Shape of You di Ed Sheeran e altre, strane storie di plagi (veri o presunti)
È notizia del 4 aprile scorso che Ed Sheeran, notissimo cantautore inglese, ha vinto la causa intentatagli dagli autori di un brano del 2015 intitolato Oh Why, interpretato da Sami Switch (nome d’arte di Sami Chokri) e prodotto da Ross O’Donoghue. Queste persone sostenevano che la hit mondiale di Sheeran Shape of You, uno dei brani più suonati nel mondo nel 2017, fosse parzialmente ispirata a Oh Why e hanno denunciato il musicista di Halifax per plagio, senonché la Corte ha dato ragione proprio a Sheeran, che ha espresso grande soddisfazione per la sentenza. «Mentre siamo certamente felici del risultato finale, mi pare che richieste di risarcimento del genere siano fin troppo frequenti di recente e siano diventate in qualche modo una tendenza, tesa a promuovere l’idea che un patteggiamento sarà comunque più economico che un processo. Anche se la richiesta di risarcimento non ha la minima base […] Le coincidenze ci saranno sempre se pensiamo che ogni giorno appaiono 60.000 nuove canzoni su Spotify…» ha dichiarato via social proprio Ed Sheeran.
Che le parole di Sheeran pongano l’attenzione su un problema reale non v’è dubbio: con la globalizzazione totale dei media (tra cui il citato Spotify) e la possibilità di distribuire senza troppa fatica le proprie creazioni musicali al mondo intero, si possono trovare sempre più facilmente brani semisconosciuti che somigliano ad altri, ben più famosi. Però è altrettanto indubbio che il problema del plagio musicale non si pone certo nel 2022 ma ha radici più lontane, tant’è che solo andando a prendere la storia della musica pop degli ultimi cinquant’anni si possono individuare tantissime storie a riguardo.
Una delle più incredibili è quella relativa alla causa che ha visto su fronti opposti Vanilla Ice, i Queen e David Bowie. Il gruppo di Freddie Mercury e Brian May ha prodotto nel 1981 la celeberrima Under Pressure, composta dalla band e da David Bowie tutti insieme, traendo spunto da un riff volante ideato dal bassista John Deacon e poi rielaborato quasi inconsapevolmente da Bowie, stando ai racconti di May. Quel che importa è che quell’arcinoto riff di basso diventa il tema ricorrente di tutto il brano, sul quale poi si innesta la “battaglia vocale” di Mercury e Bowie. Bene, nel 1990 il rapper Vanilla Ice ha di fatto campionato Under Pressure per farne la base della sua Ice Ice Baby. Sebbene se ne fossero accorti tutti e glielo avessero anche fatto notare, il musicista americano ha dapprima provato spudoratamente a negare il plagio, salvo poi riconoscerlo apertamente e ritrovarsi a dover patteggiare coi legali dei Queen e di Bowie che, nel frattempo, avevano fatto causa. Più che l’appropriazione del brano, è proprio il tentativo oltranzista di Vanilla Ice di sostenere che avesse cambiato significativamente il riff a essere rimasto come ricordo indelebile dei fatti.
Se parliamo di plagi, essendo italiani, non possiamo non pensare al caso più celebre degli ultimi trent’anni, ossia la causa intentata da Al Bano contro Michael Jackson, il quale – secondo il cantante pugliese – aveva plagiato I cigni di Balaka, canzone del 1987, ricavandone la sua hit mondiale Will You Be There, contenuta nell’album del 1991 Dangerous e brano portante della colonna sonora di Free Willy. Quella vicenda, che destò grande scalpore dalle nostre parti, finì in poco più che una nuvola di fumo: il cantante americano venne sì condannato in primo grado salvo poi essere assolto in appello (quando venne invece stabilito che dovesse essere Al Bano a pagare le spese processuali). Secondo la Corte di appello, entrambi i musicisti e i loro staff si erano ispirati alla canzone Bless You For Being An Angel degli Ink Spots, risalente al 1939 e non più protetta da diritti d’autore. Pare inoltre che la radice dell’ispirazione degli Ink Spots fosse da ricercare addirittura tra i canti popolari dei nativi americani, suggestione che Al Bano ha sempre negato.
Guardando agli anni più recenti, è d’obbligo menzionare almeno la controversia legale scoppiata tra Robin Thicke, Pharrell Williams e gli eredi di Marvin Gaye nonché quella che ha visto i Radiohead denunciare per plagio Lana del Rey. Pharrell e Thicke hanno perso il processo in primo grado che stabiliva come Blurred Lines fosse direttamente ispirata – per dirla gentilmente – a Got To Give It Up di Marvin Gaye, un successo del 1977, dopodiché hanno scelto di ricorrere in appello, venendo nuovamente sconfitti. Il giudice d’appello ha confermato la multa da 5,3 milioni di dollari che i due musicisti devono versare agli eredi di Gaye e ha anche stabilito che la metà delle royalties provenienti da Blurred Lines va versata alla famiglia del cantante scomparso.
Un piccolo mistero circonda invece l’accaduto tra Lana Del Rey e i Radiohead, che avevano accusato la cantante californiana di plagio nel 2018, sostenendo che la sua Get Free fosse una copia di Creep (loro storico successo di cui abbiamo raccontato la storia tempo fa e che, a sua volta, era direttamente ispirata a un’altra canzone ancora). Pare che la Del Rey avesse offerto ai Radiohead il 40% delle royalties di brano in qualità di ramoscello d’ulivo, proposta che i musicisti inglesi hanno rifiutato. Non è mai stato chiaro che conseguenze legali abbia avuto la denuncia ai danni dell’artista americana: la Warner – casa discografica della band – ha sempre negato che ci fosse in atto una vera controversia legale con tanto di avvocati e giudici. Nel marzo del 2018 Lana Del Rey ha semplicemente comunicato che la «causa legale» legata a Get Free fosse terminata e che da quel momento in poi era libera di cantarla quando le pareva ma non sono mai stato chiarito se le parti si siano accordate privatamente o un qualche genere di processo si sia effettivamente svolto.