Da Myspace a AM: come gli Arctic Monkeys hanno fatto i loro dischi
Hanno saputo sviluppare negli anni il loro suono in maniera molto profonda, cambiando radicalmente quasi in ogni album. Hanno lavorato con produttori e tecnici d'eccezione: Jim Abbiss (Editors, Kasabian, Massive Attack), Josh Homme (frontman dei Queens of The Stone Age), Tchad Blake (Elvis Costello, Pearl Jam, Tom Waits), oltre al loro produttore di lungo corso James Ford (Foals, Mumford & Sons, Klaxons). Ogni disco degli Arctic Monkeys è un universo a se stante.
Nel 2002, a Sheffield, Gran Bretagna, quattro liceali formarono gli Arctic Monkeys, solo pochi mesi dopo aver impugnato gli strumenti per la prima volta. Iniziarono a esibirsi nei pub locali, e la fama della band crebbe rapidamente grazie alla loro pagina Myspace e alla diffusione di brani demo tramite le applicazioni di file sharing.
A maggio 2005, dopo essersi guadagnati una fanbase ragguardevole, hanno pubblicato Five Minutes With Arctic Monkeys, il primo EP autoprodotto contenente due brani. Questo attirò su di loro l'attenzione delle major. Intenzionata a rimanere all'interno del panorama indipendente, la band firmò con la label Domino Recording Company.
L'hype per l'album d'esordio degli Arctic Monkeys era alle stelle. Dopo alcune sessioni in studio poco soddisfacenti con i producers della Domino James Ford e Mike Crossey, venne contattato Jim Abbiss, già noto per il suo lavoro con Massive Attack e Kasabian. Il tempo a disposizione era davvero pochissimo: non più di sedici giorni dopo l'inizio della produzione, il singolo I Bet You Look Good On The Dancefloor sarebbe dovuto andare in stampa.
L'incontro tra la band e il producer avvenne ad un loro concerto, organizzato appositamente per fare in modo che Abbiss potesse sentire la scaletta dell'LP. Non ci fu pre-produzione, a detta di Abbiss i brani erano già costruiti per funzionare. Se ascoltiamo Five Minutes With Arctic Monkeys possiamo notare come i due brani contenuti in esso siano molto rassomiglianti alle versioni in Whatever People Say I Am, That's I'm Not (da qui in poi Whatever).
https://www.youtube.com/watch?v=uJOPEKhQQr4
Due giorni dopo quel live entrarono al Chapel Studio, a poco più di un'ora da Sheffield, la città natale degli Artic Monkeys. La scelta logistica, intesa in senso geografico, influì non poco sullo stato psicologico della band: la principale preoccupazione di Turner e soci era di essere snaturati da una produzione esagerata, o comunque non “indie”. Il fatto di registrare in uno studio “locale” tranquillizzò molto gli Arctic Monkeys.
Whatever è registrato quasi completamente in presa diretta, ad esclusione delle voci, con tutti i musicisti nella stessa stanza. Gli ampli di basso e chitarra furono posizionati in dei booth. Il basso, un Fender Precision, fu amplificato con un Ampeg Portaflex B15, microfonato con un MD421 e con un Sub Kick. Ma il cuore del suono di “Whatever People Say I Am, That's What I'm Not” sono le chitarre: Alex Turner ha utilizzato la sua Fender Stratocaster Standard, amplificata da un Orange AD30, con il contributo di due Pro Co Rat 2 in catena. Jamie Cooks, invece, ha utilizzato una Telecaster 62' Reissue, amplificata da un combo Hiwatt Custom 50 Watt, di cui è stato sfruttato molto il riverbero a molla. Nella sua pedalboard si trovavano un T.Rex Dr Swamp e un MXR M-104: due distorsori. La batteria vede una ripresa abbastanza tradizionale, con il plus di un AKG 451b posto a lato del rullante abbondantemente compresso con un 1176.
Il disco è stato registrato quasi completamente con i pre dell'Amek 2500 presente al Chapel, molto apprezzato da Abbiss per la sua semplicità d'uso, e per la timbrica non esageratamente caratterizzante. Tutta la registrazione è avvenuta su Pro Tools, per motivi di velocità operativa. A parte le voci, sono davvero pochissimi gli overdub su Whatever.
