Di nuovo in cima: Ora che non ho più te di Cesare Cremonini
Dopo ventidue anni, otto album, quaranta singoli e trentun dischi di platino, Cesare Cremonini ha finalmente raggiunto la vetta della hit parade italiana con un suo pezzo: Ora che non ho più te, il brano uscito lo scorso 24 settembre che ha anticipato il suo ultimo disco di inediti, Alaska Baby, da quest’unico punto di vista, è la canzone di maggior successo dell’intera storia del Cremonini artista solista. Non male per l’ex enfant prodige del pop nostrano, protagonista dell’italica musica da ormai un quarto di secolo e quindi assurto al rango di peso massimo della nostra scena nazionale.
A venticinque anni da 50 Special – numero uno ottenuta però sotto la sigla Lùnapop, l’ormai leggendaria band tra le cui fila Cremonini debuttò sulla scena musicale appena maggiorenne – il buon Cesare ha messo a segno una numero uno. Intendiamoci: probabilmente non è un dato a cui presta chissà che interesse ma è curioso notare come mancasse questo traguardo, per quanto simbolico e tutto sommato ininfluente, paragonato alla sua carriera, a un autentico mostro sacro del nostro pop.
Tra l’altro, l’artista bolognese ha colto questo piccolo, grande successo con un pezzo che segna decisamente uno scarto rispetto alla sua cifra compositiva abituale: sarà una rinnovata influenza di Tropico, suo co-autore d’eccezione da ormai un decennio, sarà l’imperante fascinazione per i suoni anni 80 che ha colto anche lui, sarà la voglia – a quarantacinque anni suonati – di andare sempre avanti e oltre, sperimentando e azzardando… sarà quel che sarà ma Ora che non ho più te è un brano che sembra e non sembra di Cesare Cremonini.
Dicevamo delle sonorità anni 80. La batteria filtrata, il tessuto sonoro che fa da sfondo al brano decisamente elettropop, alcuni passaggi melodici: sono tutti aspetti che difficilmente colleghiamo a Cremonini che, pure, da enorme fan dei Queen (e quindi anche della loro fase più elettronica e sperimentale), probabilmente riposavano latenti all’interno della “biblioteca musicale” personale di Cesare. Stavolta invece sono riemersi prepotentemente e costituiscono il letto sonoro su cui si adagiano i versi e l’interpretazione vocale del cantautore felsineo.
Le strofe e la loro melodia vocale, tra l’altro, sono anch’esse piuttosto sorprendenti rispetto al resto della produzione dell’artista emiliano e il connubio tra queste e l’approccio sonoro regala un brano che ha davvero il potere di cogliere impreparato l’ascoltatore che, fino al ritornello, rimane incagliato nel dubbio: è lui o non è lui? Poi arriva il chorus, con la sua apertura melodica immediatamente riconoscibile e l’incertezza svanisce, pur suonando comunque disallineato, rispetto a quanto ci si aspetta, perché il comparto musicale rimane coerente e non subentrano violini in maggiore né una pienezza d’arrangiamento che, invece, ci si attenderebbe dall’ex leader dei Lùnapop.
E tutto ciò è onestamente molto interessante proprio perché inatteso e spiazzante. Nonostante la sua corposissima storia, nonostante il suo consolidatissimo (e apprezzatissimo) stile, Cesare ha scelto la strada difficile: cambiare. E ciò che rende il cambio credibile, oltre che apprezzabile, è che il nuovo territorio in cui si è buttato risulta aderente alla sua cifra, come se fosse qualcosa di inedito e spiazzante, certo, ma al contempo naturale e sincero. In una parola: coerente.
Il primo ascolto smuove e spiazza, il secondo si gode senza troppi pensieri e, col terzo, si capisce: Ora che non ho più te non sembra una canzone di Cremonini ma, in realtà, è genuinamente una canzone di Cremonini. Perché il testo è visceralmente suo e perché, alla fine, è un brano estremamente sincero e diretto, come Cesare è sempre stato, piaccia o non piaccia. E ha trovato un modo per sorprenderci ancora, nonostante siano passati ventidue anni, otto album, quaranta singoli e trentun dischi di platino.
Chapeau.