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Cos'è Tidal e perché non fa affatto concorrenza a Spotify

Partiamo dall'inizio. Tidal (da tide, "marea") è una creatura della compagnia scandinava Aspiro, che è stata recentemente acquistata da Jay Z – che ormai più che il rapper fa l'imprenditore – per 55 milioni di dollari. Poi è venuta la fase del marketing: se il volto di iTunes sono gli U2 e quello di Beats Music è Dr. Dre, per Tidal Jay Z ha messo insieme un vero e proprio dream team di superstar della musica con nomi che vanno dai Daft Punk a Jack White a Madonna. Stando alle dichiarazioni ufficiali, costoro possiedono effettivamente quote dell'azienda, cosa che consente a Tidal di presentarsi come la piattaforma di streaming "dei musicisti".

Il lancio ufficiale è avvenuto durante una pomposa conferenza stampa non priva di sfumature grottesche: «Le nostre voci – ha detto Alicia Keys – si uniscono nella speranza che oggi sia un altro di quei momenti che cambieranno per sempre il corso della storia della musica». Tinte messianiche a parte, cosa offre concretamente l'ultima arrivata fra la piattaforme di streaming?

Su Tidal si trovano sia video che brani musicali, il tutto con la migliore qualità audio attualmente disponibile su digitale, e pure un ottimo blog ricco di contenuti esclusivi. Al posto del formato AAC a 320 kbps, simile all'mp3, i brani sono in formato FLAC a 1411 kbps. Il FLAC consente una compressione lossless – "senza perdite" – del master originale, cioè offre una riproduzione il più fedele possibile a quella di un compact disc. Di Tidal esistono due versioni, entrambe a pagamento: una "Premium" a 9.99 euro al mese che va a 320 kbps e un'altra "HiFi" a 19,99 euro che sfrutta la tecnologia lossless.

Ma vale la pena spendere il doppio di Spotify? Tutte le recenti polemiche sulla "pessima" qualità audio dello streaming tradizionale erano crociate condotte da alcuni artisti, non dagli utenti, che anzi non se ne sono mai lamentati. È sempre più diffuso il sospetto, inoltre, che la differenza fra uno streaming a 320 kbps e uno con un bitrate superiore sia talmente sottile da non essere nemmeno percepibile. Munitevi di buone cuffie e fate voi la prova con questo test di confronto realizzato dallo stesso Tidal: difficile sentire differenze significative.

Ad ogni modo, quando si parla di streaming la tentazione è sempre la stessa: fare il confronto con Spotify, che ormai ne è l'antonomasia. E infatti molta stampa – soprattutto quella nostrana, a dire il vero – parla del lancio di Tidal come una "sfida" al collega svedese. Ma Spotify non ha nulla da temere, perché le cose non stanno affatto così.

Non bisogna essere economisti per capire che si crea concorrenza fra due marchi solamente quando questi offrono lo stesso prodotto con minime variazioni. La Coca-Cola e la Pepsi sono il più classico esempio in questo senso, mentre nel mondo dello streaming sono senz'altro in concorrenza diretta Spotify e Deezer.

Non si può dire lo stesso di Tidal, che offre un prodotto simile ma diverso. Spotify, essendo uno dei primi servizi di streaming, è anche quello più generalista e "vecchio": per fare un paragone, Spotify sta allo streaming come Facebook sta ai social network. I suoi punti di forza sono la vastità del catalogo musicale e la possibilità di accesso illimitato anche nella versione free. Tidal invece si presenta come un prodotto per audiofili – o presunti tali – quindi si rivolge sostanzialmente a una nicchia del mercato, non alla sua totalità.

Con Spotify posso scegliere se non pagare niente o pagare un po' ogni mese. Con Tidal si può scegliere solamente fra un po' e di più, cosa che insieme alla prova gratuita di una settimana (su Spotify è di un mese) fa della piattaforma di Jay Z una realtà all'insegna del prendere o lasciare. Insomma, bisogna essere veramente convinti per usare Tidal, mentre ci sarà sempre una quota maggioritaria di utenti che preferiranno sorbirsi la pubblicità pur di usufruire gratuitamente di Spotify.

 

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