Francesca Tandoi Live: Piano Solo alla ClusterHouse
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PIANO SOLO: NUOVE PROSPETTIVE
Virtuosa del piano, compositrice di grande spessore e straordinaria band leader, Francesca Tandoi, acclamata dalla critica e dal pubblico internazionale, approda- in Piano Solo- sul palco della ClusterHouse. Quasi un one woman show, preceduto da un godibile speech/intervista nel quale l’indiscussa rising star del jazz alternerà brani originali e classici del jazz, in perfetto equilibrio fra tradizione e free improvisation. Dall’urban writing della copertina di Bop Web (con il dettaglio pop del tacco rosa schocking, in coordinato con il graffito), passando per Baglioni e Oscar Peterson fino al rapporto con l’universo social e a quel libro “scandalo” sul comodino.
Francesca Tandoi: la più sorprendente delle italiane del jazz si racconta a ClusterNote.
La copertina del suo ultimo lavoro, Bop Web, con il titolo che campeggia su un muro, a mo’ di graffito, è anche un modo di veicolare la sua, personale, concezione del jazz?
Durante lo shooting fotografico per la copertina del disco non avevamo un concept ben definito, ci trovavamo a Roma, la mia città, in un quartiere abbastanza periferico, e abbiamo trovato un luogo che ci è sembrato consono alla realizzazione della copertina. Il contesto è molto urban…più che riflettere la mia concezione musicale rispecchia le mie origini, il luogo da dove vengo.
Il brano Bop Web, title-track del nuovo album, è un contrafact, un tema scritto improvvisando su un’armonia preesistente, quella del noto Be Bop di Dizzy Gillespie… L’improvvisazione, nel jazz, è rivendicazione di libertà o soggiace comunque a delle regole? Per citare il trombonista Schiaffini “L’improvvisazione non si improvvisa”?
L’improvvisazione nel jazz è esattamente come l’improvvisazione nella vita reale, quando si parla, perchè il linguaggio jazzistico è un idioma a tutti gli effetti. Si improvvisa, forti delle regole grammaticali e lessicali apprese nel corso della propria vita e dei propri studi. Le regole sono molte; l’utilizzo che di queste regole si fa è sempre una rivendicazione di libertà perchè è una espressione del tutto personale.
É capitato che nelle sue composizioni originali prendessero forma delle suggestioni pittoriche o filmiche?
A dire il vero non è mai capitato che mi ispirassi a film o opere d’arte in particolare; viceversa mi ispiro alla natura e alle immagini della vita di tutti i giorni.
Se sei nel mondo del jazz e più di dieci persone vanno pazze per la tua musica, allora sei commerciale. Così il celebre conduttore radiofonico Wiet Van Broeckhoven. Francesca Tandoi si sente “commerciale”?
Non mi sento commerciale nel senso più letterale della parola perchè il jazz è in ogni caso un ambiente molto di nicchia. Nonostante ciò, la comunità del jazz in tutto il mondo è molto grande; il mio obiettivo è raggiungere con la mia musica, anche se in uno spazio relativamente ristretto per quanto riguarda il music business, sempre più persone. I social possono aiutare nel creare un network sempre più nutrito di followers e ammiratori, mi avvalgo di questo strumento e la crescente popolarità social mi spiana un po’ la strada anche nel mondo reale.
In fase di registrazione ritiene di essere, almeno tendenzialmente, una da “buona la prima!”, una first take artist?
Quando si arriva in studio la band di solito è pronta, ci troviamo a registrare cose che il più delle volte abbiamo già suonato dal vivo, in linea di massima buona la prima quindi…al massimo buona la seconda!
Uno dei padri assoluti della musica Jazz venne soprannominato Dizzy, “matto”, “eccentrico”. Nell’arte -e nella vita- le è mai capitato di sentirsi un po’ dizzy?
Credo che un po’ di follia sia alla base della creazione artistica, detto ciò non mi azzardo a paragonarmi ad un genio di tale portata!
Il libro che ha sul comodino?
Sul comodino ho un libro bellissimo che mi è stato regalato per il compleanno, "L’arte della gioia di Goliarda Sapienza", non sono riuscita ancora a finirlo per mancanza di tempo.
Vuole stilare per i lettori di ClusterNote una playlist di cinque brani per lei irrinunciabili?
In ordine sparso Sabato Pomeriggio di Baglioni, We will meet again di Bill Evans, dal disco You Must Believe in Spring, un brano brasiliano bellissimo- Beatriz- di Edu Lobo, Lush Life nella versione piano e voce di Billy Strayhorn, Sushi di Oscar Peterson.
Una parte importante della sua formazione si è svolta in Olanda, in seguito- con la sua musica- ha letteralmente girato il mondo, calcando palchi di assoluto prestigio. C’è un luogo, in particolare, dove si sente a casa?
Sì, è vero, ho vissuto molti anni all’estero e giro il mondo per suonare. Diciamo che mi sento a casa sul palco, quando faccio quello che amo. C’è sempre una bellissima accoglienza ovunque io vada a suonare. Forse, dopo tanti anni fuori, l’Italia è veramente casa.
La sua esibizione sul palco della ClusterHouse verrà anticipata da uno speech/intervista. Quanto sono importanti per lei questi momenti di condivisione (live ma anche social), in aggiunta all’aspetto prettamente performativo?
I momenti di connessione con il pubblico, di chiacchiere, anche solo banalmente di spiegazione della genesi di un brano originale sono importantissimi perchè- appunto- connettono l’audience all’ artista, facendolo entrare nel suo universo artistico e nel suo mondo personale. Inoltre consentono di avvicinare i non prettamente appassionati, quelli che non sono dei fan, a quello che facciamo.
Vi aspettiamo alla ClusterHouse | Scuola di Musica Cluster | Via Mosè Bianchi 96 a Milano, il 21 febbraio 2025 alle ore 20:30!
Piano Solo: Nuove Prospettive
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