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La canzone della settimana: Ain’t No Other Man, il “ritorno alle origini” di Christina Aguilera

La canzone (o l’album, dipende dall’umore del momento) della settimana è una rubrica fissa in cui proponiamo un disco oppure un singolo brano in particolare, approfondendo un minimo la sua storia, la sua importanza e – perché no, siamo qui apposta – la sua bellezza. Può trattarsi di opere estremamente recenti oppure molto, molto vecchie (al punto da poter essere definite “antiche”, talvolta): per noi non fa alcuna differenza, ciò a cui teniamo veramente è dare sempre risalto alla buona musica.


 Una settimana fa si parlava di Britney Spears, su queste frequenze. Perché allora non estrarre dal cilindro delle possibilità la sua “rivale” storica Christina Aguilera? Se nell’articolo su Brits citavamo il suo esordio, …Baby One More Time, per Christina è più interessante parlare di un brano che ha interpretato in un punto più avanzato della sua carriera, ossia Ain't No Other Man.

Primo estratto dall’album del 2006 Back To Basics, Ain't No Other Man segna un profondo spartiacque nel percorso artistico della Aguilera. Che, nonostante abbia solo venticinque anni e mezzo al momento della pubblicazione, ha già alle spalle altri quattro dischi, una carriera musicale di quasi otto anni e un’immagine pubblica addirittura dai primi anni 90 in quanto, esattamente come la Spears, aveva fatto parte del cast del Mickey Mouse Show. In particolare, la cantautrice newyorkese è reduce dalla folgorante esperienza di Stripped, l’album del 2002 grazie a cui si è liberata dall’immagine di idolo pop cucitale addosso all’inizio della sua avventura da cantante e che è stato un successo mondiale di proporzioni notevolissime. Oltre a vendere parecchio, il disco è anche stato molto longevo, concludendo il suo “ciclo vitale” a 2004 inoltrato dopo l’estrazione di ben cinque singoli.

Per “staccare” nettamente dalla sua immagine d’esordio, da classica ragazza della porta accanto in stile bubblegum pop, come dicono gli americani, la Aguilera ha creato anche un suo alter ego da palcoscenico per accompagnare Stripped: Xtina. Un po’ in stile David Bowie e prendendo sicuramente spunto anche dalla storia artistica di Madonna, Christina propone una versione “selvaggia” di sé, disinibita, libera di dire e fare quel che vuole, con un look aggressivo e una sensualità sfacciata. Questa premessa è necessaria per capire fino in fondo Back To Basics, che arriva a due anni di distanza dalla fine del periodo di Xtina e dopo una lunga fase di silenzio discografico della cantante. La Aguilera ha potuto mettere a fuoco per bene ciò che desidera fare per dare un seguito a Stripped e se ne esce con un album dalle sonorità imprevedibili, oltre a una nuova stage persona che manda in soffitta Xtina.

La nuova direzione artistica della Aguilera è ancora una volta di rottura: dopo l’estrema contemporaneità dell’immagine di Stripped e lo studiatissimo taglio pop/r’n’b delle sue canzoni, altrettanto contemporaneo, la nuova Christina è inaspettatamente vintage. Il suo nuovo alter ego è Baby Jane, una sintesi del concetto classico di diva hollywoodiana, modellata su Marylin Monroe, Marlene Dietrich e Mary Pickford. Un look rétro ispirato all’epoca d’oro del cinema e che pesca a piene mani pure dal mondo dell’intrattenimento della prima metà del Novecento, recuperando lo stile di quello che chiameremmo teatro di rivista, delle pin-up e naturalmente il burlesque. È una scelta che spiazza pensando al recente passato della Aguilera ma che in realtà cavalca una tendenza che stava prendendo piede in quegli anni: il nome di Amy Winehouse e il suo stile musicale circolano ormai da tempo e a metà anni 2000 sta diventando molto di moda il recupero degli anni 50, tanto a livello di immagine, quanto in musica.

Dal punto di vista musicale, Back To Basics ripropone letteralmente un ritorno alle origini come da titolo, con un fortissimo recupero delle influenze jazz, soul e funk della cantante. Se il mood un po’ classico di tutta l’operazione è in linea con i tempi e le tendenze globali, lo stile musicale con cui la Aguilera propone la sua versione della musica della prima metà del Novecento è invece ben più personale e unico. Di fatto, siamo di fronte a un disco dalle sonorità che appaiono estremamente vintage e che, come ha spiegato la stessa Christina, propone brani che potrebbero tranquillamente essere stati scritti tra il 1930 e il 1950 a cui viene aggiunto, citando l’artista: «Un tocco moderno» dato dalla produzione e dall’inserimento qui e là di qualche suggestione contemporanea. Di fatto, è un’opera profondamente moderna che pesca da più bacini diversi, proponendo un melange caratteristico, “travestita” da grande classico. E naturalmente fa il botto.

Ain’t No Other Man è un manifesto di tutto l’album, in questo senso: l’ossatura del pezzo è essenzialmente un funk anni 40/50 mescolato a una traccia melodica della voce che prende tantissimo dal soul (Aretha Franklin e dintorni, solo per citare il riferimento più ovvio e più noto), senza però dimenticare di far sentire qua e là uno skretch estremamente hip hop che fa molto anni 90. Protagonista assoluta della canzone è peraltro la debordante vocalità di Christina: la sua estensione, il suo controllo totale, la sua espressività donano al brano tutta la personalità di cui ha bisogno. Il gioco del call and response del ritornello in cui i vocalizzi improvvisati della Aguilera seguono la struttura più rigida sono un grande classico della produzione musicale della cantante, che ama variare sul tema al punto che sono proprio le sue variazioni a prendersi tutta la luce dei riflettori e diventare esse stesse il tema.

L’arrangiamento, del resto, funziona perfettamente. Detto dei suoni più contemporanei, l’uso dei fiati in stile jazz anni 30/40 e del basso funk anni 70 sono ottimi per generare il sentimento rétro del brano, che a primo impatto sembra uscire da una di quelle vecchissime (e bellissime) radio a manopole che si immaginano al centro di un soggiorno di un film della vecchia Hollywood. Il tutto con un approccio generale da produzione hip hop anni 2000 di altissimo profilo e con quella qualità sonora.

Se le sfumature più cupe e blues figlie di quell’epoca avevano trovato un’interprete in grado di rilanciarle come Amy Winehouse, l’aspetto più giocoso, leggero e smaccatamente pop di quello stesso clima musicale trova in Christina Aguilera il proprio alfiere mainstream, in grado di sdoganare quelle sonorità classiche presso un pubblico ampissimo e anche molto giovane. Non a caso, Back To Basics vende oltre tre milioni e mezzo di copie in tutto il mondo e certifica il trend del recupero dell’estetica anni 50 (e del primo 900) in tutto il mondo.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

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