie fasi del talent show. La chimica tra Niall Horan, Zayn Malik, Liam Payne, Harry Styles e Louis Tomlinson scatta immediatamente, del resto, e già il loro primo disco (Up All Night) è una hit mondiale. Il successivo, Take Me Home, si issa al primo posto in dieci Paesi diversi, migliorando i riscontri del predecessore. Lo stesso farà Four, il quarto album, che a sua volta migliorerà il successo del terzo, Midnight Memories, capace di raccogliere “solo” otto primi posti nazionali. Questi numeri alla rinfusa, anche se molto grezzi, danno comunque un’idea piuttosto precisa del fenomeno One Direction, capace di catalizzare le attenzioni di un’immensa legione di (accesissimi) fan, molto attivi su internet e sempre pronti a difendere e promuovere i propri beniamini. L’idillio tuttavia termina attorno al 2015, più o meno quando Zayn Malik decide di lasciare la band e Harry Styles inizia a proporre l’idea di una pausa ai suoi sodali, per evitare di “stressare” la fanbase. Il 31 dicembre del 2015 la band entra ufficialmente in pausa. Nonostante tutti abbiano sempre parlato di pausa temporanea, a oggi non ci sono segnali di nessun genere che possano preludere a una reunion e, anzi, tutti i componenti del gruppo hanno pubblicato almeno un album solista. Harry Styles, in particolare, si sta affermando come uno dei cantanti pop più seguiti e apprezzati degli ultimissimi anni.

I precursori: Boyz II Men & New Kids On The Block

Tra i grandi nomi delle boy band anni 80, cioè le formazioni che hanno compiuto in maniera definitiva la transizione tra i gruppi vocali dell’era moderna come i Jackson 5 e il moderno concetto di boy band, se ne possono citare essenzialmente due: i New Kids On The Block e i Boyz II Men. Quasi esattamente coeve, queste due realtà pescano entrambe a piene mani dal repertorio soul e R’n’B (talvolta iniziando a mescolarle con un pizzico di nascente hip hop) ma mentre i primi sono un prodotto studiato a tavolino, composto – non a caso – da soli interpreti bianchi per aggiornare e rendere più appetibile il modello dei New Edition, gruppo vocale nato a fine anni 70 e probabilmente, assieme ai portoricani Menudo, il più seminale di tutti, i secondi sono sorti “dal basso”, cioè per volontà degli stessi membri. Un’altra, enorme differenza sta nell’esito finale della loro musica: i NKOTB, pur partendo da fortissime matrici black, hanno finito per consacrarsi al pop più bubblegum che si possa immaginare, quando invece i Boyz II Men non hanno mai tradito la loro inclinazione soul e hanno continuato a fare musica più di nicchia e colta, anche se pur sempre entro i confini dell’easy listening. Infine, vale la pena provare a riequilibrare anche il racconto che si fa attorno a queste due realtà perché i New Kids On The Block sono quasi sempre stati citati come gli antesignani di tutte le esperienze di boy band di successo posteriori mentre i Boyz II Men meno quando, invece, il loro R’n’B si è dimostrato più influente, a livello di suono.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

Registrati alla newsletter

Accetto i termini e le condizioni riportati nella privacy policy
sidebar cluster scopri