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Top 5: quelle cose da non dire mai e poi mai a una band

Tutta questa bellezza, però, deve anche fare i conti con quei “profani” che – con le migliori intenzioni, certo – cercano di ingraziarsi la simpatia della band con battute e domande che, in realtà, sarebbe meglio evitare per mantenere integra la serenità di tutti.

Sulla base di esperienze di vita vissuta, abbiamo raccolto quelle più frequenti per creare questo piccolo frasario di cose da non dire per nessun motivo a una band. Da imparare a memoria come le tabelline.

Dai, ci suonate Twist And Shout?

Mettiamo le cose in chiaro. Un gruppo che suona dal vivo ha alle spalle ore e ore di sala prove passate a scrivere pezzi, riarrangiare cover, bere birra e insultare il chitarrista che non porta mai l'accordatore. Quello del musicista è un mestiere molto faticoso. Per questo la cosa peggiore è quando, durante un concerto, la ragazzetta con la frangia e le Adidas di turno ti interrompe per chiedere, anzi esigere, di suonare i Beatles, i Red Hot Chili Peppers, Vasco Rossi e qualsiasi altra cosa che non c'entri nulla con ciò che stai suonando. Un grande classico, poi, è il “tanti auguri” per l'amica che compie gli anni.

Ma scrivete prima la musica o prima i testi?

A quanto pare è una delle domande obbligatorie da fare a una band da parte di chi non se ne intende troppo di musica. Il punto è che riduce l'atto della composizione – per usare un parolone – a qualcosa di meccanico e lineare. Naturalmente il fatto che la maggior parte dei pezzi nascano in maniera più o meno casuale – un abbozzo di giro di accordi, una frasetta che può funzionare come ritornello – toglierebbe gran parte del fascino della creazione artistica. Quindi in questo caso si è autorizzati a rispondere con una solenne supercazzola.

Che genere fate?

Di per sé è una domanda innocua. Tuttavia chi la fa non immagina che può mettere in estrema difficoltà i musicisti. In genere le band, a meno che non suonino standard jazz o cover di Elvis, non hanno idea di come definire il proprio genere musicale. Il musicista è un animale spesso vanitoso. Per questo rifiuta le facili etichette e preferisce lanciarsi in definizioni ardite: Eh, bella domanda... Che genere facciamo? Un pop rock in italiano che contamina ispirazioni britpop con sonorità del Tom Waits prima maniera.

Eh, poi voi musicisti chissà quanto rimorchiate

Certo, un casino proprio. Il mito purtroppo è duro a morire. Nel più ritrito immaginario collettivo il musicista, specie se suona rock, è un Casanova che dopo ogni concerto si sveglia nel letto di una donna diversa. La dura verità è che le serate finiscono inevitabilmente a bere la birra della staffa chini sul bancone del locale rimuginando sul fatto che, a dire il vero, i musicisti non rimorchiano mai.

Perché non andate a X Factor?

Che tu faccia folk o trash metal, progressive o liscio romagnolo, per la gente comune la stella polare del successo musicale è una sola: X Factor o al limite, come variazione sul tema, Sanremo Giovani. Ci sarebbero da spiegare talmente tante cose sbagliate nel sistema di raccomandazioni, spettacolarizzazione televisiva e compromessi con le case discografiche che il modo più veloce per cavarsela è cogliere la domanda in contropiede: Ci abbiamo provato ma ci hanno scartato.

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