Skip to main content

“Effetto Mozart”: perché è tanto importante studiare musica? | Parte prima

La musica non è un'espressione ferma e statica ma in continuo movimento: la sua ragion d'essere deriva dallo svolgersi nel tempo della scrittura (stesura musicale) e dell'esecuzione-ascolto (durate, valori, note), secondo una configurazione spaziale ben definita sul pentagramma (notazione). Ciò che è segnato rigorosamente sul rigo non rimane mai una figura statica, ma assume un significato nel presente, nello sviluppo melodico e nella sovrapposizione polifonica tra le figure musicali le une con le altre. Capire la musica è un'operazione dell'intelligenza e della memoria, attentissime a cogliere e a ricordare i nessi e i rapporti che legano nel tempo le labili apparizioni sonore. Capire la musica significa percepire i rapporti che legano un suono all'altro secondo le leggi dell'armonia e che determinano una continuità dialettica dalla prima esposizione dei temi, attraverso l'elaborato sviluppo, fino alla loro ultima formulazione nella quale essi sono ancora gli stessi, eppure anche altri, arricchiti di tutte le metamorfosi cui il compositore ha saputo assoggettarli lungo l’elaborazione.

 

La rappresentazione della struttura musicale

Il modo in cui le persone si rappresentano la musica determinerà come la ricorderanno ed eseguiranno. La composizione e l'improvvisazione richiedono la generazione di tali rappresentazioni e la percezione implica che l’ascoltatore intervenga attivamente in un processo costruttivo di valenze e significati. Queste rappresentazioni ed i processi che le creano non sono direttamente osservabili. Poiché si tratta di attività apprese possono essere viste come Abilità. Anche se la composizione e l'esecuzione vengono universalmente riconosciute come delle abilità complesse, si deve anche ricordare che attività più comuni, come fischiettare una melodia familiare o rilevare una nota stonata in una melodia mai sentita prima, sono anch'esse abilità complesse capaci di gettare luce sulla natura delle rappresentazioni interne alla musica. Per illustrare questo punto, prendo un esempio di abilità musicale: molto citato è l'incidente accorso nella vita di Mozart che, essendogli stato negato un esame della partitura del Miserere di Allegri, lo ascoltò in due esecuzioni in chiesa, e quindi lo trascrisse a memoria. Nel discuterlo, lo Psicologo Farnsworth (1969) afferma che responsabile di questa capacità fu la memoria 'eidetica' di Mozart.

Per memoria ‘eidetica’ si intende una rievocazione particolarmente vivida che si sostiene sia presente in alcuni bambini. Come spiegazione alternativa si può ritenere che Mozart fosse maggiormente capace, grazie all'esperienza, di far qualcosa di simile a quanto tutti noi facciamo quando cerchiamo di memorizzare del materiale complesso, e cioè di identificare nel materiale delle configurazioni attraverso cui ricordare gruppi di elementi come unità singole o pezzi. La maggior parte del materiale musicale può essere raggruppata in rappresentazioni strutturate quanto le posizioni degli scacchi. Vi sono idiomi molto specifici entro cui si incontrano regolarmente molte configurazioni (come gli accordi, le scale e gli arpeggi) e una persona che è esposta a quell'idioma familiarizzerà rapidamente con le configurazioni relative. La ripetizione dei temi è una pietra angolare della maggior parte della musica, certe progressioni armoniche sono ubiquitarie.

L'esperto può utilizzare tutto ciò per formare raggruppamenti, nel costruirsi una rappresentazione di un brano musicale le persone non ricordano le melodie che ascoltano in termini di durate e toni esatti, ma di configurazioni e rapporti. La struttura sequenziale influenza anche le persone non educate musicalmente. La musica che per esempio si conforma alle regole dell'armonia tonale diatonica è molto più facile da ricordare per gli ascoltatori occidentali, di quella che infrange tali regole. La musica che non contiene strutture e configurazioni familiari non viene rappresentata facilmente nella memoria dell’ascoltatore comune che è probabilmente consapevole solo di quanto è in primo piano, rilevando piccole configurazioni costituite da poche note adiacenti.

