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Le canzoni dei Mondiali di calcio: un’antologia dei trent’anni di pallone in musica

Tra le tante innovazioni che i Mondiali di calcio di Qatar 2022 hanno portato con sé – primo torneo iridato mai organizzato durante il periodo autunno/inverno, prima edizione allestita in Medioriente, prima nazione ospitante di lingua araba, etc. etc. – c’è anche il nuovo record assoluto di canzoni ufficiali della competizione: ben cinque, non erano mai state così tante. Naturalmente, c’è anche una gerarchia: il singolo commercialmente più “caldo”, realizzato dagli artisti più noti (e ovviamente più promosso a livello mediatico) è Tukoh Taka, che vede la partecipazione di Nicki Minaj (tra gli altri), dell’artista colombiano Maluma e della cantante libanese Myriam Fares, popstar di primo piano nel mondo arabo. Tutto questo fa sì che l’inno di quest’anno sia anche il primo a ospitare ben tre lingue, nel testo.

Il pezzo arriva a rinverdire i fasti di una tradizione ormai ultratrentennale: è fin dai Mondiali di Italia 90 che c’è la consuetudine di avere una o più canzoni ufficiali della kermesse, brani intesi per accompagnare la manifestazione e che, talvolta, hanno valicato i confini della Coppa del Mondo per diventare hit internazionali di un certo spessore. Con l’avvicinarsi della fase a eliminazione diretta dei Mondiali, perché non ripercorre qualche tappa di questo lungo viaggio?

Un’estate italiana

Erroneamente conosciuta soprattutto con il nome di “Notti magiche” – che invece è un estratto del testo del ritornello ma non il vero titolo – Un’estate italiana è stata la prima canzone ufficiale mai pensata per i Mondiali di calcio insieme con To Be Number One, pezzo di Giorgio Moroder pensato più per il mercato internazionale. Entro i nostri confini, invece, il brano di Bennato e della Nannini è diventato un vero inno, complice anche l’ottimo percorso degli Azzurri, che hanno finito il torneo con il terzo posto. Canzone sicuramente indovinata, Un’estate italiana è rimasta nell’immaginario comune ed è, a tutti gli effetti, un successo pop tricolore, protagonista di una memoria collettiva che ormai trascende il calcio.

La Copa de la Vida

Nel 1998, Ricky Martin è una popstar in grandissima ascesa e viene incaricato di scrivere l’inno della competizione con l’obiettivo minimo che il pezzo si riveli più forte dell’insipida Gloryland, dimenticato brano di USA 94. Il mondo si è accorto di Martin quando la sua prima, travolgente hit – María, scritta nel 1995 – sfonda ogni barriera e penetra nel mercato nordamericano; La Copa de la Vida, la sua creazione pensata per France 98, è il secondo singolo del suo nuovo album, Vuelve, quello con cui il buon Ricky è chiamato a consacrarsi. Che attinenza ha coi Mondiali francesi un brano che è sostanzialmente un singolo latin pop con qualche traccia di samba cantato in inglese e in spagnolo da un interprete portoricano? Non molta ma la canzone è una vera bomba per il mercato internazionale: non a caso, Martin sarà l’apripista presso il pubblico anglofono di tutto il mondo del latin pop e, presto, verrà raggiunto nel gotha del genere da Jennifer Lopez, Shakira e moltissimi altri.

Waka Waka

Proprio Shakira viene scelta come artista principale del pezzo che deve accompagnare i primi Mondiali mai organizzati in Africa, ossia l’edizione di South Africa 2010. Anche stavolta ci si può chiedere cos’abbia a che spartire un’artista colombiana consacratasi negli USA con il continente nero ma, come nel 1998, l’intenzione è quella di regalare al pubblico una canzone memorabile, dopo che le due edizioni precedenti della Coppa del Mondo, tenutisi in Corea & Giappone e in Germania, hanno visto inni ufficiali poco incisivi nonostante, almeno nel 2002, Boom di Anastacia avesse inizialmente ottenuto buoni riscontri. Grazie anche alla scelta di includere in Waka Waka il gruppo locale sudafricano Freshlyground, il brano decolla e diventa una canzone capace di restare in classifica e nel repertorio di Shakira anche ben oltre la finale del torneo, in quell’occasione vinta dalla Spagna.

Tukoh Taka

Quest’anno è invece arrivata Tukoh Taka, per cui si è tentata una sintesi musicale che mettesse insieme Stati Uniti, Caraibi, Sudamerica e Medioriente attraverso tre artisti distinti, tra i quali spicca ovviamente Nicki Minaj, il nome più grosso del trio (senza voler nulla togliere a Maluma e Myriam Fares, entrambi grossi calibri nei rispettivi mercati). La canzone è essenzialmente un frankenstein minimale, che si regge un beat essenziale con un piccolo riff di suoni elettronici resi vagamente arabeggianti per creare un tessuto musicale risicato ma insistito sul quale far accomodare il rap caratteristico della Minaj, le metriche ispaniche di Maluma e il cantato più mediterraneo e mediorientale della Fares, alla quale viene anche lasciato il ritornello, una successione sillabica che sembra quasi non aver senso e che forma il sintagma Tukoh Taka, che è sì un richiamo alle parole che in arabo evocano il “toc toc” con cui si bussa alla porta ma anche un evidente riferimento al tiki-taka, stile di gioco che ha reso celebri il Barcellona di Messi e la Spagna campione di tutto di Aragonés prima e del Bosque poi a cavallo del 2010.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

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