Come produrre un disco secondo Jack White
Ci sono solo i musicisti, c'è solo l'arrangiamento, l'interplay. Produrre un disco vuol dire trasmettere sensazioni fissando sul mezzo più adatto l'irripetibilità di una performance tra esseri umani. Secondo questa filosofia, l'errore, sia di performance sia tecnico, è valorizzato dalla sua unicità. Sarà forse per questa visione molto intimista della produzione discografica che Jack White accusa a gran voce i Black Keys di aver plagiato il suo sound?
Jack White è uno dei musicisti e produttori più interessanti della scena indipendente d'oltre oceano. Oltre alla sua storia con i White Stripes, The Raconteurs, The Dead Weather, vanta collaborazioni con Tom Jones, Wanda Jackson, Norah Jones, Alicia Keys, e ha contribuito alle colonne sonore di film come 007-Quantum of Solace, The Great Gatsby e The Hateful Eight.
Il suo talento sembra andare di pari passo con la sua eccentricità, nel look, nell'ossessione per il numero tre, nella sua passione per la tassidermia.
Fin dagli esordi ha sempre avuto le idee chiare su come fare i dischi. Fonda così la sua etichetta Third Man Records, l’unica in grado di rappresentare tutta la sua originalità nel modo di produrre musica e promuoverla.
Ad Aprile 2014 annunciò che in occasione del Record Store Day, il giorno in cui negli USA si celebrano i negozi di dischi indipendenti, avrebbe realizzato il disco più veloce del mondo, dalla sua incisione alla sua pubblicazione.
Nel quartier generale della Third Man Records, a Nashville, c'è una sala concerti. La relativa regia audio è alle spalle del palco, in una stanza insonorizzata. È di fatto impostata come la regia di uno studio: tutto ruota intorno ad un banco Neve 5008 e una manciata di outboard (tra cui Distressor, Fatso, Eventide). La sua particolarità però risiede nel tornio per vinile posto in fondo alla stanza, attorno alla quale si affannano due cutting engineers vestiti con camice bianco. Si tratta di una Scully Lathe del 1953. La stessa macchina ha dato vita a suo tempo a lacche come It's A Man's World di James Brown.
La sessione per il singolo Lazaretto , altrimenti chiamato "World's Fastest Record", avvenne alle 10 del mattino di Sabato 19 Aprile 2014. Jack White salì sul palco davanti ad una piccola folla, accompagnato da musicisti appartenenti sia alla sua band all-male, sia all’altra, costruita in maniera speculare, all-female (che White alterna in tour in maniera random, scegliendo all’ultimo momento con quale suonare), sia da turnisti legati al Third Man Studio.
I primi due brani del concerto, Lazaretto e Power Of My Love, divennero rispettivamente lato A e lato B del 7".
Furono incisi sotto l'occhio vigile di due cutting engineers dello staff dopo il mix, rigorosamente live, di Vance Powell.
Nato come fonico live, iniziò la carriera in studio nel 1986. Nel 2002 diede vita al leggendario Blackbird Studio, a Nashville. Lì collaborò con artisti del calibro di Neil Young e The Dixie Chicks. Abbandonò il lavoro in studio nel '93 per dedicarsi totalmente all'attività di FOH, riprendendo nei primi anni del 2000. Abituato alla registrazione completamente analogica, non fu facile per lui interfacciarsi con la rivoluzione digitale avvenuta durante la sua assenza. Continuò infatti a registrare e mixare in full analog, sfruttando Pro Tools quasi esclusivamente per l'editing. Nel 2006, lavorando al disco Rome di Danger Mouse e Daniele Luppi, incontrò Jack White, che era stato invitato come guest vocals. Da allora si è creata una collaborazione duratura che gli fruttò il Grammy (uno dei 4 vinti nella sua carriera) per Consolers Of The Lonely dei The Raconteurs come "Best Engineered Album".
Tornando al Record Store Day 2014: alle 10:49 l'acetato venne portato alla United Record Pressing, per essere duplicato e confezionato. Dopo sole 3 ore e 55 minuti dalla salita della band sul palco, il 45 giri fu messo in vendita.
Questo episodio è il perfetto esempio di come Jack White affronta la produzione: la velocità, l'essenzialità, la rapidità nel prendere decisioni, la presenza quasi univoca del dominio analogico, la ricerca di un "mood" piuttosto che di una resa sonora tecnicamente perfetta.
https://www.youtube.com/watch?v=xPGK84Yuihc
Dopo aver pubblicato Blunderbuss, il primo lavoro da solista, White aveva varie idee per nuovi brani, e sentiva il bisogno di registrare buona parte di essi nei day off del suo tour americano. Se i musicisti delle sue due band avessero concluso il tour e fossero tornati a casa, si sarebbe perso il feeling nell'interplay. Da questa necessità di catturare la magia conquistata suonando quotidianamente insieme per mesi, nasce Lazaretto, il full lenght anticipato dal "World's Fastest Record".
Le sessioni di registrazione, presso il Third Man Studio (di proprietà di Jack White), furono di tre giorni per la band maschile e tre giorni per la band femminile.
