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La storia della musica in pillole: la misteriosa storia di Robert Johnson

«La storia della musica in pillole» è una rubrica fissa in cui ripercorriamo, in una tappa per volta, un momento, un genere, un periodo, un movimento musicale che ha segnato l’evoluzione del pentagramma (e delle nostre vite, in fondo). Senza pretese di esaustività, senza ambizioni accademiche esagerate, questi nostri articoli intendono essere agili Bignami da cui ricavare qualche indizio d’ascolto o un minimo di curiosità per scoprire – o riscoprire – le tantissime sfumature musicali che hanno attraversato il globo dalle origini a oggi.


Robert Johnson è indiscutibilmente uno dei padri fondatori del blues. È autore di tantissimi standard, ossia quei brani che costituiscono di fatto le basi del genere riassunte in singole canzoni e che sono stati reinterpretati da una quantità enorme di artisti diversi. Tra questi pezzi, val la pena citare: Travelling Riverside Blues, Stop Breakin' Down Blues, Love in Vain, Cross Roads Blues, Preaching Blues, Me and The Devil Blues e Sweet Home Chicago che, grazie alla versione dei Blues Brothers, è probabilmente il suo brano più noto, oggi. Nonostante la sua importanza enorme per quanto riguarda la musica blues – e di conseguenza quella rock e quella pop, per non parlare di quella soul – il paradosso è che di Robert Johnson non sappiamo praticamente niente.

Figura leggendaria ammantata da un velo impenetrabile di mistero, di Robert Johnson si sa a malapena quando è nato e quando è morto, senza peraltro essere matematicamente sicuri né di un dato, né dell’altro. Per dare un’idea dell’incertezza generale che ne circonda la figura, Johnson ha finito i suoi giorni nella città di Greenwood, Mississippi, e lì ci sono ben tre lapidi funerarie in altrettanti punti diversi: non si sa sotto quale di questi monumenti riposino davvero le spoglie mortali del musicista e non mancano nemmeno studi che ipotizzano altri luoghi ancora come sue reali tombe. Scomparso molto giovane, intorno ai ventisette anni, il bluesman era originario dello stato del Mississippi, nella zona del delta del fiume, un luogo così fertile per la musica blues che ha dato origine a una sua variante particolare che ancora oggi definiamo delta blues.

La biografia del bluesman è densa di aneddoti che oscillano tra il fantastico e l’esoterico, di cui quello più celebre è quello relativo al “patto col diavolo”: in seguito alla morte della moglie, Johnson sarebbe sparito per un anno intero per poi riapparire in possesso di una tecnica chitarristica sopraffina, estremamente migliore delle suonate rudimentali che i suoi concittadini ricordavano. Secondo il mito, Robert avrebbe imparato direttamente dal demonio come suonare la chitarra in maniera eccelsa, presumibilmente in cambio della propria anima. In base ai racconti, questo scambio occulto sarebbe avvenuto in un cimitero, di notte, oppure al crocicchio tra due squadre (crossroad, in inglese).

Sebbene sia parte integrante da sempre della leggenda di Johnson e lui stesso abbia cercato di alimentare queste dicerie inserendo riferimenti espliciti al diavolo nei propri testi, la compravendita satanica dell’anima in cambio della capacità di suonare e cantare perfettamente non è un’esclusiva di Robert Johnson: un altro bluesman, di nome Tommy Johnson e più o meno contemporaneo di Robert, giocava e incoraggiava questa versione dei fatti. Inoltre, gli incroci di strade sono da sempre un luogo considerato potenzialmente mistico, nel folklore delle zone più rurali degli States e, in generale, spesso e volentieri i musicisti erano considerati in qualche modo connessi con il diavolo, presso il sud degli Stati Uniti (e non solo nelle comunità afroamericane).

Recenti studi condotti dallo studioso Bruce Conforth hanno proposto come spiegazione per la sinistra leggenda il fatto che Johnson e il suo maestro di chitarra, Ike Zimmerman, si esercitassero di notte nei cimiteri, per non essere disturbati da nessuno e godere del silenzio che ovviamente regnava da quelle parti. Da qui alla presunzione di patto oscuro con il re delle tenebre è un attimo.

Al di là dei miti, la musica di Johnson resta chiaramente la sua eredità più importante. Oggi ci restano appena ventinove brani, tutti incisi usando semplicemente voce e chitarra e senza disporre di mezzi particolarmente avanzati, se parliamo di tecniche di registrazione. A discapito di tutto, però, questi brani sono diventati leggenda quanto e più del loro stesso autore: in tutti si nota la parentela tra lo stile delta blues proprio anche di Johnson e la musica country statunitense. Lo stile chitarristico molto fluido e sciolto, la voce intensa ed enfatica ma anche piuttosto acuta e leggera e l’interpretazione sentitissima di tutti i brani sono gli ingredienti principali di una ricetta che ha saputo colpire e tramortire decine di enormi artisti nel corso degli ultimi novant’anni. I testi sono tutti improvvisati o quasi, come si conveniva agli standard delta blues dell’epoca, e oscillano tra la rievocazione giocosa (e goduta) del famoso “patto col diavolo”, amori impossibili, racconti di un continuo girovagare per le zone del Delta e tutta una serie di riferimenti più o meno velati alla sfera sessuale.

Uno dei più entusiasti fan di Johnson è Eric Clapton, che ha raccontato spesso del suo amore viscerale per la musica del leggendario bluesman del Mississippi e di quanto sia importante per lui che, non a caso, ha inciso un intero disco tributo in suo onore, reinterpretando tante delle sue canzoni. Clapton ha conosciuto la musica di Johnson durante l’adolescenza e ha raccontato così il primo incontro con qualcosa che gli ha cambiato la vita: «Ne ero del tutto sopraffatto ma anche un po’ respinto, a causa della sua intensità. Ne sono stato come rapito perché era molto più potente di qualsiasi cosa che avessi mai ascoltato prima o che stessi ascoltando in quel periodo. Tra tutti i suoi pari, l’ho percepito come quello che stava parlando direttamente dalla sua anima senza nessun genere di compromesso». La definizione più d’impatto dell’importanza di Robert Johnson per la musica blues, però, l’ha probabilmente data Bob Dylan, che ha descritto il modo in cui il bluesman si materializza di fronte all’ascoltatore attraverso il suo canto come: «Un uomo che avrebbe potuto spuntare fuori dalla testa di Zeus rivestito di un’armatura completa».

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.