Sloboda suddivide in due fasi il processo di apprendimento delle strutture che si utilizzano per rappresentare la musica: “La prima è quella dell'acculturazione evolutiva: è questo l'apprendimento che ha luogo a seguito dell'esposizione ai normali prodotti musicali della nostra cultura nell'infanzia, assieme all'acquisizione di abilità semplici, come la capacità di riprodurre brevi canzoni. Nel complesso, le conoscenze che si acquisiscono in questa fase non sono il prodotto di un apprendimento consapevole o di azioni educative. Piuttosto i bambini acquisiscono tali conoscenze nel corso della loro esperienza quotidiana. Di conseguenza, esse tendono ad essere universali in una cultura e costituiscono il terreno su cui si possono sviluppare abilità più specializzate. La seconda fase è quindi quella dell'acquisizione di abilità specializzate con l'educazione. Si tratta di abilità che non hanno una diffusione universale entro una certa cultura e sono quelle che fan sì che alcuni membri siano dei musicisti... I musicisti hanno un certo diritto di attendersi che gli psicologi che studiano i processi cognitivi siano specificatamente qualificati per consigliare insegnanti e studenti sull'acquisizione consapevole delle abilità.

 

L'effetto Mozart

L'effetto Mozart è una controversa teoria scientifica elaborata nel 1993 da Shaw, Rauscher e Ky presso l'Università della California a Irvine. Secondo i ricercatori, l'ascolto specifico della Sonata k448 di Mozart in Re Maggiore per due pianoforti stimolerebbe l'incremento temporaneo delle abilità spaziali in chi la ascolta. Anche se questi ultimi hanno portato l'effetto Mozart all'attenzione del pubblico è senza dubbio il lavoro del medico Alfred Tomatis a dimostrare i “poteri magici” del suono, di potenziamento cognitivo ed emotivo della musica in generale e dell'effetto Mozart in particolare. Il concetto di questo effetto è stato descritto da Tomatis nel suo libro “Pourquoi Mozart”? (1991), in cui esplorò l'ampia applicabilità della musica mozartiana conseguendo, in trent'anni di lavoro, risultati positivi soprattutto con bambini con problematiche a livello di linguaggio. Il medico francese si era dedicato alla comprensione del funzionamento dell'apparato acustico ed alle molte dimensioni dell’ascolto, ma forse il suo contributo più importante è stato quello di aver riconosciuto che il feto poteva percepire il suono nel grembo materno.

Indotto dalla sua curiosità ad occuparsi di embriologia scoprì che la voce della madre funge da cordone ombelicale sonico per il bambino che si sta sviluppando e da primaria fonte di nutrimento. Questo ha portato all'elaborazione di una tecnica, che Tomatis ha chiamato 'parto sonico', in cui suoni uterini simulati vengono somministrati per stimolare cognitivamente i feti e per curare eventuali difficoltà dell'ascolto. Il medico dichiarò che il feto è in grado di sentire un'intera gamma di suoni principalmente a bassa frequenza poiché l’universo di suoni in cui l’embrione è immerso è sorprendentemente ricco di qualità sonore, di ogni tipo di brontolii interni tra cui il movimento del chilo durante la digestione ed il ritmo galoppante del battito cardiaco. Percepisce il respiro ritmico come una specie di lontana risacca. E poi la voce della madre, che spicca in questo contesto. Se il circuito audiovocale è correttamente attivato, l'embrione trae un senso di sicurezza da questo dialogo continuo che gli garantisce uno sviluppo armonioso.

Successivamente Tomatis ha perfezionato la tecnica del 'parto sonico' con il metodo di base invariato in cui il soggetto viene esposto a suoni della voce materna, che provocano una sensazione di nutrimento emotivo. La fase preparatoria, il cosiddetto 'ritorno sonico', è accompagnata da un tema musicale, di solito Mozart. “Mozart è un'ottima madre – dichiara Tomatis - In anni di procedimenti clinici e sperimentali ho scelto di proposito un solo ed unico compositore. Continuo a provare nuove forme di musica e uso volentieri il canto, musica folcloristica e classica ma la musica di Mozart, soprattutto dei concerti per violino, provoca maggior effetto curativo sul corpo umano. “Sotto l'azione continua di questa musica, percepita come suoni filtrati (riproducenti l'ascolto intrauterino), il soggetto è stimolato da una successione di onde sonore e nel momento in cui questi suoni vengono integrati nelle vie neuronali, sviluppa la capacità di parlare e comunicare con gli altri... con questa tecnica sono stati curati con successo anche bambini prematuri.

 

Continua nella seconda parte

Autore: Nicoletta Filella

Pianista classica, compositrice e cantautrice. Psicoterapeuta Cognitiva e della musica, insegnante di pianoforte presso Cluster

Registrati alla newsletter

Accetto i termini e le condizioni riportati nella privacy policy
sidebar cluster scopri