Intervista a Giovanni Bataloni
Raccontaci la tua "storia musicale". Quali sono stati i tuoi primi passi con la musica e quali sono state le tappe fondamentali della tua carriera da musicista?
«I miei primi passi musicali li ho mossi in famiglia, una famiglia in cui si faceva sempre musica, in modo naturale e spontaneo. Da noi la musica (e il canto in modo particolare) era presente in tutti i momenti della vita. Ho passato i momenti più belli dell'infanzia e della giovinezza accanto al pianoforte o cantando. In seguito ho fatto studi discontinui fino alla fine del liceo, quando poi ho deciso di dedicarmi totalmente alla musica. Da quel momento ho incominciato a prendere lezioni seriamente, a cantare in coro, dirigere cori e a girare i locali con gruppi musicali. A ventitre anni poi sono entrato in Conservatorio e ne sono uscito dopo qualche anno con i diplomi in Composizione e in Direzione di Coro. Durante gli anni del Conservatorio ho girato il nord Italia suonando generi musicali diversi e ho anche collaborato all'incisione di un disco con una pop band. Dopo alcune collaborazioni come compositore o arrangiatore nel 2007 ho pubblicato Deiopea, il primo disco a mio nome, con nove brani originali. Da anni ormai mi dedico principalmente alla composizione per coro o ensemble vocale, musica da camera e musiche di scena per spettacoli teatrali, che spesso eseguo dal vivo. In questo momento sono impegnato in una produzione teatrale, uno spettacolo sulla caccia alle streghe per cui ho composto le musiche e le eseguo dal vivo con pianoforte, voce, elettronica ed altri strumenti.»
La tua carriera si divide fra l'insegnamento, la composizione e i concerti. Quali sono gli aspetti che ti affascinano di ciascun ambito?
«Trovo che l'insegnamento sia una grande occasione di riflessione sul proprio lavoro, di verifica delle proprie competenze e inoltre che sia un modo molto diretto di trasmettere la propria passione agli altri, soprattutto ai più giovani. Nei concerti e negli spettacoli dal vivo invece si ritrova uno degli aspetti più magici di questa professione. Il musicista in quel momento è un medium, un sacerdote che officia un rito regalando a sé e al pubblico un momento di uscita dal tempo, dalla realtà quotidiana e di contatto con quella bellissima realtà che è la musica. Comunque è la composizione l'ambito in cui più mi ritrovo forse perché mi mette in contatto con la parte più profonda di me stesso. L'atto del comporre per me è come un gesto alchemico, la possibilità di manipolare la materia per trasformare il mondo. Questa pratica diventa poi di volta in volta autoanalisi, ricerca di senso, atto liberatorio... è l'attività che più mi è necessaria insomma.»
Hai avuto esperienze significative nella musica classica e nella musica moderna. Quali sono le differenze fra questi due mondi? Credi che in qualche modo si possano incontrare?
«Tutta la musica che facciamo oggi è moderna, anzi contemporanea. Vedo il mondo in cui viviamo come una specie di supermarket in cui possiamo trovare tanto i prodotti più tradizionali (o spacciati come tali) quanto i prodotti più innovativi (o venduti come tali) e questo vale anche per la musica. Noi ci muoviamo tra gli scaffali di questo supermarket sollecitati da mille stimoli, bombardati da messaggi pubblicitari cercando appunto delle chiavi di lettura e allora ci creiamo delle mappe, dei simboli che riescano orientarci nell'interpretazione del mondo. In questa ricerca a volte ci illudiamo di scegliere (ad esempio, tra musica classica e moderna) e delle nostre scelte (reali o presunte) che si traducono in pratiche, tic e fantasie tendiamo a fare delle bandiere, per riconoscerci e identificarci. Così arriviamo a pensare di trovarci in mondi diversi quando in realtà siamo nello stesso supermercato di cui tutti siamo clienti, separati solo da qualche scaffale. Volendo ci si può anche non incontrare mai, o incontrandosi non riconoscersi...»
Parliamo del tuo insegnamento qui a Cluster. Quali materie insegni?
«Insegnare a Cluster significa lavorare in una scuola bella e vitale, un ambiente sicuramente aperto e stimolante a cui spero anch'io di dare il mio contributo. Insegno coro, pianoforte, lettura cantata e storia della musica.»
Quali sono le tue filosofie di insegnamento?
«La mia "filosofia" di insegnamento parte dalla considerazione che tutti nasciamo "imparati" più di quanto ci vogliano far credere, e comunque dotati di capacità di auto-apprendimento. Perciò cerco prima di tutto di aiutare l'allievo a scoprire le sue doti musicali, la musica stessa che ha dentro di sé, poi provo a trasmettere un po' della mia passione, perché il desiderio e la passione sono il motore dell'apprendimento. Non dimentichiamo che in latino "studio" significa appunto "amore, desiderio"!»