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Le parole di Sanremo: un'analisi testuale delle canzoni in gara

 

"Amore" è la parola in assoluto più ricorrente nei testi delle canzoni di quest'anno. Seguono, a distanza, "mondo" e "vita" (anche nella forma verbale all'infinito, "vivere"). Chiudono la top 10 delle parole più usate giorno, vento, cielo, cuore, volta, fortuna, mano. Un festival all'insegna dell'ottimismo, sembrerebbe a prima vista, ma non è esattamente così. Il cielo può essere limpido o coperto di nuvole, il cuore può essere leggero oppure infranto. Sulla base dei contenuti allora possiamo individuare quattro categorie dei testi delle canzoni in gara: per comodità, le chiameremo "amore felice", "amore conflittuale", "amore possibile" e "la fatica di vivere".

La categoria dell'amore felice, prevedibilmente, è di gran lunga quella che raccoglie il maggior numero di brani. Parliamo di pezzi come Straordinario di Chiara, Una finestra tra le stelle di Annalisa o Come una favola di Raf. In questo filone, che a giusto titolo è quello sanremese per eccellenza, l'amore si manifesta nella sua declinazione più pura, gioiosa, celestiale, e soprattutto non problematica. Gli innamorati formano un tutt'uno metafisico sospeso "fra cielo e terra" che si salva dal mondo che "esplode accanto a noi" (Il mondo esplode, Dear Jack); oppure si dissolvono idealisticamente in ogni cosa del mondo circostante, che sia il mare, il sole, il vento o un fiore (come in Libera di Anna Tatangelo). L'amore è principio e fine di ogni azione umana, ragion d'essere della vita stessa e senso di cui si riempie ogni istante.

Dall'altra parte troviamo invece le canzoni che cantano l'amore conflittuale. Meno numerose, ma tali da compensare l'ottimismo della prima categoria con un ventaglio di stati d'animo che vanno dallo struggimento (Il solo al mondo, Bianca Atzei) al senso di rinuncia (Sola, Nina Zilli). In questo caso l'amore si toglie la sua candida veste di purezza per indossare il velo del rimorso, dell'incomprensione, del rimpianto. Persino uno come Marco Masini, noto per i suoi rancori senza peli sulla lingua, stavolta adotta una posizione di cauta lateralità. La sua Che giorno parla di una coppia che non riesce più a comunicare ("Ti vedo ma sei assente, quasi trasparente"), ma che lotta per non lasciar scorrere via tutto ("In questa vita che ha fretta riapriamo ancora una porta e raddrizziamo la rotta"). Un pezzo come Un vento senza nome di Irene Grandi si basa tutto sul ricordo struggente di ciò che è stato e sulla frattura temporale fra passato e presente: "Ed una mattina sei uscita e sei volata via nel vento".

Incontriamo poi la categoria più enigmatica, quella dell'amore possibile. Stavolta l'amore è un'opzione, una scelta più o meno consapevole di un io tutto immerso nel mondo e nella vita. Per Gianluca Grignani, in Sogni infranti, è l'antidoto contro i mali della società contemporanea ("L'amore è un fiore che se nasce non conosce inverno ed io ci credo, ma credo anche a questo caos che diventa inferno perché lo vedo"). Per Malika Ayane è un silenzioso duello fra due anime che potrebbero anche perdersi per sempre ("Forse è già domani e questo è solo un sogno e non è stato male. Se lo vuoi rimani, e troveremo un senso a noi che non cambiamo più", da Adesso e qui). Nek, più schiettamente, porta tutto a casa con un pezzo dal sapore EDM che parla di come l'essere umano sia semplicemente fatto per amare ("Abbiamo occhi con cui vediamo, ma se li chiudi ci riconosciamo").

Infine, una categoria di dignitosi outsider: sono quei brani di Sanremo che non parlano d'amore, ma di qualcos'altro. Della vita, in generale, nei suoi aspetti più o meno problematici. Sono i pezzi sulla fatica di vivere, che vanno dalla riflessione su di sé (come in Oggi ti parlo così di Moreno: "Mi autoescludo nel buio, mi sento messo a nudo") a alla critica demenziale di Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli in Vita d'inferno ("La connessione non funziona mai e all'ora della Champions League mio figlio vuol vedere Peppa Pig"). È degno di nota, più per la tematica che per la musica, il brano di Grazia Di Michele e Mauro Coruzzi (meglio conosciuto come Platinette): Io sono una finestra tratta, per la prima volta a Sanremo, il tema dell'identità transgender: "Ma questo qui è il mio corpo, benché cangiante e strano, di donna dentro un uomo, eppure essere umano".

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