La gestione del copyright in Italia e UK: Siae vs. PRS for Music
La Società Italiana degli Autori ed Editori, nata a Milano nel 1882 su sollecitazione di uomini di cultura come Verdi e Carducci, gode di uno status di monopolio legale che le è riconosciuto dalla legge sul diritto d'autore (legge n. 633 del 1941). Tale esclusività, per quanto periodicamente messa in discussione, non è mai stata abrogata.
In questo caso il regime di monopolio non è una prerogativa solo italiana: anche in Olanda, Danimarca e Svizzera le collecting societies godono della stessa posizione privilegiata della Siae secondo le rispettive legislazioni nazionali. Invece in altri paesi, come la Gran Bretagna, la preminenza di una società sulle altre avviene in un contesto di libero mercato.
La PRS for Music, collega britannica della Siae, esercita infatti una sorta di monopolio de facto, ma ciò non esclude la possibilità che altre società concorrenti si inseriscano nel mercato. La società inglese, inoltre, registra un tasso di efficienza nettamente superiore a quello della sua omologa italiana.
La più recente ricerca sull'argomento è stata condotta dall'Istituto Bruno Leoni nel 2010 e si basa su dati risalenti al 2008, ma è legittimo supporre che la situazione non sia cambiata di molto.
La PRS for Music conta circa 60mila iscritti e attraverso la vendita di licenze nel 2008 ha raccolto 608 milioni di sterline (620 milioni di euro secondo il cambio di allora). Nello stesso periodo la Siae (che conta 85mila iscritti) ha incassato dall'area Musica 475 milioni di euro, parte dei quali derivanti dall'equo compenso per copia privata, che non è previsto nel Regno Unito. Tuttavia ha speso 72 milioni per costi di gestione: circa il 15% dei ricavi, contro il 12% sostenuto dalla PRS for Music. Escludendo le entrate provenienti dall'equo compenso questo tasso salirebbe al 16,8%. Se la Siae avesse mantenuto la stessa percentuale di spese della PRS, avrebbe avuto 14 milioni di euro in più da ripartire fra gli autori.
La PRS richiede una registration fee di 10 sterline, mentre la Siae chiede 128,52 euro di registrazione più 89,70 euro di quota annuale. Cifre che possono scoraggiare chi non svolge l'attività creativa come occupazione principale.
Un club londinese che organizza una serata a cui partecipano 500 persone dovrebbe corrispondere alle società di intermediazione 105 sterline (120 euro). In Italia la stessa serata, supponendo che ogni cliente spenda mediamente 20 euro fra ingresso e consumazioni, costerebbe al locale 1000 euro da versare alla Siae, nove volte tanto.