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L’album della settimana: Californication, l’album definitivo dei Red Hot Chili Peppers

L’album (o la canzone, dipende dall’umore del momento) della settimana è una rubrica fissa in cui proponiamo un disco oppure un singolo brano in particolare, approfondendo un minimo la sua storia, la sua importanza e – perché no, siamo qui apposta – la sua bellezza. Può trattarsi di opere estremamente recenti oppure molto, molto vecchie (al punto da poter essere definite “antiche”, talvolta): per noi non fa alcuna differenza, ciò a cui teniamo veramente è dare sempre risalto alla buona musica.


È l’estate del 1998. A casa di Anthony Kiedis, frontman e cantante dei Red Hot Chili Peppers, è seduto John Frusciante con in braccio una chitarra: insieme, i due stanno componendo nuove canzoni e parlando di come fare a scrivere le tracce del prossimo disco del gruppo. Non capitava dal 1992. John è infatti appena rientrato nel gruppo e la chimica della band è riesplosa, a livello creativo; con tutti i tentativi di rimpiazzo del chitarrista non aveva funzionato così bene. Anzi, non aveva funzionato affatto. Il cantante racconterà così il suo rapporto artistico con il chitarrista: «Sono talmente innamorato del suo modo di suonare, della sua energia e di tutto ciò che lo riguarda. La chimica che scatta quando siamo insieme… Devo pizzicarmi per rendermi conto che non sono addormentato perché significa tantissimo per me e mi sento talmente bene che è come se aspettassi qualcuno che venga e dica “È tutto uno scherzo!”».

Dagli scambi continui tra Frusciante e Kiedis sta nascendo qualcosa di nuovo, qualcosa che ancora non ha nome ma fa già scintille. Il processo creativo funziona così: Anthony e John mettono insieme la prima, grezza traccia di una canzone e la portano in sala prove dove, dopo ripetute jam session con Flea e Chad – la sezione ritmica della band – il pezzo prende la sua forma definitiva. Qualche volta, il magma creativo e caotico rimane anche nel risultato finale, altre volte invece riprende una struttura più solida: normalmente, i pezzi più energici sono quelli che conservano di più dalle fasi di jammmin’ mentre le ballad o le canzoni più introspettive tendono a richiedere una struttura maggiormente riconoscibile. In ogni caso, suonare, suonare insieme, suonare sempre e comunque è alla base dello stile dei Red Hot fin dai loro esordi: le jam session collettive sono il principale motore del gruppo, quando si tratta di comporre nuovo materiale. E il materiale che viene sviluppato in quell’estate ha qualcosa di speciale, i membri della band lo capiscono immediatamente.

Tra Natale del ’98 e i primi mesi del ’99, il gruppo si ritrova in studio per incidere quanto prodotto fin lì. Il risultato finale è Californication: un bell’album corposo da quindici tracce per quasi un’ora di durata totale. I pezzi sono tutti diversi tra loro ma, allo stesso tempo, tutti clamorosamente in stile Red Hot Chili Peppers: alcuni mettono in mostra le inevitabili radici funk/crossover, altri sono ballate rock più lente e sognanti, altri ancora introducono elementi psichedelici. Un elemento costante sono le aperture melodiche di Kiedis che, nelle parti vocali, inserisce sempre il suo stile molto personale e riconoscibile. Di fatto, a livello sonoro, il disco è un seguito di Blood, Sugar, Sex, Magik del 1991 più che di One Hot Minute: del resto, Frusciante è presente in Californication e in Blood, Sugar mentre è assente dall’album del 1995. Il nuovo nato è estremamente figlio del suo stile compositivo e della sperimentazione fatta durante gli anni da solista, mentre gli elementi portati in dote alla band da Dave Navarro durante il suo breve interregno non hanno lasciato molte tracce. Alla produzione torna il leggendario Rick Rubin, già dietro al mixer nei due precedenti LP. Inizialmente, la band ha provato a chiedere a David Bowie di produrre Californication ma, dopo il rifiuto della rockstar inglese, ha deciso di proseguire con Rubin, che i membri già conoscevano e sapevano che avrebbe garantito loro la massima libertà creativa.

