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Time After Time

Vedo volti sorridenti e penso al pentagramma, che sembra una griglia ma non lo è.
Con le loro magliette nere con la scritta Cluster salgono e scendono come tanti soldatini (liberi) della musica. Quando la tromba suona all’inizio, con quelle luci blu, si capisce che non è solo una scuola.
Perché a scuola impari qualcosa, qui la vivi.
Dicono che l’orchestra sia la metafora di molte cose della vita, qui sono i cori.
La fila di dietro dei ragazzi e dei grandi che salgono sulle sedie per tenere la simmetria di questa scala di voci.
Per questo viaggio negli anni Ottanta, che non è un salto nel passato.
E’ l’occasione, con “We are the world”, per raccontare a tutti che si può pensare ad un mondo migliore.
Soprattutto cantando o suonando il sax, a magari l’assolo di chitarra seminascosto sul lato destro del palcoscenico. O invitando tutti al ritmo del battito delle mani. 

Si vedevano i volti delle mamme, delle zie, dei nonni (moltissimi), felici della felicità dei loro figli, nipoti, cugini.
Eccolo, il miracolo della musica.
Che ogni volta al Teatro del Pime diventa un’occasione per stare insieme, per provare e riprovare (come succede nella vita).
Per fare un pezzo in modo meraviglioso e un altro meno (come succede nella vita).
Non so se domenica 15 aprile fosse un concerto, una festa o un incontro: o forse tutte queste cose insieme. Come un bellissimo coro.

Autore: Nicola Saldutti

Caporedattore dell’economia per il Corriere della Sera. Docente di giornalismo presso l’università statale di Milano. Si occupa di temi economici, culturali e sociali.

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