Da Sanremo con furore: Volevo essere un duro di Lucio Corsi

Per la serie “Sanremo fa anche cose buone”, il Festival 2025 ha consentito a gran parte degli italiani di venire a contatto con la musica di Lucio Corsi attraverso il suo apprezzato brano Volevo essere un duro. Del resto, nel complesso panorama musicale contemporaneo, in cui è sempre più difficile trovare palcoscenici da cui lanciare nuovi artisti (o portare al grande pubblico autori attivi da tempo ma ancora di nicchia), è ormai da diversi anni che la kermesse sanremese propone a tutta Italia cantanti e musicisti in cerca di consacrazione. Anzi, a dirla tutta, si tratta di un obiettivo sempre più dichiarato anche da parte dei conduttori/direttori artistici da ormai quasi un decennio.
Chi è (e a chi somiglia) Lucio Corsi
Ad approfittare dell’occasione per “bucare” la propria bolla abituale di riferimento, dicevamo, quest’anno è stato soprattutto Lucio Corsi, 32enne cantautore toscano con già tre album al suo attivo, una formazione in parte rock, in parte cantautoriale e uno spiccato gusto per i testi che, in qualche modo, lo rende decisamente figlio proprio di quel cantautorato italiano emerso a fine anni 60 e ancora oggi estremamente influente, se si guarda ai cantanti dell’onnipresente scena indie attuale come, in realtà, evoluzione contemporanea della figura del cantautore.
Tuttavia, rispetto al panorama odierno, Corsi ha uno stile decisamente più affine agli anni 70, agli Ivan Graziani ma anche ai Francesco De Gregori o persino ai Lucio Dalla. Un cantautore “confidenziale”, insomma, che ci si immagina facilmente suonare unplugged, voce e chitarra classica, un microfono e una scenografia inesistente, melodie accattivante e testi spesso sussurrati a un microfono.
Volevo essere un duro: anatomia di una canzone stratificata
Al di là della fantasia, Volevo essere un duro è un brano che ha tutta l’aria d’essere nato proprio a partire dalla combo più classica, voce e strumento, che magari è proprio quel pianoforte – solido e, se vogliamo, anche decadente, molto intonato al clima del pezzo – che poi è la base di tutto l’arrangiamento. Arrangiamento che peraltro è anche un fattore chiave per dare alla canzone l’immediato sapore da classico senza tempo che ha e che deriva pure dal fascino sprigionato dalle melodie così orecchiabili, aperte e accessibili di Corsi.
L’inizio da voce più pianoforte ben presto viene corroborato da un impianto di archi dal sentore beatlesiano (altro elemento di classicità, se si parla di pop) e dal classico ensemble basso, chitarra e batteria. In coda al brano, per gradire, si recupera anche la chitarra elettrica, inaspettatamente in versione molto distorta, con un suono stranamente anni 80 e vagamente Van Halen che però si mescola perfettamente con tutto il resto del pezzo.
Il testo geniale di Volevo essere un duro
Ma, come si accennava poc’anzi, l’asso nella manica di Volevo essere un duro è decisamente il testo arguto, autoironico (ma pure sarcastico in generale) e scanzonato di Corsi. La maniera in cui scorre dolcemente all’interno del clima sognante e romantico che ha complessivamente la canzone crea un perfetto effetto di straniamento non appena si fa caso al significato delle frasi che il cantautore fa cadere soavemente di accordo in accordo. L’apoteosi è ovviamente il ritornello, summa dello zucchero (apparente) del brano ma, in realtà, punto più malinconico e pessimista di tutto il testo. Il risultato finale, comico e brillante, è francamente irresistibile ed è l’ingrediente segreto di un pezzo che conquista da qualunque punto di vista lo si esamini… anche considerando che la chiosa conclusiva, in realtà, è persino positiva e speranzosa, completando idealmente il gioco dello spaesamento dell’ascoltatore, spiazzato da quest’ultimo, inatteso, colpo di coda ottimista.
Un piccolo gioiello che ha meritatamente conquistato il secondo posto a Sanremo, che sarà di scena all’Eurovision dopo la rinuncia di Olly a parteciparvi e che potrebbe portare definitivamente in auge Lucio Corsi, cantautore di nuova generazione che, in realtà, guarda soprattutto alla nostra grande e gloriosa tradizione. Per fortuna, peraltro.
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