Alexya Salari | Quelli di Cluster
La raggiungo con una videocall il 25 aprile. Alexya Maria Isabella Salari, allieva di Cluster da 5 anni e artista talentuosa, è seduta in giardino, tranquilla, serena e soddisfatta del suo ep SALTIAMO IN ARIA. Nel video, inaspettatamente attuale, indossa una maschera protettiva antigas che si toglie solo alla fine.
Come è nato questo video? (https://youtu.be/NUnM0loZvu8)
L’idea (pensata con Marina Pace e Alessio Camagni), era far partecipare quante più persone possibili, puntavamo all’universalità, volevamo arrivare a tanta gente e il gesto finale di togliermi la maschera a gas ha l’intento liberatorio di liberarsi dalle ansie, dalle costrizioni. Volevamo un coinvolgimento generale, e così è stato: amici da tutte le parti d’Italia e non solo hanno partecipato coi loro passi ripresi e inviati dai cellulari, in un crescendo che voleva far intendere che sì, SALTIAMO IN ARIA ma non negativamente, anzi, anche e sopratutto in senso positivo: liberiamoci, saltiamo insieme, togliamoci le paure.
(Per leggere il testo clicca https://www.alexyasalari.com/testi).
Com'è stato possibile realizzare l’ep?
A volte mi sento una conchiglia: per una conchiglia, non poteva esserci condizione migliore che lavorare con una che si chiama Marina, in uno studio il cui logo-simbolo è un polpo in movimento e le cui sale si illuminano di blu come l’acqua del mare. Nessuna di noi due era partita con l'idea di fare un EP; ci piaceva semplicemente passare le serate insieme con gli amici a suonare e a scherzare. Il tempo ci ha dato modo di scoprirci simili e ci ha fatto capire di poterci fidare l'una dell'altra, rendendo la nostra amicizia solida. Tutto si è poi concretizzato nelle prime canzoni (Capitan Harlock e Back in Town, tanto per citarne un paio).
Mi racconti la creazione di un tuo pezzo?
Prima parto dai testi, con l’aiuto della chitarra per la prima struttura ma anche del pianoforte. Poi entra in scena Marina Pace, con cui comincio a creare i primi arrangiamenti. Infine, quando abbiamo capito la direzione che vogliamo prendere, arriva il produttore, discreto ma presentissimo che mette tutto insieme e crea l’achimia perfetta, anche a livello visivo.
Icone di riferimento?
Billie Eilish, con i suoi suoni cupi e una voce che è quasi un sussurro ha dato una svolta al mondo della musica. E non posso prescindere dall'andamento elettronico dei Daft Punk. Amo due rapper italiani Muburutu e Rancore, hanno un modo raffinatissimo di usare la lingua italiana.
Ispirazioni musicali?
Le canzoni non sono nate elettroniche, partono dal rap e dal pop, mi piacciono le melodie dense di parole e povere di suoni tipiche del rap, ma ho anche sempre avuto interesse per la drum'n'bass e la dubstep, ed è questo che ha fatto confluire in alcuni brani quell’andamento elettronico quasi dance Ottanta anche un po’ oscuro. SALTIAMO IN ARIA nasce da qui in effetti.
La tua immagine così speciale è costruita o rappresenta quello che sei realmente?
Entrambe le cose. Mi piace vestirmi, ci penso a quello che metto addosso. Uno dei miei pezzi preferiti è una giacca nera da pirata, è un mantello che mi dà energia: sì, i vestiti sono una forma di espressione. Non sempre li compero nei negozi, a volte li faccio io stessa: come le collane, che preparo con oggetti che trovo in giro.
Mi hanno definita hippie, sì, è vero, ma dentro di me ho sempre avuto anche una visione post atomica e apocalittica. Sono affascinata dalla fantascienza e dai videogame, ovvio che nella mia immagine video abbia lavorato su questa estetica.
