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Cinque canzoni dei Green Day che ci raccontano il gruppo

Attivi fin dalla seconda metà degli anni 80, oggi i Green Day vantano oltre trentacinque anni di carriera, undici album in studio (di cui uno triplo). Immergendosi nella loro discografia, si può anche tentare di individuare più “linee guida”, più “correnti interne” nel loro modo di fare musica che possono raccontarci qualcosa dell’anima del gruppo e del suo stile, che poi è il vero obiettivo di questo articolo. Scegliere giusto cinque brani del loro repertorio non solo come “consigli per l’ascolto” ma addirittura come “pietre miliari” utili per descrivere i Green Day può suonare un tantino arrogante? Forse ma è innegabile che nel corso della loro carriera i tre musicisti di Berkeley, California abbiano disseminato hit riuscitissime e brani di grande impatto: per quanto difficile, sceglierne appena cinque può anche essere divertente e vale la pena tentare.

1. Basket Case
Nonostante abbiano messo insieme tante altre hit dopo Basket Case, questo pezzo del 1994 – terzo estratto dal loro album Dookie – risulta ancora oggi sinonimo della band per tantissime persone e resta tuttora uno dei brani preferiti dai fan. Di fatto, la canzone è stata il grimaldello con cui i Green Day si sono aperti la strada all’enorme successo globale che hanno avuto, una vera e propria hit che si è imposta più o meno ovunque nell’estate del 1994 grazie alla sua freschezza sonora, all’ironia del testo e al suo fascino catchy, molto “appiccicaticcio”, come si conviene a un successo pop. Successo pop certificato dal fatto che Dookie, a oggi, ha venduto ben venti milioni di copie e risulta ancora adesso il maggior successo commerciale del gruppo. Dotato di una struttura atipica per il genere, in Basket Case gli strumenti entrano nella canzone uno alla volta in un crescendo continuo dall’inizio del pezzo fino al primo ritornello che contribuisce a rendere il brano a suo modo particolare e memorabile.

2. Wake Me Up When September Ends
Dieci anni esatti dopo Dookie, i Green Day hanno rotto nuovamente gli argini del successo commerciale con un nuovo disco che è esploso fino a riportare alla stratosfera la notorietà della band dopo diversi anni di declino, in cui erano gradualmente spariti dal palcoscenico mainstream (pur restando in possesso di tanti fan). Tra le hit di American Idiot, l’album del 2004, Wake Me Up When September Ends rappresenta un piccolo punto di svolta perché è la prima, vera rock ballad che la band propone come singolo, ottenendo l’ennesimo successo tra gli estratti di quel disco nonché la seconda canzone più venduta della loro storia. Il gruppo riprende in qualche modo l’atmosfera di Good Riddance (Time of your Life), loro pezzo precedente risalente al 1997, e la rielabora in maniera più potente, più insistita, più rock. Di fatto, con Wake Me Up When September Ends i Green Day mettono a punto una sorta di format che riutilizzeranno spesso, da quel momento in avanti e le power ballad figlie di questo successo riappariranno altre volte nel loro repertorio.

3. Kill The DJ
Pezzo più recente della nostra piccola lista nonostante sia uscito nell’ormai lontano 2012, Kill The DJ rappresenta tuttora abbastanza fedelmente cos’è il gruppo dal post American Idiot a oggi. I Green Day sono sempre fedeli alle loro radici rock e all’attitudine punk che li porta a scrivere con facilità pezzi estremamente lineari, in qualche modo efficacemente ripetitivi, di cui Kill The DJ è un buon esempio (ma, volendo, si possono trovare tanti precedenti nella loro stessa discografia, da Church on Sunday alla stessa When I Come Around, passando per Walking Contradiction). Il singolo tratto da ¡Uno!, prima parte dell’album triplo uscito dieci anni fa, è un ottimo riassunto di una parte consistente della discografia della band californiana ma rappresenta anche una maturità particolare nella composizione, nella scelta del suono di chitarra e nella facilità con cui i Green Day mostrano apertamente le loro influenze, dai Clash fino alla musica anni 70 in generale, senza dimenticare l’attenzione ai suoni del momento, come quelli derivanti dall’indie rock britannico che aveva dominato quella stagione.

4. Waiting
Se Wake Me Up When September Ends rappresenta il lato più sentimentale ed emotivo dello spettro artistico dei Green Day e pezzi come American Idiot, Minority, Geek Stink Breath o Nice Guys Finish Last (vedi qui sotto) sono invece al suo lato opposto, esattamente nel mezzo abbiamo il romanticismo di Waiting. Composizione matura contenuta in Warning, il disco della band uscito nel 2000, Waiting è un pezzo sognante ma indubbiamente rock. Non è particolarmente aggressivo né potente ma rappresenta bene l’anima più crepuscolare della band, quella che poi si distinguerà per bene anche in Boulevard of Broken Dreams che, però, è ben più disilluso e cupo di Waiting che, invece, ha in sé una scintilla di speranza sognante, la stessa che si può trovare in Whatsername, Oh Love e in tanti brani di Nimrod, l’album del 1997. Come spesso capita con i Green Day, anche Waiting ha in sé qualche sfumatura un po’ country, direttamente figlia della passione del compositore Billie Joe Armstrong per la musica del sud degli USA.

5. Nice Guys Finish Last
Infine, l’anima più eminentemente punk. Emersi, come si diceva, nel 1994, i Green Day hanno visto il successo di Dookie aumentare sempre di più insieme con i riscontri che raggiungevano altri dischi prodotti all’interno della scena da cui loro stessi provenivano. Nell’anno in cui termina tragicamente la storia di Kurt Cobain e dei Nirvana, il punk statunitense sembra prendersi la ribalta della scena rock alternativa grazie a diversi album di successo fatti da artisti diversi come Let’s Go dei Rancid, Smash degli Offspring e Punk in Drublic dei NoFX, che ottengono tutti un riscontro notevole. Tra tutte queste realtà differenti ci sono anche i Green Day che, come detto, esplodono grazie a Basket Case, portando in auge il loro stile musicale che tuttora porta in dote un’origine punk non particolarmente violenta o aggressiva ma a suo modo graffiante, del tutto irriverente e certamente adrenalica. Nice Guys Finish Last è un brano del 1997, estratto come singolo da Nimrod, ed è la testimonianza di come i Green Day ci sappiano fare alla grande con i pezzi più veloci, più scatenati, più incendiari. All’interno del pezzo si riconosce la stessa struttura di tante altre canzoni del gruppo come American Idiot, Holiday, Brat, Burnout, Minority e tante altre che, per almeno tutti i primi dieci anni d’esistenza della band, hanno rappresentato l’essenza più pura dell’attitudine musicale dei Green Day.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

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