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Breviario essenziale degli artisti italiani che hanno sfondato all’estero

I Måneskin sono diventati i più noti alfieri della musica italiana nel mondo, nel corso dell’ultimo anno solare. Che la loro musica piaccia o meno, al gruppo romano non si può non riconoscere di essere riusciti a sfondare presso i mercati esteri, dato che non si verifica granché spesso, se si parla di musicisti originari del Belpaese.

Nel corso dei vari decenni, però, è vero che qualcuno è riuscito a rompere la maledizione e a conquistare anche fuori dai confini italiani il plauso e la stima che meritava. Da Domenico Modugno a Laura Pausini fino ad arrivare alla giovane rock band reduce da X Factor, l’elenco non è densissimo ma è composto da artisti che hanno fatto la storia della canzone italiana, ognuno con il suo stile.

Domenico Modugno

Domenico Modugno è il capostipite assoluto dei musicisti italiani che “ce l’hanno fatta” all’estero e, segnatamente, negli Stati Uniti: la sua Nel blu dipinto di blu, trionfatrice al Festival di Sanremo del 1958, è probabilmente ancora oggi la canzone italiana più famosa della storia, oltre che parte integrante del patrimonio culturale del nostro Paese in cui, nell’ambito della musica leggera, ha più o meno la stessa importanza della Divina commedia in letteratura. Parlare di Nel blu dipinto di blu in pochissime righe è impossibile e non le rende affatto giustizia ma, per riassumere la sua grandezza e il modo del tutto trasversale in cui ha ottenuto fama e gloria, conquistando pubblico e critica, ha senso ricordare che è stata prima in classica per cinque settimane di fila negli USA (unico brano italiano della storia a riuscirci) e ha venduto oltre ventidue milioni di copie in tutto il mondo. Singolo più venduto in Italia nel 1958, ça va sans dire, nel ’59 ha vinto due Grammy, come Canzone dell'anno (Song of the year) e come Disco dell'anno (Record of the year).

PFM

La prima metà degli anni 70 è un periodo incredibilmente anomalo per la storia del rock italiano perché è l’unico momento nella storia della musica leggera recente in cui l’Italia è stata all’avanguardia. Quando, nei tardi anni 60, si sviluppano le prime correnti di rock progressivo in Inghilterra, questi germi di contaminazione, di composizione, di virtuosismo finiscono per arrivare anche nel nostro Paese, dove attecchiscono in maniera del tutto imprevista. Non solo fioriscono i complessi prog nostrani – tanti e quasi tutti di elevata qualità, tra l’altro – ma il successo di un gruppo progressive rock può arrivare dall’Italia prima ancora che dal Regno Unito, persino per le formazioni britanniche (è il caso dei Genesis, per esempio, famosi prima da noi e poi in patria). In questo contesto irripetibile, prende forma la Premiata Forneria Marconi, miglior incarnazione italiana dello zeitgeist dell’epoca, che viene scoperta da Greg Lake (Emerson, Lake & Palmer; King Crimson) e portata a Londra, dove inizia un processo di internalizzazione della propria traiettoria musicale.

Tra il 1973 e il 1977, quando Mauro Pagani lascia il gruppo, la PFM si ritrova a cavalcare la bestia imbizzarrita del successo internazionale, ottenendo scroscianti applausi in Inghilterra e arrivando a organizzare ben due tournée negli USA. Un po’ l’altissimo costo personale dell’inseguimento di una fama duratura in America, un po’ la necessità di trovare momenti in cui comporre nuovo materiale in continuazione, un po’ la nostalgia per l’Italia e un po’ la voglia di sperimentare nuovi stimoli artistici slegati dalla parte più commerciale della musica hanno fatto sì che la Premiata Forneria Marconi non si imponesse veramente nei Paesi anglofoni al di là della fortunatissima stagione del prog, durante la quale, tuttavia, è stata tra gli astri più brillanti del globo.

Laura Pausini

Dopo aver consolidato la sua fama e il suo status di interprete di prima grandezza all’interno dei patri confini nel corso del 1993, l’esuberante Laura ha esordito sul mercato discografico estero già nel 1994, quando ha inciso il suo primo disco in spagnolo. Le risposte sono state dapprima incoraggianti e poi via via sempre più convinte, fino ad arrivare a un reale entusiasmo, soprattutto da parte del pubblico dell’America latina. Entusiasmo consacrato con la vittoria di un Grammy Award nel 2006 e la candidatura del 2017, semplice antipasto prima della vittoria ai Golden Globe del 2021 grazie alla canzone Io sì (Seen), brano portante del film La vita davanti a sé con Sophia Loren nonché primo pezzo non inglese di sempre ad aggiudicarsi un Globe. Questo brevissimo e tutto men che esaustivo excursus sui premi internazionali più rilevanti vinti dalla Pausini dà l’idea di ciò che la cantante romagnola è diventata nel corso dei decenni: un’autentica star mondiale.

