Vivo: l’inno di libertà di Levante (per Sanremo ma non solo)
Sul palco dell’Ariston, in occasione della 73esima edizione del Festival della canzone italiana, la cantautrice siculo-torinese Levante si è presentata sul palcoscenico con Vivo, il suo brano inedito presentato in concorso. Il pezzo arriva dopo un silenzio discografico durato quasi due anni e introduce il nuovo album Opera futura, che segue Magmamemoria, dato alle stampe nel 2019. Nell’ultimo anno e mezzo, Levante ha diradato la sua presenza pubblica e si è presa una pausa anche dalla musica a causa della nascita della sua bambina, Alma Futura (di cui il nome del nuovo disco è un’ovvia eco), che però è ora diventata la fonte d’ispirazione più potente per i suoi nuovissimi lavori, tra i quali un posto d’eccezione spetta naturalmente a Vivo, classificatosi 23esimo al Festival di Sanremo e protagonista di un buon riscontro tanto in radio, quanto in tutte le principali classifiche.
Il brano, del resto, ha la potenza del grido di libertà che, alla fine, è. Il telaio musicale del pezzo è piuttosto scarno e riempie gli spazi a disposizione essenzialmente con suoni elettronici tipici dell’estetica synth pop attualmente imperante, dando a tutta la canzone una patina a metà tra il pop anni 80 e la musica da discoteca. L’apparenza (pseudo) ballabile di Vivo sta peraltro piuttosto bene insieme con la voce di Levante, che si diverte moltissimo ad alternare i colori più alti e più bassi della sua estensione. La capacità della cantautrice di interpretare il pezzo impiegando ora i toni più scuri, ora gli acuti più pieni – sfruttando appieno l’ampio ventaglio di opzioni a sua disposizione – è probabilmente il quid in più di tutto il brano, quel che lo rende immediatamente godibile fin dal primo ascolto.
Parlando di Levante, però, è impossibile non pensare un minimo anche al testo, considerando che la cantautrice torinese d’adozione è apprezzatissima anche per la sua capacità di giocare con le parole e l’abilità che la contraddistingue nel metterle in musica. In questo senso, risulta particolarmente ispirato il pre-ritornello, che ha il compito di salire di tono – è di fatto un crescendo in senso stretto – e preparare la strada alla grande apertura melodica che è il ritornello il quale, tuttavia, risulta un po’ meno azzeccato, con una metrica piegata a forza alle necessità del testo (Levante, qui, compensa grazie alla potenza e alla forza sprigionata dai concetti che esprime a livello verbale). Il pre-ritornello invece scorre ben più fluido, musica e parole si legano in maniera più agile e delicata ed è la parte più indovinata della canzone.
Dal punto di vista esclusivamente lirico, invece, Vivo è un fortissimo grido di felicità, indipendenza e soddisfazione a un tempo. Ci entra la gioia puramente femminile della maternità ma, più in generale, si tratta di un canto di libertà fatto a pieni polmoni che arriva dritto e inalterato grazie a un potente flusso emotivo poco mediato, una specie di materializzazione della joie de vivre con cui l’artista ha riscoperto sé stessa, come madre e donna ma anche come cantante, autrice e – letteralmente – artista. Non è solo la canzone che Levante ha scelto per Sanremo 2023 ma è anche uno spartiacque: nella carriera della cantautrice, d’ora in poi, ci sarà un prima e un dopo Vivo, un prima e un dopo tutto il suo nuovo album, Opera futura.