La colonna sonora de Il corvo originale: un Bignami della musica anni 90
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Tempo fa, abbiamo parlato della colonna sonora di Matrix come utilissimo riassunto delle tendenze musicali più underground del rock e della musica elettronica a fine anni 90, primi anni 2000: la colonna sonora della versione originale de Il corvo – di cui quest’anno è stato prodotto un remake discretamente sfortunato – ha lo stesso identico valore ma per la parte iniziale di quel decennio ed è una buona fotografia del panorama più oscuro e cupo del rock di allora, in piena riemersione dal grunge.
È inevitabile partire dalla prima traccia del disco, Burn dei Cure (che, tra l’altro, sono appena tornati con un album inaspettatamente buono). Con gli anni, è diventato uno dei brani più apprezzati e amati del gruppo nonostante sia un pezzo che non è mai uscito come singolo e che non figura in nessuno dei loro album: del resto, Robert Smith e compagni l’hanno composto appositamente per il film. Come alcuni dei pezzi più esemplificativi dei Cure, peraltro, Burn non è solo una canzone: è una specie di mini-suite oscura, che risplende in maniera sinistra e disturbante grazie allo scintillio delle chitarre effettate di Smith e soci. Immortale il riff di basso, vero documento di identità del pezzo.
Ma i Cure sono solo una delle superstar raccolte per partecipare alla colonna sonora del film di Alex Proyas. Ci sono anche gli Stone Temple Pilots, uno dei complessi grunge e post-grunge più apprezzati di quegli anni, e i Rage Against The Machine, ovviamente alfieri del crossover e pionieri del genere che, qualche anno dopo, avrebbe dominato le classifiche di musica alternativa (e non solo) chiamato numetal. Sul versante del metal più duro ed estremo, invece, troviamo i Pantera, presenti in colonna sonora con The Badge, una cover dei Poison Idea. A tenere alta la rappresentanza metal nella O.S.T., poi, ci sono anche gli Helmet, che vi partecipano con Milktoast: il loro approccio al genere è chiaramente piuttosto debitore del grunge che, fino a pochissimo tempo prima, spopolava tanto negli USA, quanto nel resto del mondo.
Nel disco, peraltro, trovano posto anche il post-punk dei Violent Femmes e Golgotha Tenement Blues, un pezzo dal sapore più elettronico di tutti i citati e, non a caso, frutto della creatività dei Machines of Loving Grace, un ensemble orientato sull’industrial. Esponenti della stessa corrente musicale ma con uno stile ancora più cupo e violento sono i Nine Inch Nails – a loro volta estremamente influenzati dalle atmosfere gotiche anni 80 di cui i Cure sono stati capostipiti, dunque perfetti per il registro del film – i quali partecipano alla colonna sonora con una cover di Dead Souls dei Joy Division, a loro volta numi tutelari di un certo tipo di estetica dark di cui Il corvo si nutre abbondantemente e che ha contribuito a far diffondere a macchia d’olio tra i giovani degli anni 90.
Non solo: James O’Barr, l’autore del fumetto che il film riprende e adatta su schermo, è un grande fan tanto dei Cure, quanto dei Joy Division, la cui musica ha nutrito profondamente il processo creativo che ha portato alla nascita della versione di carta de Il corvo: la presenza di brani scritti da entrambe le band nella colonna sonora, dunque, chiude un riuscitissimo esempio di cerchio ideale costituito da influenze artistiche crossmediali.
Il lungo elenco di artisti di spessore che hanno preso parte alla colonna sonora de Il corvo prosegue ancora a lungo e vede la presenza della Rollins Band (il gruppo di Henry Rollins, leggendario ex cantante degli altrettanto leggendari Black Flag), degli aggressivi For Love Not Lisa, i My Life with the Thrill Kill Kult (altra band industrial) e i The Jesus and Mary Chain.
Particolarmente degna di nota è Time Baby III (reincisione di Time Baby II) dei Medicine, che su disco vede la presenza di Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins, un’altra formazione fondamentale di tutta la goth wave britannica degli anni 80. Il brano è una specie di revival del beat acido e psichedelico di metà anni 60 ma infarcito di suoni tipici degli anni 90 e del rock più sognante dell’epoca: il pezzo viene anche suonato direttamente nel film, in quanto i Medicine fanno direttamente un cameo in una scena.
Chiude invece l’album il brano portante del film, il cui titolo riprende la frase tormentone della sceneggiatura: si tratta di It Can’t Rain All the Time, composta da Graeme Revell – autore del contrappunto musicale del film – e da Jane Siberry, cantautrice canadese che la interpreta anche. Il brano riprende il tema melodico che si sente più volte nel corso delle varie scene e che, di fatto, è la sottolineatura musicale emotiva più significativa di tutta l’opera di Proyas. Oggi, tutto sommato, è una canzone che suona ben confezionata ma anche piuttosto trascurabile, rispetto al resto della colonna sonora.
Colonna sonora che, in realtà, venne vissuta più come una compilation azzeccatissima che mescolava artisti della nascente e apprezzatissima scena industrial, alcuni degli esponenti migliori della scena del metal e del rock alternativi, i giganti della musica goth e un paio di mammasantissima già affermati del mondo del rock più aggressivo. Il mix così ottenuto arrivò a vendere quasi quattro milioni di copie nei soli USA, arrivando in cima alla classifica degli album di Billboard… Numeri enormi che fecero indubbiamente la loro parte nel contribuire a cementare lo status di opera di culto che Il corvo assunse rapidamente dopo essere uscito al cinema.
E di cui gode tuttora, nonostante sia una pellicola che resta clamorosamente figlia del suo tempo. E forse è proprio questo il segreto del suo fascino.
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