Completato il tracking, non senza qualche difficoltà, soprattutto per quello che riguarda le voci data la pressione dell'industria discografica per quel disco, entrò in gioco il mixing engineer Simon Barnicott. Il disco fu mixato in un giorno su un banco EMI TG-1 a 16 canali. Gli unici effetti presenti sono un Plate Reverb mono e un Delay a nastro Echoplex. Tutte le automazioni furono eseguite live, durante la stampa dei mix, con Abbiss che muoveva i fader della parte sinistra del banco e Barny che gestiva la parte a destra. Whatever divenne il fastest-seller records in Gran Bretagna, vendendo 364.000 copie nella prima settimana di uscita, rubando il record agli Oasis.
https://www.youtube.com/watch?v=RW1HXD-CLE0
Dopo meno di un anno dall'uscita di Whatever, gli Arctic Monkeys tornarono in studio, per registrare Favourite Worst Nightmare. Questa volta al Miloco Garden a Londra, con i produttori della Domino James Ford e Mike Crossey. Le modalità di produzione non cambiarono molto rispetto al disco precedente, sembra quasi che Abbiss sia servito a trovare la strada giusta, battuta in seguito anche per questo disco. La presa diretta è testimoniata anche dal fatto che, se ascoltiamo con attenzione, alla fine di quasi ogni brano è possibile udire dei rientri di click durante i fade out. Il sound, nonostante a livello artistico sia più potente, a livello tecnico diventa più raffinato e definito.
Alex Turner in questo disco usò soprattutto una Fender Bronco (un modello “per studenti” della Mustang, fabbricato negli anni '60, con un solo pick-up al ponte), mentre Jamie Cooks una 335 vintage. Il suono complessivo rimase tutto sommato fedele al disco precedente, la principale innovazione, a livello di produzione, fu la voce di Alex Turner. La voce satura che troviamo in questo lavoro si è affermata nella memoria collettiva come “la voce degli Arctic Monkeys”, nonostante sia l'unico disco in cui è trattata in questo modo. Non si tratta di un registratore a nastro, né di un preamplificatore molto spinto: la distorsione è generata dall'Echo Farm, plug-in firmato Avid in collaborazione con Line 6. Anche Favourite Worst Nightmare esordì al primo posto della classifica vendite britannica, ma non fu in grado di bissare il successo di Whatever.
https://www.youtube.com/watch?v=1GmvSIUp5Zk
Un anno dopo Le Scimmie tornarono in studio, questa volta per segnare una vera e propria svolta nel loro sound. Per guidare questo cambio di rotta venne assoldato Josh Homme in veste di produttore.
«Passerò alla storia come quello che ha fatto rallentare gli Arctic Monkeys»
Josh Homme, SOS Febbraio 2010, “Josh Homme, Producing Arctic Monkeys”
Prima di iniziare le sessioni di registrazione del nuovo lavoro, Humbug, la band aveva in mano una decina di demo per i nuovi brani, privi però di una chiara veste sonora. Inoltre è interessante ricordare che Alex Turner perse il suo quaderno con i testi subito prima di entrare in studio, rimettendo in discussione tutta la parte lirica del nuovo album. In questo lavoro non ci sono chitarre acide e distorte, non ci sono i fitti e veloci pattern di batteria a cui Matt Helder aveva abituato i fan. Le nuove influenze erano Hendrix, i Cream, i Beatles.
La band sentì il bisogno di uscire dalla sua confort-zone, di mettersi completamente in discussione. L'impronta di Homme sul disco è percettibile fin dal primo ascolto, anche per il fatto che fu registrato in uno studio molto caro al leader dei QOTSA: il Rancho De La Luna. Posto in mezzo al deserto californiano era gestito dal fonico e produttore Alain Johannes, che ha curato molti progetti di Homme. Lo studio era una casa (abitata dal chitarrista live degli Eagles Of Death Metal), in cui non c'era particolare trattamento acustico.
Per integrare l'insolito equipment (un banco Soundcraft e un registratore a bobine Fostex da 16 piste), Josh Homme portò con se alcuni preamplificatori e compressori, ma soprattutto gli Eventide 2016 e H8000FW. La modalità di stesura dei brani fu simile a quella che adottarono i Beatles per Sgt. Pepper: qualche take in presa diretta per avere la struttura del brano, poi sperimentazione e costruzione di layer musicali, e in fine massima cura per l'inserimento di piccoli dettagli quasi randomici all'interno di ogni brano, fortemente supportata da Josh Homme.
