Intervista a Cristina Alia: da Celeste Aida alle metafore ecco la liutaia della voce
Devo dire che non prese molto in considerazione tutte le mie serissime motivazioni e cominciò a farmi rilassare e sorridere, ad affrontare i nostri incontri con leggerezza: in poche lezioni sciolse le mie paure e con grande semplicità mi rese in grado di affrontare il brano della pièce: gliene sarò grata per sempre, soprattutto perché da allora cantare non è più l'ostacolo insormontabile della mia vita di attrice.
Tu hai sempre cantato vero?
"Sì, ho un talento naturale. Le mie prime "esibizioni" risalgono a quando avevo 7 anni: cantavo le arie famose delle opere liriche (le mie preferite erano: Cavalleria rusticana e Celeste Aida), a casa davanti ai parenti e a scuola durante la ricreazione. E sapevo perfettamente a memoria tutte le canzoni delle pubblicità del momento. Ricordo che preparavo dei veri show, con tanto di coreografia e relativo successo. Contemporaneamente studiavo il violino, che poi ho abbandonato. E quello è l'unico rimpianto della mia vita musicale! A 14 anni grazie all'intervento di mio fratello che nel frattempo si era messo a suonare, comincio a cantare un po' più seriamente: De André, Guccini, Crosby, Stills Nash & Young, Jackson Browne. Il nostro cavallo di battaglia era "Stay", con il famoso acuto, seguito da New York New York stile Liza Minnelli. In breve vengo assoldata da vari gruppi musicali di Sassari, e divento la cantante per antonomasia della mia città."
Ma quindi sei autodidatta?
"Sì, a Sassari non c'erano scuole di canto moderno, c'era solo canto lirico al Conservatorio. Però vengo da una famiglia di talenti musicali: la parte materna annoverava, fin dai primi del '900, cantanti lirici di fama, la mia bisnonna era un soprano e suo fratello, basso, aveva cantato anche con Caruso! Io però ho spaziato in tutti i generi musicali: pop, rock, jazz, con grande facilità in ogni genere. Ho cantato tantissimo, ma a un certo punto ho deciso di fare la giornalista e ho appeso il microfono al chiodo."
Quando hai ripreso?
"A 28 anni. Con in tasca un master di giornalismo, mi sono trasferita a Milano e ho cominciato a suonare in un gruppo di soul e r'n'b, la Back in Blues Band, una formazione di 12 elementi con i quali mi esibivo nei locali dell'hinterland milanese e nei festival. L'esperienza più importante è stata l'apertura del concerto di James Brown e Wilson Pickett al Festival Rocce Rosse di Arbatax."
Come sei arrivata all'insegnamento?
"Stavo facendo lo spettacolo teatrale "Kabarett", sulle canzoni degli anni '30 del cabaret tedesco e la pianista era Vicky Shaetzinger. Fu lei a propormi di insegnare nella scuola che aveva aperto da poco. Stiamo parlando degli esordi di Cluster: era ancora la sede di via Cenisio, precedente a quella di Marco Antonio Colonna. Mi disse: Voglio un insegnante di canto che canti! Replicai che non avevo mai insegnato. Ma lei disse: Hai sensibilità, talento, proviamo! E aveva ragione. Insegnare è diventata la mia passione e ormai sono una veterana di Cluster. Sento di farne parte più di tutti gli altri, un po' perché ci sono dagli inizi, un po' perché mi ha cambiato la vita. Mi ha fatto capire che potevo mettere il mio talento a disposizione degli altri. Anzi, ho scoperto che per insegnare ci vuole talento."
Cosa ti piace dell'attività didattica?
"Il rapporto con gli allievi, trasmettere quello che so, ma soprattutto trovare il modo giusto di lavorare con ognuno, perché ogni allievo è diverso. E quindi è importante trovare il meccanismo giusto per entrare in sintonia e metterlo a suo agio. Cantare è una cosa intima, che mette a nudo la persona, soprattutto se non l'ha mai fatto. Per questo mi piace molto insegnare ai principianti, è una sfida che mi affatica ma mi diverte: intuire le potenzialità dell'allievo e portarlo piano piano a scoprirle è una bella soddisfazione! Sono una specie di liutaia: costruisco la voce dalla materia grezza. Ogni strumento avrà un suono diverso a seconda del materiale di partenza. Quello che mi sta a cuore è la qualità del suono della voce: puoi cantare le canzoni che vuoi, conoscere tutte le scale o studiare la teoria, ma se non hai uno strumento con un bel suono non vai da nessuna parte! E poi credo che l'approccio al canto sia finalizzato alla formazione della personalità e dell'autostima, soprattutto per gli adolescenti. Per questo il clima dev'essere sereno e piacevole."
Non stento a credere che i tuoi allievi si divertano a lezione.
"Sì, credo di sì. Mi dicono che sono l'insegnante delle metafore. Ne ho create moltissime, mi vengono naturali mentre insegno e pare siano davvero efficaci."
Per esempio?
"Per tenere il palato alto dico che bisogna immaginare di aprire il tettuccio di una decapottabile, e che le note sono un bersaglio da colpire con la morbidezza, la mira e la fermezza millimetrica di un arciere. Oppure per far capire come gestire la voce faccio l'esempio del cavaliere col cavallo: servono dolcezza, fermezza e idee chiare su come affrontare il percorso a ostacoli. L'aneddoto più carino è quello di un'allieva di 15 anni a cui chiedevo di cantare con pathos. Dopo avermi guardato basita mi ha chiesto chi fosse questo artista."
Quanto è importante la musica nella tua vita?
"Sarà per via del mio DNA, ma io non immagino un momento della mia vita senza musica. Anche quando me ne sono allontanata, mi ha sempre riacchiappato. L'ho sempre considerata una droga: provi a uscirne ma non ce la fai. La musica vince sempre!"
Cos'è cantare per te?
"Essere me stessa, percepire che ho un dono che può emozionare e dare gioia a chi ascolta. Tra l'altro stare su un palco per me è sempre stata una cosa naturale, una trasformazione che avviene senza fare sforzi: non sono più io che canto, è energia allo stato puro! Cantare fa bene, lo dico sempre, sprigiona endorfine, ed è un'attività che consiglio a tutti, al di là del professionismo. Tutti possono cantare. Ci vuole tenacia ma, se si evitano degli errori tecnici di base, non è così difficile."
So che hai tanti progetti futuri...
"Sì, tantissimi: realizzare un cd, interpretare uno spettacolo come protagonista, scrivere la mia biografia, fare la comica... tra l'altro sarei molto efficace!"
E scoppia in una di quelle sue contagiose risate piene di autoironia e leggerezza, tanto che mi ritrovo a spegnere il registratore e ad andare ad ascoltare "Stay", nella versione storica, immaginando il suo famoso acuto che risuona ancora per le strade della Sardegna.