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Intervista ad Alessandro Usai: La mia chitarra è da sposare!

 

Allievo del Maestro Franco Cerri che ha affiancato in molti concerti, è stato Primo classificato in importanti concorsi Nazionali ed Internazionali, ha suonato in importantissimi Festival Jazz come Umbria Jazz aprendo concerti di artisti quali Tower Of Power, Maceo Parker…

In giovane età la sua poliedricità musicale lo ha portato a variegare tra diversi generi ed esperienze, ad esempio le collaborazioni con i Dik Dik e Sugar Blue.

Da sempre affascinato dalla musica afro-america oggi è leader della Alex Usai band e chitarrista in molte formazioni jazz e soul milanesi.

Alessandro Usai entra a far parte dei docenti di chitarra di Cluster.

Come è nata la tua passione per la chitarra?
Ho iniziato a suonare la chitarra per gioco. Mio papà ogni volta che tornava dal lavoro prendeva la chitarra in mano e suonava perciò sono cresciuto fino ai 5 anni ascoltandolo suonare e ascoltando la musica che a lui piaceva come James Taylor, i Beatles, i Led Zeppelin, i Pink Floyd. Poi, per scherzo, un giorno gli ho chiesto di poter provare la sua chitarra, lui mi ha messo le dita sulle corde e mi ha detto: “Prova, questa è la posizione di Re maggiore” e come per magia le corde hanno suonato tutte e nella mia testa ho pensato: “Mi sa che questa cosa mi piace!”, così insieme a lui ho imparato a suonare tutti i temi delle canzoni che ascoltava. Più avanti mi sono iscritto ad una scuola di musica e da lì è iniziato il mio percorso di studi. 

In che modo l’Incontro con il Maestro Cerri è stato decisivo?
La cosa più bella che mi ha insegnato Franco Cerri è stata l’idea che la musica si può affrontare con serietà, ma soprattutto con umanità verso gli altri. Per me che ero adolescente questo è stato un punto di riferimento molto importante che mi ha dato l’energia e la voglia di fare musica in un certo modo.

 

Usai Alessandro e Francesco Cerri 2

 

Tra le varie collaborazioni, qual è quella che ti ha lasciato il ricordo più bello?
Quella con i Foundaction, un gruppo di Milano formato da bravissimi musicisti con il quale ho suonato a Umbria jazz e ad altri festival importanti. Qui ho trovato un bell’ambiente musicale, ma soprattutto ho stretto legami di amicizia che per me, per poter suonare insieme agli altri, sono fondamentali. Potrei smettere di suonare con una persona per anni, ma se c’è l’amicizia, nel momento in cui riprendiamo a suonare è come se non avessimo mai smesso. Questa per me è una delle cose più importanti. 

E il concerto che ti è rimasto nel cuore?
Il primo “Blue Note”.

Nel 2014 ho inciso un mio disco e dovevo trovare un posto dove presentarlo. Buffo…chiesi a tanti club, ma non fu possibile per i più svariati motivi. L’unico che accolse la scommessa fu il Blue Note. 

Insegni tutti i generi musicali?
Praticamente si, tranne la musica classica o il metal perché sono mondi abbastanza diversi dal mio, sicuramente la mia passione è la musica afro-americana, ma comunque le basi per un chitarrista sono le stesse, è importante conoscere lo strumento e imparare tutto ciò che è necessario per fare musica, poi, a seconda dei gusti, ci si specializza nel genere che è più vicino a noi e si sceglie la propria strada. 

Prima hai detto che la tua passione è la musica afro-americana.
Cos’ha di particolare per te questo genere?
Dal momento che è la musica che ho ascoltato fin da quando ero bambino, la sento più vicina a me.

A volte è un po’ come se mi riportasse indietro nel tempo, all’infanzia, per trovare pace e spensieratezza, una sorta di sicurezza familiare.

Altre volte è il veicolo perfetto per sfogarmi e risolvere conflitti emotivi, una specie di autoanalisi.

Inoltre, essendo la musica un veicolo comunicativo, ritengo che sia un genere musicale di forte pathos emotivo che ti permette di esprimerti soprattutto insieme agli altri; la musica improvvisata richiede l’ascolto di tutti, dalle persone con cui stai suonando al pubblico e quindi c’è un impegno: c’è un impegno mio nell’essere sincero e c’è un impegno da parte degli altri nell’avere la forza e la voglia di ascoltarmi e di capirmi. È veramente un linguaggio parallelo che veicola emozioni che anche tu stesso fatichi a controllare. Quando improvvisi sei tu, non puoi mentire né nasconderti. Si capirebbe subito.

 

Questo accade proprio perché la musica afro-americana e il Jazz nascono da sensazioni profonde in un contesto culturale in cui la musica era l’unico modo per comunicare un disagio.

 

E con la tua chitarra che rapporto hai?
Un rapporto di massima fiducia perché la conosco da sempre ed è una parte di me.

Mi sento di avere un legame molto sereno con lei, non c’è conflitto, né insistenza…insomma, è da sposare!

 

Un’ultima domanda: perché insegnare e studiare a Cluster?
Perché si è all’interno di un corpo docenti molto valido, c’è una bella connessione tra gli insegnanti, c’è tutta un’organizzazione che permette all’allievo di essere seguito in vari aspetti musicali.

 

Usai Alessandro 1

 

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Autore: Silvia Conte

Musicista, insegnante di flauto traverso della Scuola di Musica Cluster dal 2011

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