Eros Ramazzotti

Dieci anni prima della Laura Pausini nazionale, c’è stato Eros Ramazzotti a farle da metaforico “apripista” presso il mercato ispanofono e soprattutto sudamericano. Anche il cantautore romano ha pensato di investire sull’estero quasi da subito, incidendo in spagnolo già il secondo album Nuovi eroi (ribattezzato per l’occasione Heroes de hoy). Attivissimo anche sul fronte delle collaborazioni internazionali, Ramazzotti ha inciso dei brani con Cher, Anastacia, Tina Turner, Patsy Kensit e Ricky Martin, oltre ad aver organizzato lunghe tournée in giro per il mondo, ottenendo sempre un grande riscontro di pubblico. Tuttora, Eros è uno degli artisti nostrani più amati nel globo e un vero idolo delle masse in America latina e nell’Europa dell’est.

Tiziano Ferro

Come Ramazzotti, anche Tiziano Ferro è adorato in Sudamerica e, come la Pausini, è apprezzatissimo in Spagna. Fin dal suo primissimo anno di carriera, infatti, Tiziano ha registrato versioni in spagnolo dei suoi dischi e i suoi tour promozionali hanno avuto un respiro europeo praticamente da subito. Al successo oltre confine, come dicevamo, è seguito immediatamente anche quello transcontinentale e il cantautore di Latina ci ha messo piuttosto poco a mietere consensi anche in America latina. Per quanto riguarda invece il mercato anglofono, nel 2004 Ferro ha inciso un singolo con la cantante britannica Jamelia che ha fatto parte della raccolta ufficiale delle Olimpiadi di Atene di quell’anno e, più avanti, ha avuto la possibilità di duettare anche con Kelly Rowland delle Destiny’s Child e con Mary J. Blige. Oggi, Tiziano è un’istituzione della canzone italiana, ha festeggiato da pochissimo i vent’anni tondi tondi di carriera ed è uno dei “prodotti d’esportazione” tricolore più celebri nel mondo.

Zucchero

Probabilmente l’artista italiano più di successo nei paesi anglofoni con Domenico Modugno e i Måneskin, Zucchero è uno dei cantautori più “americani” che abbiamo dalle nostre parti, viste le sue fortissime radici blues, soul e folk. Protagonista di collaborazioni internazionali fin dalla seconda metà degli anni 80, può vantare un minitour fatto con Joe Cocker e addirittura una canzone incisa con Miles Davis, una revisione del suo successo Dune mosse, molto apprezzato proprio da Davis. Nel suo carnet di ospiti importantissimi con cui ha suonato durante le esibizioni dal vivo, poi, contiamo Ray Charles, Dee Dee Bridgewater, Eric Clapton, Paul Young e Clarence Clemons, senza considerare che è stato personalmente invitato dai Blues Brothers a suonare con loro per il 46esimo compleanno di John Belushi. Negli anni successivi ha collaborato anche con altre leggende del blues come B. B. King e John Lee Hooker, con il musicista elettronico Vangelis e ha duettato con Sting. Dal punto di vista eminentemente discografico, il cantautore emiliano è finito per ben due volte nella classifica dei dischi più venduti negli USA e una in quella inglese: un evento più unico che raro, considerando che gli album con cui ci è riuscito sono entrambi incisi in italiano.

Måneskin

La storia della fama fuori d’Italia dei Måneskin è ancora tutta in divenire e sta venendo scritta proprio in questi anni: che si esaurisca a breve o sia solo il principio di una carriera decennale colma di successi e riconoscimenti internazionali non è ancora dato sapere ma il gruppo romano ha già tagliato traguardi che, in Italia, nessuno aveva ancora raggiunto. Agevolati dal fatto che il cantante, Damiano, ha un’ottima padronanza dell’inglese, i quattro musicisti hanno inciso diverse canzoni direttamente nella lingua di Stati Uniti e Gran Bretagna e non è un fatto di poco conto. Inoltre, ha spinto tantissimo la notorietà del gruppo la popolarità social sempre più crescente della loro versione molto rock di Beggin’ dei Four Season, costantemente in aumento proprio in contemporanea al successo di Sanremo e quello, seguito qualche mese dopo, dell’Eurovision. In pratica, i Måneskin erano contemporaneamente in televisione, in radio e sui social con due, tre canzoni diverse contemporaneamente. Un’esposizione indubbiamente massiccia e, soprattutto, già internazionale. E il fatto che Beggin’ fosse anche la cover di un brano molto noto di suo non è certo stato un ostacolo, anzi. La band è di fatto già una tendenza quando se ne accorgono gli americani, i quali seguono la scia e portano alla definitiva consacrazione il quartetto, chiamandolo a esibirsi all’interno di più show televisivi fino a scritturarlo addirittura per il Coachella, tutti esordi assoluti per degli artisti italiani. Cosa riservi il futuro ai Måneskin è ancora tutto da definire ma quel che si può dire senz’altro è che era dai tempi di Modugno che gli Stati Uniti non cadevano così follemente preda del fascino tricolore.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

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