Torniamo all’inizio di tutto: perchè hai voluto studiare musica e perchè a Cluster?
Io già studiavo uno strumento (flauto traverso) e suonavo in situazioni d’insieme, ma a livello formativo è stata Cluster, fin dall'inizio nel 2015, che mi ha presa per mano dando valore alla mia passione. È una scuola molto particolare, vengono create situazioni che permettono agli allievi di esibirsi su un palcoscenico, per i più fortunati addirittura al Blue Note. Come si può spiegare a parole la gratitudine e l'orgoglio che un allievo prova nei confronti di una scuola del genere? Io non le ho ancora trovate.
Quale è stato il tuo percorso di formazione all'interno della scuola?
Il mio primo docente fu Tommaso Ferrandina, cantante e musicista eclettico; è con lui che scoprii di avere grande gioco e tecnica come contralto. Dal 2018 a oggi, oltre a partecipare al corso di Coro Gospel con Piero Basilico (diamine, come insegna lui non c’è nessuno), studio canto jazz con Paola Dell'Erba. Il suo modo di vivere la musica è per me fonte di ispirazione continua: con una ricerca e uno studio costanti, i suoni diventano protagonisti sia di tecniche di meditazione che di terapia. A livello pratico, mi ha portato a raggiungere un’ estensione vocale da mezzo soprano, che mi ha fatto arrivare, recentemente, allo studio del canto lirico (con Rosanna Savoia).
Negli stessi anni frequentai anche il corso di Storia della Musica Classica (fu quello che mi portò a scegliere poi canto lirico) e di Teoria musicale (preso e abbandonato più volte: ero incostante).
Ma è con Musica d’insieme che arrivai a una svolta: suonare con altri musicisti significava impegnarsi ad avere tutti lo stesso ritmo di studio e mettersi in gioco a tutti i livelli. Grazie anche a questo cominciai a cercare, fuori da Cluster, musicisti con cui suonare e cantare, entrai in diverse formazioni e nel gruppo neosoul “Nomoi”.
Il tuo primo strumento a Cluster?
La chitarra. Mi sono resa conto che avrei voluto portare la musica sempre con me: dunque scelsi questo strumento. Mi iscrissi sia al corso collettivo di Chitarra d'accompagnamento (prima con Luca Codecà poi con Antonello Fiamma) sia al corso individuale con Giuliano Dottori. Imparare con lui (chitarrista, cantautore, produttore) è stato un nuovo punto di partenza, senza il quale probabilmente non avrei mai potuto realizzare il mio EP. Fu lui a incoraggiarmi nella stesura delle canzoni.
Alexya Salari e il futuro. Come ti vedi?
Vorrei continuare con la scoperta e l’analisi delle armonie, ma anche esplorare la musicoterapia, tra l’altro sto anche studiando psicologia all’università.
La musica è una risorsa per l’uomo, non soltanto uno svago e questo aspetto è ancora molto sottovalutato, siamo inoltre abituati a un consumismo musicale che non permette di cogliere i messaggi nascosti. Spero di ritrovarmi in un futuro migliore, e spero anche di aver fatto in modo di creare questo cambiamento, sia a livello soggettivo che di collettività, i musicisti che conosco e che mi metto intorno ad esempio, la realtà che creo intorno a me. D’altronde è un po’ come ha fatto anche Cluster, cercare di creare un mondo specifico, un ambiente sano dentro cui far vivere la musica. E poi spero in futuro in cui continuare a sperimentare, cercando nuovi modi di comunicare.
La musica, tra suoni e parole, offre ancora davvero tanto.
Ti è piaciuta l'intervista con Alexya Salari? Sei anche tu o sei stato allievo di Cluster? La musica è la tua vita e hai qualcosa da raccontare? Contattaci all'indirizzo: Potresti essere tu il protagonista delle prossime puntate di Quelli di Cluster, nuovo spazio dedicato ai talenti della scuola. |