Tutto è stato registrato in presa diretta e in maniera estremamente minimale, ad esclusione di qualche sovraincisione di voci e assoli. Il Third Man Studio ha una sala ripresa di 6 metri per 7. White ha voluto una live room contenuta: non sopporta il fatto che i musicisti si trovino distanti l'uno dall'altro mentre suonano.
La control room è equipaggiata in maniera essenziale: uno Studer A800 a 8 piste (a cui eventualmente viene syncata una macchina gemella), un banco Neve a 16 canali con channel strip 1073 e qualche outboard (1176, Neve 2054, LA2A, API 2500, GML 8200, API 550 e delay e riverberi Fullton, Master Room XL-305, Moog e EMT).
C'è anche un sistema Pro Tools Native a 16 canali, utilizzato prevalentemente per i backup delle bobine, e nel caso ci sia necessità di svolgere dei compo tra varie take.
Nella maggior parte della produzione discografica attuale si ragiona in base al backup, al recall, agli undo. Si fanno decine di take, ci si assicura sempre di poter ripristinare la situazione di partenza, in maniera da ritornare sui propri passi. In questo modo si rimandano le decisioni al prossimo step della produzione, e non si da un'idea chiara del risultato finale che si vuole ottenere.
White invece prende decisioni, velocemente, e quelle rimangono su nastro, giuste o sbagliate. Il suo obbiettivo è catturare l'ispirazione della sessione, fissare su nastro quel momento irripetibile in cui si incide un brano appena spiegato ai musicisti, con le sensazioni di quel giorno e le impressioni nate dalle prime esecuzioni, con l'idea chiara di che suono si vuole ottenere che si può avere solo la prima volta che si suona un brano.
Quando Jack White produsse il 7" di Tom Jones che conteneva Evil di Howlin Wolf e Jezebel di Wayne Shanklin, chiamò i musicisti in studio la mattina stessa in cui era fissata la sessione, senza anticipare cosa sarebbe stato. Voleva cogliere l'ispirazione del momento. Se avesse contattato i turnisti una settimana prima, loro avrebbero cercato i brani su YouTube, li avrebbero provati, si sarebbero fatti un'idea su come arrangiarli, e la spontaneità della performance sarebbe andata perduta.
Un altro aspetto interessante è la scelta degli strumenti da utilizzare per la resa dell'album.
Non è argomento limitato all'annoso conflitto digitale-analogico. Il dibattito spesso si esaurisce nell'esaltazione della morbidezza e del calore delle macchine e dei supporti analogici. Jack White vede la questione da un'angolazione molto diversa: paragona la scelta del mezzo di registrazione alla scelta che fa un pittore tra acquerelli o tempere, tra matite o pennelli. Non è questione di avere più basse, o una pasta sonora più bella. White non cerca qualcosa che suoni "bene", cerca il modo "giusto" di comunicare la musica, un mondo in cui portare l'ascoltatore.
Uno dei dischi recenti più criticati dal punto di vista tecnico è A Letter Home di Neil Young. Il suono tagliente e medioso di quel disco, unito al fortissimo rumore di fondo, ha fatto infuriare buona parte dei fans del song-writer canadese. Dietro la produzione di quel disco c’era Jack White.
È stato registrato in un Voice-O-Graph del 1947, restaurato dai tecnici del Third Man Studio. Il Voice-O-Graph era un macchinario diffuso dall'inizio degli anni quaranta alla fine degli anni cinquanta: di dimensioni pari a una cabina telefonica, dava la possibilità di registrare un messaggio vocale inserendo 35 centesimi di dollaro nell'apposita fessura. Il suono era inciso su un disco di materiale plastico che veniva rilasciato dalla macchina allo scadere dei due minuti disponibili. Lo usavano ad esempio i soldati in guerra per comunicare con le famiglie lontane.
Questo è l'approccio di White: che mood doveva avere quell'album? Come doveva essere comunicata quella raccolta di cover di grandi cantautori americani? Sentire quei brani registrati da Neil Young da solo con la sua acustica in un microscopico booth, riporta alla mente le voci di Woody Guthrie e di Pete Seeger. Ci proietta in un altro spazio temporale, ci regala un suono che altrimenti non avremmo mai più sentito.
È stata una scelta coraggiosa, difficilmente condivisibile, che però ha saputo dare un senso tutto particolare a quel disco.
https://www.youtube.com/watch?v=6H47jI6xanA
Per Lazaretto sono stati utilizzati gli Studer A800 del Third Man Studio, impostati alla velocità di 7.5 pollici al secondo, su nastro RMG900 perché, a detta di Powell, le basse hanno più spinta, mentre la rimanente parte dello spettro è pressochè flat fino ai 20kHz. La facilità di saturazione intorno ai 4kHz ha evitato che si presentassero problemi di "s" fastidiose. È stata lasciata molta headroom, per preservare al meglio i transienti.