Il primo dei sei singoli estratti dall’album è Scar Tissue, che fa subito il botto, dal punto di vista commerciale. Sul brano, Frusciante dirà: «È un esempio di tecnica molto semplice ma credo che sia fatto in uno stile che mi rispecchia». Il chitarrista racconta che la canzone nasce dall’accostamento iniziale di due note che considerava “lontane” ma che trova anche che stiano bene insieme; di fatto, è uno dei brani più intimisti e introspettivi di tutto il disco anche se, più che cupezza, ha una vena di dolce malinconia. Il pezzo funziona bene anche come traino perché contribuisce in maniera decisiva a spingere le prime vendite del disco intero, che esce un paio di settimane dopo.

A settembre del 1999 esce come secondo estratto Around The World, che ripropone un funk furioso. Curiosamente, il pezzo è stato completato ad appena quarantotto ore di distanza dal termine ultimo per concludere le sessioni di registrazione: solo la fortissima volontà di Anthony Kiedis di finirlo ha fatto sì che venisse completato. Il bridge finale è la sezione che ha dato più problemi di composizione a Frusciante che, come ha raccontato lui stesso, è riuscito a cavarsela prendendo ispirazione da un lavoro dei Cure dei primi anni 80, Carnage Visors. Il risultato finale è però talmente buono che, oltre a diventare il secondo singolo, si conquista anche il posto di prima traccia del disco. Dopodiché è il turno di Otherside, brano cupo, enigmatico e in qualche modo irrisolto, dedicato – tra le altre cose – alla memoria di Hillel Slovak, primo chitarrista della band. Il videoclip di Otherside è ancora oggi uno dei più belli mai girati dai Red Hot, grazie al suo gioco citazionistico del cinema espressionista tedesco del primo 900.

Gli ultimi tre singoli sono Californication, Road Trippin’ e Parallel Universe. Californication, la traccia che dà il titolo al disco, è il quarto singolo a uscire, nel maggio del 2000. Riprende le stesse atmosfere sonore di Scar Tissue e Otherside, per certi versi: è una canzone malinconica e riflessiva, che rappresenta un po’ la summa della poetica che Kiedis ha voluto inserire nei testi del disco. Il cantante ha infatti detto che tutti i brani sono in parte ispirati dagli «stravolgimenti personali e professionali» attraverso cui sono passati i singoli membri del gruppo ma sono anche le storie di «anime vaganti che hanno perso la strada mentre cercavano di raggiungere il loro sogno americano in California». La terza e ultima matrice dei testi sono le riflessioni di Kiedis sulla natura dell’amore e sulle sue varie sfaccettature, spesso ispirategli dalla sua relazione dell’epoca con una fashion designer di New York (proprio Kiedis ha citato This Velvet Glove come brano più esplicito, al riguardo).

Road Trippin’ è un pezzo dalle forti radici folk e blues, molto rappresentativo delle influenze “storiche” di Frusciante e del suo percorso individuale tra Blood, Sugar, Sex, Magik e Californication ma anche dell’eclettismo di tutta la band, che la incide in maniera acustica, senza batteria e con il supporto di archi aggiuntivi. Parallel Universe, ultimo estratto nel marzo 2001, a quasi due anni di distanza dalla pubblicazione dell’album, è invece un classicissimo brano in stile Red Hot Chili Peppers, energico e vibrante, capace di alternare strofe di fronte impronta melodica a ritornelli intensi e aggressivi.

A parte i singoli, tra i vari pezzi contenuti in Californication meritano una menzione le suggestioni ancora una volta funk di Get on Top, ispirato a Frusciante dall’ascolto dei Public Enemy, la struggente Porcelain, che Kiedis scrive ispirandosi alla lotta di una giovane mamma per liberarsi dalla tossicodipendenza, e Savior, che di nuovo Frusciante ha raccontato di aver composto traendo spunto dallo stile di Eric Clapton quando suonava nei Cream. Infine, I Like Dirt, Purple Stain e Right on Time sono tutti esempi di come i Red Hot padroneggino in maniera unica il funk rock, che rimane la loro comfort zone e la loro radice primaria.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

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