La storia della musica in pillole: Jimmy Iovine, produttore, discografico, visionario - Parte I
«La storia della musica in pillole» è una rubrica fissa in cui ripercorriamo, in una tappa per volta, un momento, un genere, un periodo, un movimento musicale che ha segnato l’evoluzione del pentagramma (e delle nostre vite, in fondo). Senza pretese di esaustività, senza ambizioni accademiche esagerate, questi nostri articoli intendono essere agili Bignami da cui ricavare qualche indizio d’ascolto o un minimo di curiosità per scoprire – o riscoprire – le tantissime sfumature musicali che hanno attraversato il globo dalle origini a oggi.
22 aprile 1973, New York. Non solo è domenica ma è anche il giorno di Pasqua. In casa Iovine, nel quartiere di Brooklyn, squilla il telefono: è una chiamata per Jimmy, il ventenne di casa. A cercarlo è Roy Cicala, il capo del Record Plant Studio, lo studio di registrazione in cui il giovane lavora da pochissimo, adattandosi a fare un po’ di tutto (anche spazzare i pavimenti, tra le altre cose). Da poco, Cicala ha cominciato a trasmettergli i rudimenti della produzione discografica e Jimmy ha appena cominciato a rendersi utile anche come tecnico del suono, compiendo i suoi primi passi. Appena il ragazzo prende in mano la cornetta sente Roy: deve andare in studio il prima possibile perché qualcosa bolle in pentola anche in quel giorno teoricamente di festa e c’è bisogno che qualcuno prenda le telefonate. Dopo aver dribblato sua madre, scandalizzata che volesse andare a lavorare ed evitare così la riunione di famiglia con i parenti nonché il pranzo solenne all'italiana, Jimmy corre allo studio giusto in tempo per scoprire che, proprio quel giorno di Pasqua, John Lennon è al Record Plant. L’ex Beatles intende lavorare su del nuovo materiale che ha buttato giù di recente e Cicala dice a Jimmy: «Volevo solo vedere se saresti venuto anche a Pasqua. Senti, l’assistente al suono non riesce a liberarsi. John e io vogliamo che lo faccia tu».
Pur terrorizzato e impietrito dall’aura sprigionata da Lennon, un autentico mito per tutte le persone della sua età – erano pur sempre passati appena tre anni dallo scioglimento dei Beatles – Iovine si getta a capofitto nell’impresa e contribuisce al processo creativo in qualità di tecnico del suono. È un tuffo carpiato con quadruplo avvitamento, sostanzialmente: dall'aver appena appreso la base della produzione, Jimmy si trova già a collaborare alla registrazione di nuove canzoni di un artista mastodontico come John Lennon. Ancora oggi, Iovine sostiene che la domenica di Pasqua del 1973 è il giorno della sua promozione ufficiale a tecnico del suono e il suo inizio reale nel campo della produzione musicale, un ambito in cui ha lavorato per più di quattro decenni, diventando una leggenda del settore.
Produttore di artisti enormi e di dischi altrettanto grandi, discografico con un fiuto clamoroso per le tendenze musicali e i progetti artistici degni di fama e successo, imprenditore aggressivo e spaventosamente efficiente. Artigiano del mixer con l'ossessione per il suono, fondatore di etichette discografiche, investitore in artisti emergenti sempre alla ricerca del nuovo e del contemporaneo. Nel corso dei decenni, il nome di Iovine è diventato sinonimo di tutti questi concetti mentre, attorno a lui, si addensavano i nomi degli artisti con cui ha collaborato, spesso stringendo relazioni anche personali molto profonde e durature. Gli U2, Bruce Springsteen, Dr. Dre, Tupac Shakur, Snoop Dogg, Trent Reznor dei Nine Inch Nails, Gwen Stefani e i No Doubt, Tom Petty, B. B. King, Lady Gaga: questi sono solo alcuni dei nomi più noti con cui Iovine ha collaborato, scrivendo pagine indelebili nella storia della musica pop degli ultimi cinquant’anni tanto da produttore, quanto da manager discografico.
Non era scontato che finisse così. Nel 1972, a diciannove anni e solo pochi mesi prima di incontrare Lennon, Iovine aveva lasciato il college su indicazione degli stessi insegnanti e aveva finito per rimanere bloccato a casa dei genitori, ingannando il tempo mentre cercava di capire cosa fare della sua vita. Come ricorda sua sorella Janet, Jimmy ascoltava musica per ore e ore focalizzandosi sulla qualità dei suoni e sulle diverse sfumature che questi avevano, interessandosi a come erano stati realizzati e poi incisi. Leggendo e informandosi, il giovane aveva iniziato ad avere una primissima infarinatura sulla produzione musicale ma è solo attraverso l’aiuto del proverbiale cugino con il contatto giusto che la situazione cambia drasticamente. Il salvifico parente conosce la compositrice Ellie Greenwitch, la quale affida a Jimmy il suo primo lavoro in studio e poi lo introduce proprio a Roy Cicala, deus ex machina del Record Plant. Da qui, diversi pavimenti lavati dopo, il primo impatto con il mixer e l’incontro con Lennon.
Dopo aver lavorato con l’ex membro dei Beatles sulla musica che poi diventerà Mind Games, il suo album del 1973, Jimmy ottiene diversi nuovi incarichi finché, nel 1975, arriva in studio Bruce Springsteen, alle prese con la registrazione del suo terzo disco. Dopo il flop commerciale dei primi due, il cantautore ha dovuto dimostrare alla sua casa discografica di essere in grado di sfornare una hit mondiale. La Columbia gli allunga sufficienti fondi per registrare un singolo di prova che serve ad autorizzare la registrazione di un eventuale terzo album e il Boss reagisce dedicando addirittura sei mesi alla composizione e incisione di Born To Run, prima di sottoporla ai discografici. Gli uomini della Columbia sentono il brano: missione compiuta all'istante. Colpiti dal pezzo, i dirigenti dell’etichetta danno luce verde al cantautore per realizzare il nuovo album con tanto di budget ingente: in caso fallisca anche stavolta, però, è implicito che Springsteen dovrà trovarsi un nuovo contratto. La pressione generata dalla diffidenza dei discografici non è minimamente paragonabile a quella che Springsteen stesso mette su di sé: un macigno enorme e schiacciante di aspettative, ambizione creativa e senso di sopravvivenza. L’artista dedica alle nuove canzoni tutta l’attenzione che può e questo si traduce in un processo di registrazione infinito che dura più di quattordici mesi. Dopo i primi, infruttuosi tentativi di arrivare a una chiusura del cerchio, Bruce decide di cambiare studio di registrazione: la nuova meta, il posto dove bisogna cambiare passo e realizzare un album capolavoro è il Record Plant di Jimmy Iovine.