Bugo, storia di un outsider
«Io ho una missione, nella vita (…)
Io lavoro ventiquattro ore al giorno, anche quando dormo (…)
Finché avrò da dire qualcosa con la musica, lo dirò»
— Bugo
Nel febbraio 2002, di fronte alle telecamere di MTV Supersonic, si esibisce il cantautore Bugo: nonostante abbia già due album (e un EP) alle spalle nonché quasi quattro anni di carriera e in programma la firma con una major discografica, quella è la prima apparizione televisiva del musicista. Vent’anni dopo, Bugo ha pubblicato altri sette dischi, è attualmente al lavoro sul suo decimo album di inediti, va per i cinquant’anni e – grazie anche a due partecipazioni di fila al Festival di Sanremo – ha acquisito una notorietà popolare che gli è sfuggita per gran parte della carriera, rimanendo spesso confinato all’interno della “musica di nicchia”.
Eppure, come dichiara in tutte le interviste che concede, Bugo è ancora un outsider, un’anomalia, un artista interiormente indipendente. Fin dagli esordi amatissimo dalla critica e protagonista di un successo che può essere definito “di culto” (che vuol dire conosciuto da pochi e, però, amato alla follia da quei pochi), Cristian Bugatti è uno dei rari artisti che è sempre più o meno riuscito a fare di testa sua, musicalmente. Per sua stessa ammissione, non ha mai pubblicato nessuna canzone di cui non fosse contento, non ha rimpianti relativamente ai dischi prodotti ed è soddisfatto di quanto fatto fin qui pur non sentendosi né appagato, né arrivato (come ha raccontato a Enrico Silvestrin durante una chiacchierata sul canale YouTube dell’ex veejay di MTV che, tra l’altro, è anche stato colui che l’ha fortemente voluto vent’anni fa sul palco di Supersonic).
Figlio del cantautorato italiano che ha più flirtato con il rock (Vasco Rossi, Lucio Battisti, etc) ma anche degli artisti più noti e/o apprezzati degli anni 90 (Beck, Oasis, Nirvana), Bugo esordisce con un’evidente anima rock’n’roll e un suono fortemente incentrato sulla chitarra. A distinguerlo da tutto il resto, sono essenzialmente due fattori: il fatto di essere un solitario (quando invece in tutta Italia impazzavano le band, i gruppi) e i suoi testi.
Questi ultimi, in particolare, si fanno notare per il loro linguaggio estremamente accessibile e colloquiale, che riesce a esprimere in maniera diretta concetti semplici e profondi, spesso totalmente disarmanti, descrivendo essenzialmente il modo di vedere il mondo e di rapportarsi con esso dell’artista. La lente che usa per decodificare la realtà è ironica, dissacrante, spontaneamente giovanilista e disillusa: il sarcasmo è una chiave di lettura praticamente sempre possibile per ogni cosa Bugo dica nei suoi testi. Se il suono dell’artista cambierà anche moltissimo nel corso della sua carriera, la sua scrittura invece rimarrà sempre costante, da un punto di vista stilistico: Bugo usa sempre le parole che gli vengono più naturali, comunicando in maniera molto chiara, senza mai pensare troppo alla “bella forma” e senza mai adoperare quelle che Mogol chiama «le parole delle canzoni», ossia quell’insieme relativamente piccolo termini e verbi che ci aspetteremmo quasi scientificamente fossero presenti nella musica pop, specialmente nelle canzoni d’amore.
Già dal quarto disco, proprio per discostarsi dalla fastidiosa etichetta di “Beck italiano”, il buon Cristian inizia a inserire nella sua musica una massiccia influenza elettronica, molto presente nella metà disco chiamata Arriva Golia! (trattasi infatti di un doppio album, intitolato Golia & Melchiorre). L’altro 50% delle canzoni ha invece un’impronta folk, una radice musicale già presente nei primi tre lavori ma mai esplorata così a fondo, prima. Nell’album successivo, Sguardo contemporaneo, Bugo torna a un altro tipo di feeling, registrando tutto il disco in presa diretta, come se fosse un concerto. Per Contatti, nel 2008, si vira nuovamente sull’elettronica e la doppietta di singoli di successo consecutivi C’è crisi/Nel giro giusto porta il cantautore a essere considerato per un breve periodo un artista ormai mainstream.
Nel 2011, l’album Nuovi rimedi per la miopia ottiene un discreto riscontro mediatico e ne vengono estratti quattro singoli, tra cui i I miei occhi vedono, originalmente scritta per la colonna sonora del film Missione di pace. Il disco segna anche una svolta nelle tematiche dei testi, che diventano più intimi, profondi, introspettivi. Nonostante il buzz di cui è protagonista, Bugo compie una scelta inattesa: nel 2012 molla (quasi) tutto e si dedica interamente all’arte visiva, proseguendo un percorso personale già cominciato nel 2009. Torna alla musica solo nel 2015 e l’anno seguente esce Nessuna scala da salire. Nel 2017, il cantautore annuncia un ritorno alle radici rock, con tanto di riarrangiamento di tutti i pezzi con sonorità differenti in chiave più elettrica e distorta tanto nell’ottica del tour di quell’anno, quanto per pubblicare una raccolta di tutti i vecchi successi rielaborati in questa chiave.
Nel 2020, in previsione del lancio del suo nuovo disco Cristian Bugatti, l’artista approda finalmente a Sanremo con il brano Sincero, scritto da lui insieme con Simone Bertolotti e Andrea Bonomo. Solo in un secondo momento (e su esplicita richiesta della direzione artistica sanremese) arriva il featuring di Morgan: la coppia, com’è noto, esploderà durante la kermesse in diretta nazionale, causando la squalifica della canzone e la trasformazione del tutto in un meme praticamente onnipresente per tutto il resto dell’anno. Nel 2021, però, Bugo si ripresenta ai nastri del Festival, stavolta completamente solo, con il brano E invece sì.
Oggi, come racconta lui stesso, il cantautore è al lavoro sul suo nuovo album dopo un biennio difficile, dove non ha potuto suonare dal vivo ma è stato ospite di Sanremo per due edizioni consecutive, sfiorando ancora una volta il mainstream senza però venirne realmente fagocitato. La sua fan base, intanto, resta affezionatissima ed è più che consolidata, grazie ai quasi venticinque anni di carriera dove, al di là dei cambi sonori e lirici, la stella polare è sempre stata l’integrità assoluta, divertente e divertita, di Bugo. Che, ancora oggi, rivendica orgogliosamente il suo ruolo di “matta” della scena musicale italiana, la sua indipendenza interiore e il suo essere fuori dal coro, a conti fatti, anche ostinatamente ma senza, per questo, sentirsi superiore o inferiore a chi, nel mainstream, sguazza. In fondo, il suo spirito, usando le sue parole, è sempre rimasto quello di uno che ama la musica e, soprattutto, ama farla partendo dal suonare la chitarra tra i quattro angoli della propria casa.