La batteria utilizzata è una Ludwig del 1971, con rullante Ludwig 402. Ogni brano è stato completato prima di passare al seguente, questo permise a Johannes di plasmare in modo adeguato il sound di ogni canzone. Egli afferma che i microfoni per la batteria sono stati cambiati in ogni brano, eccezion fatta per il microfono stereo Rode NT4, utilizzato come ambiente stereo. Una grande differenza rispetto ai lavori precedenti fu l'inserimento di strumenti nuovi per la band: vecchi synth (Optigans, Crumars) e organi casalinghi (quelli che le famiglie metodiste utilizzavano per pregare in casa negli anni '50), xilofoni, glockspiele, chitarre acustiche. Anche il basso e le chitarre elettriche cambiano completamente il loro set up: Nick O'Malley passa al basso Hollow Body Yamaha SA-70. I mezzi di amplificazione sono diversi: il più peculiare è quello utilizzato nel brano Crying Lightning, un registratore a bobine Webcor, dotato di speaker, utilizzato come amplificatore. Alex passa alla Jazzmaster, e nella sua pedal board troviamo un Cornell First Fuzz (clone del Dunlop Fuzz Face), un Ibanez Tube Screamer 808, e un Delay Boss DM-1. Jamie Cook invece utilizza la sua 335, e inserisce nella sua catena uno Space Echo Roland.
Interessante l'approccio alla registrazione della voce: Johannes usa solitamente due o tre microfoni, per poter poi decidere che colore dare a seconda della parte del brano in cui ci si trova. Per la voce di Alex ha utilizzato un Neumann TLM149, un Sontronics Sigma, «un vecchio microfono Sony» (non meglio definito), e un «vecchio microfono Fender» per le parti più distorte.
https://www.youtube.com/watch?v=Z5vZovv8cPk
Questo è anche l'album in cui Turner passa dal suo stile canoro nervoso e quasi rap a uno più impostato, che la critica ha accostato a Morrissey. Ciò è stato fortemente voluto da Josh Homme. Le sessioni per Humbug furono concluse poi al Pink Duck Studio, di proprietà di Homme, a Los Angeles, e al Mission Sound di New York. Queste ultime videro James Ford alla produzione, ma Alain Johannes presenziò in veste di sound engineer, per mantenere un sound coeso all'interno del disco.
Humbug è stato poi mixato da Rich Costey (Foo Fighters, Muse, Franz Ferdinand), che ha conservato la direzione sonora scelta in fase di recording: tutto era stato registrato con gli effetti necessari, in modo da conferire da subito una timbrica e un mood ben definiti. Uscito il 19 Agosto del 2009, il disco esordì al primo posto della classifica UK e, nonostante i fan fossero divisi, rappresentò un retroterra importante per i lavori successivi della band. Durante il 2010 la band lavorò ai nuovi brani che andarono a fare parte di Suck It And See.
Forse un po' scossi dal brusco cambiamento e dalla ambigua risposta del pubblico a Humbug, Le Scimmie tornarono a passare molto tempo in sala prove, in modo da minimizzare il lavoro di produzione e overdub in studio. Tornando quindi al loro workflow collaudato, richiamarono James Ford alla produzione. L'obiettivo era scrivere un album completamente riproducibile dal vivo, quindi la band e il producer si chiusero in sala prove per una pre-produzione durata sei settimane. Prima di natale 2010 avevano le versioni definitive dei brani registrate con uno Zoom. Lo studio selezionato per la produzione fu il famoso Sound City. Soprattutto per un motivo di “vibrazioni” che lo studio emanava.
Sound City, noto soprattutto per le sue produzioni degli anni '60 e '70, aveva sostanzialmente mantenuto inalterato il suo setup, tanto da non possedere un sistema Pro Tools. Suck It And See è stato registrato con il banco Neve 8028 costruito appositamente per Sound City, su un registratore a nastro Studer A800 Mark II a 24 piste. Tutti i brani sono stati registrati in presa diretta, ad eccezione delle voci. Il lavoro è stato portato avanti completando un brano al giorno.
