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Jazzmi, cinque appuntamenti da non perdere

Dalla fine del Milano Jazzin’ Festival qualche anno fa a Milano si sentiva la mancanza di un festival jazz di respiro internazionale. Jazzmi ci riprova, riuscendo a mettere un gran numero di concerti sotto il cappello di un unico evento grazie alla formula del festival “diffuso”, che sfrutta la possibilità di appoggiarsi a più location e, in alcuni casi, a programmazioni di ottimo livello già pre-esistenti — come nel caso del Blue Note, o della rassegna Aperitivo in Concerto al Teatro Manzoni.

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Il cuore del festival si svolgerà soprattutto nei teatri, dove si terranno gli appuntamenti più importanti — al dal Verme (dove si esibirà Dee Dee Bridgewater l’11 novembre), al Teatro Nazionale (con Gregory Porter il 15) e al Teatro dell’Arte, il cui CRT (Centro Ricerche Teatrali) ha curato insieme a Ponderosa l’organizzazione dell’evento. Ma non mancano luoghi più giovani della vita culturale milanese, come Base e Santeria Social Club, dove si terrà il concerto di apertura.

Di fronte a un calendario così ricco, abbiamo provato a selezionare cinque appuntamenti da non mancare — scegliendo tra quelli meno pubblicizzati, e fermo restando che l’ubiquità è sempre la scelta migliore.

4-5 Novembre: David Sanborn & The Christian McBride Trio

Blue Note, h 21 e 23.30

Il primo giorno del festival è una bella sfida per gli indecisi, tra l’eleganza classica del Golden Striker Trio di Ron Carter al Teatro dell’Arte e lo sperimentalismo mediorientale delle Istanbul Sessions del sassofonista Ilhan Ersahin a Santeria Social Club. La nostra scelta però cade sul trio di Christian McBride, accompagnato dal tenorsassofonista David Sanborn sul palco del Blue Note.

Christian McBride, 44 anni, è uno dei contrabbassisti più quotati del momento, grazie a una forza e a una precisione di suono ineguagliate. Allievo ed erede a pieno titolo del grande Ray Brown, McBride ha inciso con qualsiasi tipo di formazione, ma di recente si sta divertendo parecchio con un trio — con Christian Sands al pianoforte e Ulysses Owens Jr. alla batteria — che ha già dato prova della propria impeccabilità su due album: Out Here (2013) e un disco registrato live al Village Vanguard nel 2015.

La presenza di David Sanborn — spesso snobbato come musicista di smooth jazz — aggiungerà di sicuro un tocco di varietà alla relativa stabilità del trio. Non c’è da aspettarsi nulla di rivoluzionario, ma fiumi di assoli magistrali e il post-bop più dritto e preciso che si possa ascoltare dal vivo.

 

5 Novembre: Dave Holland (AZIZA)

Teatro dell’Arte, h 21

Altro gigante del contrabbasso, uscito dal vivaio del Miles Davis elettrico di fine anni ’60, Dave Holland ha portato a termine negli ultimi tre anni due progetti diversissimi — entrambi passati dal vivo a Milano: Prism, in quartetto, elettrico, violento, orientato al rock, e The Art of Conversation, un duo intimistico e sommesso con il pianista Kenny Barron. Con il super-gruppo AZIZA torna alle sonorità rock/fusion, unite stavolta ai ritmi e alle melodie africane portate dal chitarrista beninese Lionel Loueke. Oltre a lui, ci sono Chris Potter al sax tenore e il fuoriclasse Eric Harland alla batteria.

Su disco c’è il rischio di trovarli un po’ noiosi, ma dal vivo il trasporto è assicurato.

 

8 Novembre: Vapors of Morphine

Circolo Magnolia, 21.30

Nonostante la breve carriera, interrotta dalla morte prematura del leader Mark Sandman, i Morphine negli anni ’90 sono riusciti a reinventare il grunge, con uno stile poi definito low rock. I Vapors of Morphine, quasi vent’anni dopo, fanno rivivere il loro suono originalissimo, dato dall’inusuale formazione con batteria, sax baritono e basso slide a due corde. Meno di una reunion, ma più di una tribute band — con Jeremy Lyons a rimpiazzare Sandman, di cui però manca il carisma — meritano senz’altro un ascolto.

 

10 Novembre: Johnny Greenwood e Shye Ben Tzur

Teatro dell’arte, h 21

Junun, il progetto indiano del chitarrista dei Radiohead Johnny Greenwood e del compositore israeliano Shye Ben Tzur, si trova a suo agio tanto nel cartellone del Jazzmi quanto in quello del Club 2 Club di Torino — miracoli della world music. Junun è un doppio album, registrato nel 2015 a Rajasthan, in India, e immortalato da un documentario di Paul Thomas Anderson, che mescola musica tradizionale indiana, sufi, e occasionali incursioni elettroniche. Mezzo secolo dopo i Beatles, la musica indiana riesce ancora a conquistare il rock occidentale.

 

13 Novembre: Enrico Rava, Matthew Herbert, Giovanni Guidi

Teatro dell’Arte, h 21

Un decano del jazz italiano, un pianista brillante classe 1985, (Guidi, appena uscito con un disco per ECM), e un producer inglese di musica elettronica techno e house minimale: il risultato è difficile da prevedere, sicuramente difficile da ascoltare, ma senza dubbio interessante — a metà fra Vijay Iyer e l’elettro-jazz di Nils Petter Molvaer.

Autore: Sebastian Bendinelli

Ho studiato basso elettrico in Cluster con Piero Orsini, che mi ha contagiato con la passione per la musica jazz. I miei ascolti musicali sono onnivori e disordinati: a parte il jazz (e la black music in generale), cerco di tenere un orecchio aperto anche sul mondo dell'indie e dell'elettronica.