Apple Music: impressioni dopo una settimana di utilizzo
Apple si butta nel vivace mercato dello streaming a colpo sicuro, piazzandosi direttamente al primo posto delle piattaforme più utilizzate. Chiunque possieda un iPhone può utilizzare gratuitamente il servizio per un periodo di prova di tre mesi facendo un semplice aggiornamento di iTunes. Anche se non ci sono ancora dati ufficiali sui download, questo significa che comunque ci sono 800 milioni di potenziali utenti di Apple Music, tanti quanti sono i possessori di iPhone. Tanto per fare un paragone, Spotify – che era il servizio di streaming più utilizzato – si ferma a quota 60 milioni di utenti attivi, faticosamente conquistati dopo anni di marketing e investimenti.
Il confronto fra le due piattaforme diventa dunque un po' impietoso, ma necessario. Da una parte c'è una giovane startup svedese che si è guadagnata una posizione dominante nel mercato con passione e coraggio, dall'altra un colosso mondiale dell'hi-tech caratterizzato da una ferrea standardizzazione dei suoi prodotti.
Il primo impatto con Apple Music è indubbiamente all'insegna dello stupore per la quantità e la multimedialità di contenuti: oltre allo streaming ci sono playlist selezionate "a mano" dallo staff editoriale di Apple e da testate specializzate come Pitchfork e Noisey, novità discografiche in anteprima, videoclip, una piattaforma social per poter interagire con i propri idoli, la possibilità di sincronizzare in Cloud la propria libreria iTunes e, soprattutto, una nuova web radio globale, Beats1 (il nome viene dalla "defunta" Beats Music, piattaforma acquistata da Apple l'anno scorso), capitanata dal disc jockey numero uno al mondo, Zane Lowe di BBC Radio 1.
In un primo momento si rimane disorientati da questa mole di contenuti. Ma presto si capisce che la sezione più utile per un utilizzo rilassato e "passivo" - come poi è quello della maggior parte degli utenti di streaming – è quella chiamata "Per te". Si potrebbe dire che, al di là dell'eccellenza della programmazione di Beats1 (con nomi come Elton John, St. Vincent e Josh Homme fra i conduttori) e le varie anteprime in esclusiva, proprio quella sia il vero punto di forza di Apple Music.
Da anni il dibattito sullo streaming insiste sul fatto che l'utente non vuole solo trovare la musica che gli piace ma anche scoprire artisti nuovi, e per questo diventa fondamentale lo sviluppo di algoritmi intelligenti capaci di suggerirli. Bene, il sistema di suggerimento di Apple Music è senz'altro superiore – ora come ora – a quello di Spotify: fra le preferenze specificate al momento dell'installazione e gli artisti ascoltati di volta in volta, basta aprire la sezione "Per te" per trovare band e playlist davvero ritagliati su misura dell'utente. Dopo due giorni di utilizzo sembra che Apple Music ti conosca da due anni, e – altro punto di forza – le playlist (tutte create da persone in carne ed ossa) contengono al massimo una ventina di brani, invece che le decine e decine tipiche di quelle di Spotify.
Metteteci poi una grafica pulita ma accattivante e vi sembrerà davvero che dovrete riconsiderare il vostro abbonamento a Spotify Premium. Ma purtroppo i vantaggi di Apple Music si fermano qui.
Spesso il servizio è lento, gli album non partono dal primo brano e molti utenti hanno lamentato il fatto che la sincronizzazione della libreria di iTunes con il catalogo dello streaming crei doppioni e scambi indesiderati. Un inferno per coloro che si erano meticolosamente costruiti playlist per ogni occasione, anno dopo anno. Senza contare che non è possibile creare proprie playlist su Apple Music, a differenza di Spotify (che in buona parte campa anche di quello).
Se guardiamo il prodotto "core" dei due servizi, cioè lo streaming dei brani, Spotify risulta reggere bene il confronto. Inoltre la minore quantità di funzioni lo rende una piattaforma meno omnicomprensiva ma senz'altro più essenziale e ordinata.
La morale è che prima di porsi davvero il dilemma "Spotify o Apple Music" dovremo vedere se Cupertino sarà capace nei prossimi mesi di implementare il servizio, correggendo i difetti e i malfunzionamenti esistenti e rendendolo davvero un prodotto multifunzione integrato (le sue tre componenti essenziali – lo streaming, la radio e il social – sembrano semplicemente appiccicate una all'altra).
È ancora presto per fare previsioni, ma lo scenario più verosimile è che Apple Music diventi il servizio di streaming generalista (in virtù del fatto che chiunque possieda un iPhone ne è utente), mentre Spotify rinunci all'ambizione di essere il numero uno per specializzarsi invece come nicchia riservata ai "veri" appassionati di musica. Un po' come Vimeo rispetto a YouTube.