Per la batteria viene scelta una Ludwig, con un setup microfonico minimale: una Glyn Jones fatta con due Coles 4038, U47 per la cassa, un SM57 per il rullante e dei Josephson E22 per i tom. Nick O'Malley tornò al Precision, amplificato da un Ampeg SVT, senza alcun tipo di pedale. Per le parti in cui era necessario più carattere, veniva semplicemente alzato molto il gain della testata. Alex Turner riprese in mano la Bronco (che purtroppo gli verrà rubata di lì a pochi mesi), bi-ampata con un Selmer Zodiac e un Magnatone degli anni sessanta. Jamie Cook utilizzò invece due ampli custom: un Audio Kitchen Big Chopper e un Rosewell Bluesman. Tutti i suoni Fuzz che caratterizzano Suck It And See furono realizzati con un Coopersonic Valve Slapper.
A detta del produttore, la parte più complicata del lavoro fu quella di tenere alto l'entusiasmo dati i ritmi di lavoro sfiancanti. Per ogni brano venivano effettuate tre take, dalle quali era poi scelta la migliore. Nessun brano è stato editato! Gli overdubs consistettero soprattutto in doppiaggi di parti di chitarra (a volte tenendo gli amplificatori nella live room più grande con un microfonaggio a distanza) e in alcune aggiunte di percussioni.
Un disco quasi all'insegna degli elementi custom, tanto che anche il microfono utilizzato per la voce è artigianale: un Bock 251. Un'altra innovazione di Suck it and See è l'abbondante utilizzo di armonie vocali, quasi tutte realizzate dal batterista Matt Helders. Alle volte le voci furono registrate contemporaneamente (a-là Queen) con Matt e Alex intorno allo stesso microfono.
https://www.youtube.com/watch?v=TlYJKfunfC0
Craig Silvery (già noto per il suo lavoro con gli Arcade Fire) fu ingaggiato per mixare le Sound City Sessions degli Arctic Monkeys. Anche il mix è stato realizzato completamente in analogico, su un banco Neve 8088, ed ha puntato a enfatizzare la sensazione di spazio che la band e il producer cercavano.
In cinque settimane il disco era finito. Uscito a giugno 2011, sbalzò Lady Gaga dal primo posto della classifica britannica, e venne ben accolto da critica e pubblico, eccezion fatta per la copertina: non solo in America il titolo (parodia dello slogan Fishermann «Suck'Em And See» ovvero «Assaggiale e Vedrai») fu censurato con un adesivo sulla copertina in quanto ritenuto volgare, in più venne anche nominata dal portale NME come una delle copertine più brutte della storia.
Si arriva così alla fine dell'avventura discografica degli Arctic Monkeys con l'album della maturità AM. La genesi di questo album è avvenuta su un registratore a cassette 4 piste. Dopo aver registrato le idee per i nuovi brani nell'appartamento di Alex Turner, la band si è trasferita per sei mesi al Sage & Sound di Los Angeles, per arrangiare e sperimentare. Questa volta gli Arctic Monkeys cercarono di avvicinarsi a un sound quasi hip hop, con una cura per le parti vocali che strizza l'occhio all'R'n'B. Non a caso sono stati chiamati due produttori avvezzi alla musica elettronica per curare le registrazioni di AM: l’ormai garanzia James Ford, e Ross Orton. Buona parte delle sessioni di tracking si tennero nuovamente al Rancho De La Luna. Le Scimmie si sentivano ormai a loro agio nel ruolo di studio-band (quindi nel costruire un disco in studio), ma allo stesso tempo mantennero la volontà di non inserire nulla che non potessero poi riproporre dal vivo.