Non ci sono tecniche esoteriche di ripresa nella realizzazione di Lazaretto: la batteria, un set Ludwig anni '60, è stata microfonata con un D12 sulla cassa, SM57 per rullante sotto e sopra, MD421 per tom e timpano, e U67 come panoramico mono. È stata applicata poi una compressione con un 1176 su cassa e rullante sommando tutti i microfoni su un'unica pista. Solo per alcuni brani la cassa è stata registrata su una seconda traccia, per avere più controllo su di essa.
Perché registrare tutta la batteria su una singola traccia, perdendo dunque la possibilità di processare singolarmente le singole tracce? Oltre a un gran romanticismo di fondo la prima ragione è il numero limitato di tracce disponibili. In più, se ogni microfono avesse avuto la sua pista su nastro, la somma del rumore di fondo sarebbe stata di molto superiore a quello dell'unica traccia utilizzata.
Il basso è registrato con una DI e un U67 sull'ampli. Troviamo un U67 (a volte sostituito da un 57) anche sul Vibrolux di Jack White, un RCA77 per le acustiche, dei 57 su organo e pianoforte.
Il production trick più interessante lo troviamo sulla voce: registrata spesso con un 57 (o in alternativa un U47), è stata quasi sempre fatta passare in un ampli per chitarra. Ai tre segnali sommati (microfono, line out dell'ampli e microfono davanti al cabinet) è stata applicata una pesante compressione con l'1176, per poi essere registrati su una singola traccia.
A detta di White, ha sempre mixato egli stesso i suoi dischi, senza mai mettere le mani sulle macchine: segue il processo dicendo al fonico esattamente cosa fare.
Quello che colpisce di Lazeretto sono le basse definite e morbide, le medie presenti e le alte mai taglienti, nonostante l'abbondanza di distorsioni su basso, chitarre, violini, tastiere e voci. Anche l'immagine stereo è ampia, e la batteria mono non disturba in alcun modo. Se si ascoltano i brani servendosi della codifica mid-side, scopriamo che sui canali laterali è presente anche la batteria. Ci hanno dunque ingannato? Tutt'altro: le informazioni di batteria contenute sul side provengono dai rientri nei microfoni di pianoforte e chitarra, spesso pannate hard-left o hard-right.
La pasta sonora è sempre coerente durante lo scorrere dell'LP. Questo fatto non è così scontato: la genesi di Lazeretto è durata circa un anno e mezzo, trascorso tra la stesura delle musiche, la registrazione delle band e la sovraincisione della voce di Jack White avvenuta alla fine del tour di Blunderbuss.
Questo intervallo tra realizzazione delle musiche e stesura dei testi ha messo in grande difficoltà White, abituato a non scindere i due processi. La maggior parte delle liriche di questo album derivano da alcuni scritti, poesie e piece teatrali che White aveva scritto quando aveva 19 anni.
Non solo: tutte le strumentali sono state incise senza avere strutture definitive. Il risultato che possiamo sentire è in realtà il compo di varie take, anche suonate da band diverse in giorni diversi. Ad esempio Would You Fight For My Love? ha tre editing: l'intro suonato dalla band maschile, la parte centrale dalla band femminile, il finale di nuovo dalla band maschile. Questo ha imposto di trovare soluzioni di mix che funzionassero per tutte e tre le timbriche delle take.
Se si ascolta con attenzione, si nota che buona parte degli slap delay (applicati spesso su voce e batteria), tendono leggermente a destra. Jack White, come riferimento per valutare i mix, usa l'impianto della sua super car Tesla. Parcheggiato fuori dal Third Man Studio, gli venivano inviati tramite un trasmettitore FM i mix, e con un Walkie Talkie comunicava al fonico le modifiche da effettuare. I delay sono pannati a destra perché White giudicava la profondità spaziale del mix dalla prospettiva del guidatore. Per questo motivo, chi ascolta Lazaretto in Inghilterra o in Australlia avrà una percezione più confusa.
Chiude questa girandola di stranezze un professionista insospettabile, Bob Ludwig, che, con grande entusiasmo di White, si è limitato ad alzare il gain per il mastering dell’edizione in vinile.
https://www.youtube.com/watch?v=qI-95cTMeLM
In definitiva, l'approccio di Jack White alla produzione discografica è quasi unico. Se guardiamo ai metodi lavorativi di buona parte dei produttori troviamo differenze nella scelta dei microfoni, nei trick per creare certi suoni, nell'utilizzo di determinate tecniche di missaggio. White sembra guardare da un’altra prospettiva. Ci sono solo i musicisti, c'è solo l'arrangiamento, l'interplay. Produrre un disco vuol dire trasmettere sensazioni fissando sul mezzo più adatto l'irripetibilità di una performance tra esseri umani. Secondo questa filosofia, l'errore, sia di performance sia tecnico, è valorizzato dalla sua unicità. Sarà forse per questa visione molto intimista della produzione discografica che Jack White accusa a gran voce i Black Keys di aver plagiato il suo sound? Come è finita la disputa ce lo dice Patrick Carney, batterista dei Black Keys, tramite tweeter: «Non avevo mai incontrato Jack White», «fino a ieri sera». «È arrivato in un bar di New York dove vado spesso con qualche amico e ha cercato di aggredirmi».