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Veronica Diquattro: “Spotify? Come Napster nel 2000”

La giovane manager, 32 anni, bolognese, è intervenuta insieme ad altri esponenti della discografia nostrana alla tavola rotonda dal titolo "Innovazione digitale e futuro della musica: dove stiamo andando?", nell'ambito della Social Media Week milanese.

«Spotify Italia ha compiuto due anni la settimana scorsa – osserva Diquattro – Arrivare con un modello di business che desse all'utente quello che voleva, cioè la possibilità di accedere immediatamente in qualsiasi momento: questo è quello che siamo riusciti a costruire giorno per giorno. Per l'artista l'essere accessibile significa poter essere scoperto, senza nessuna necessità di investimento da parte dei media tradizionali: un'opportunità che si trasformerà poi in ricavi in termini di visibilità e di marketing ma anche in ricavi accessori come live e merchandising».

È certo che la crisi della discografia non è la crisi della musica. Non abbiamo mai ascoltato tanta musica quanto oggi, ed è infinitamente più facile accedere a cataloghi sterminati di brani e scoprire nuovi artisti. Tuttavia la discografia è un'industria e come tale sopravvive se si fanno investimenti. E gli investimenti si possono fare se le case discografiche hanno un ritorno economico.

Per questo i 60 milioni utenti di Spotify non equivalgono proprio ai 60 milioni di Napster. Con Spotify, uno è uguale a uno: io, utente, fruisco del servizio – free o premium che sia – tramite il mio computer o il mio smartphone per ascoltare la musica che io voglio. Con Napster, uno era uguale a molti: i file pirata, una volta scaricati, potevano facilmente circolare presso una moltitudine di persone attraverso i cd masterizzati. Non basta che gli utenti attuali di Spotify siano quanti quelli di Napster nel 2000: i servizi in streaming dovranno fare il doppio dello sforzo per riportare in alto il mercato discografico (oggi più che dimezzato rispetto ai livelli di fine anni '90).

Su una cosa Veronica Diquattro ha ragione: lo streaming è ancora una nicchia del mercato, le sue potenzialità sono tutte da esplorare. Basti pensare – per fare un confronto – che YouTube conta la bellezza di 1 miliardo di utenti attivi. «Quando riusciremo ad arrivare a quei numeri allora sì che potremo parlare di ritorni grossi – continua Diquattro – Non c'è solo il valore dello stream in sé, ma anche un valore accessorio che porta poi ad altri canali. Noi stiamo spostando nella legalità un valore che prima veniva cannibalizzato dalla pirateria, quindi si tratta di un valore nuovo».

Anche la mentalità delle nuove generazioni sta finalmente cambiando. Un dato interessante, come osserva Enzo Mazza, presidente della Fimi è il comportamento dei più giovani a seconda della fascia d'età: i teenager più "vecchi" sono più propensi a scaricare illegalmente, mentre i 12-13enni partono già come utilizzatori di piattaforme legali; i 13enni di qualche anno fa infatti non avevano "altro" che BitTorrent.

«Sicuramente – spiega Mazza – c'è qualcuno che è scontento. Ma per anni una delle fatiche che abbiamo fatto come industria è stata quella di convincere gli artisti, in particolare quelli affermati, ad assumere delle posizioni. Sembrava che fosse una cosa contro i fan dire: 'Napster è illegale'. Quando si chiedeva di intervenire su questo tema era sempre molto scabroso, per poi piantare una polemica contro Spotify e YouTube dopo che il mercato ha perso milioni. Quello che mi colpisce è che adesso si discuta su dove vanno a finire i soldi e se si tratta di un'economia sostenibile. Sì: è un'economia sostenibile. Il problema è che è un mercato ancora molto piccolo rispetto alle prospettive».

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