Il sound delle batterie cambiò completamente rispetto ai dischi precedenti, e questo è dovuto a svariati fattori: alcuni brani sono stati suonati per layer, prima solo il groove di cassa, poi il rullante, poi l'hi-hat. Ci sono parti in cui la grancassa viene suonata con le bacchette, ci sono suoni di rullante ottenuti sovrapponendo diversi rullanti e suoni organici. Ci sono drum-machine re-ampate e registrate a grande distanza con microfoni economici. L'obbiettivo era di ottenere un sound simile ai beat di Dr. Dre, senza però voler cadere in un disco rap-rock. Anche l'utilizzo del layering sulle percussioni (quasi tutte registrate con un Coles 4038) ha contribuito molto alla resa di una batteria acustica ma dal sapore elettronico. Senz'altro, nell'ottenimento di questo suono hip hop dal colore analogico, ha contribuito la tecnica utilizzata dal mixing engineer Tchad Blake: cassa, rullante e tom subiscono una compressione parallela distorta da un Sans-Amp Classic. Il basso (quando possibile registrato live insieme alla batteria) fu sempre un Precision, amplificato da un Ampeg Portaflex. Turner e Cooks passarono a Gibson, il primo a una Les Paul, il secondo alla SG. Oltre al Selmer e al Magnatone, il principale responsabile del sound delle chitarre di questo disco fu un esoterico ampli Rickembacker, il cui pannello frontale presenta esclusivamente due input, senza alcun potenziometro. La band ha dichiarato che questo piccolo combo di colore nero stava per dare il nome all'album, che infatti stava per essere intitolato The New Black. Tutte le parti che sembrano suonate con un EBow, sono in realtà suonate con una bubble-head di Paperino, la cui testa dondolante sbatteva contro le corde della chitarra. Le voci sono state registrate con un Neumann U67 preamplificato da un clone Neve 1073 BAE, compresso poi da un UA 1176 o da un Distressor. La produzione, per quanto riguarda le voci, fu molto minuziosa, tanto che Helders in un'intervista dichiara che se la band che ha registrato Whatever avesse visto cosa sarebbe successo per AM, probabilmente avrebbe smesso di suonare prima di arrivare a quel punto.
Turner non nasconde di aver fatto abbondante uso di compo: erano alla ricerca di performance perfette, si trovarono dunque a selezionare anche sillaba per sillaba. Tutte le parti furono doppiate in falsetto da Turner, in più furono aggiunte varie armonizzazioni, sempre in falsetto, da Matt Helders. Nick O'Malley ha invece garantito tutti i doppiaggi all'ottava inferiore, dato il suo caldo registro baritono già dimostrato in Suck It And See. A livello lirico è quasi considerabile un break-up album: nel 2010 Turner si è separato dalla sua compagna, alla quale era legato da molto tempo. Buona parte del disco allude alla fine di questa relazione, fra l'altro uno degli argomenti più graditi alla stampa gossip britannica. La produzione di questo album richiese in totale 10 mesi, in cui gli Arctic Monkeys reinventarono loro stessi. Un workflow di tipo Beatles-iano, con la sovrincisione su un nastro a quattro piste, l'attenta analisi delle idee, la ricerca di groove solidi e ammiccanti all'hip hop, l'abilità canora di Turner che ancora una volta si sviluppa in qualcosa di molto diverso dai lavori precedenti.
https://www.youtube.com/watch?v=bpOSxM0rNPM
AM fu l'unico disco che riuscì a bissare il successo di Whatever, e fu l'album che affermò definitivamente la band negli USA, raggiungendo il sesto posto nella classifica Billbord Hot 100. In Inghilterra vendette 157000 copie nella prima settimana di uscita, diventando il secondo disco venduto più velocemente di quell'anno, dopo Random Access Memory dei Daft Punk.
Alla fine del tour di AM la band annunciò il suo scioglimento. La storia discografica degli Arctic Monkeys è particolare: poche band hanno saputo reinventarsi di album in album come hanno fatto loro. I primi due dischi sono sicuramente figli dello stesso approccio garage-punk, live; con Humbug si sono scoperti studio-band, con buona parte della composizione e dell'arrangiamento decisi in studio, per poi fare un passo indietro con Suck It And See, fino a miscelare con raffinatezza tutta la loro esperienza di produzione in AM. La loro genialità non consiste tanto nel fatto di essersi evoluti, ma di averlo fatto risultando sempre credibili e mai pretenziosi. Altre band hanno provato a cambiare suono con risultati scadenti, altre (per citare l'antonomasia: gli AC/DC) hanno preferito rimanere fedeli alla formula originale sicuri di poter garantire uno standard non deludente. Le Scimmie si sono sempre fatte spingere dalle loro influenze musicali, sapendo sempre bene in che tipo di ambito stavano andando a sperimentare.
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