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8 cover più famose degli originali

Ogni tanto, nel mondo della musica, gli artisti si concedono di misurarsi con brani portati al successo da altri realizzandone una cover. Possono esserci svariati motivi: la necessità di rimpinguare la propria scaletta quando si ha cominciato da poco a suonare ma ci si esibisce già dal vivo; la voglia di rendere omaggio a un autore o a un brano particolarmente significativi per la vita e la carriera dell’artista che ne realizza la cover; visioni azzeccate (o anche sballate) dei discografici che suggeriscono a un determinato artista di reinterpretare un pezzo esistente, magari anche poco noto ma che, per loro, ha un potenziale inespresso… e tante altre ragioni, tutte più o meno valide.

La faccenda, tuttavia, diventa particolarmente interessante quando band e interpreti si ritrovano a realizzare una versione talmente indovinata di un brano precedente che, quasi automaticamente, è quella a venire trasformata nell’originale, di solito “cancellando” in maniera definitiva dalla memoria collettiva il brano nella sua incarnazione precedente… ammesso che vi si fosse guadagnato un posticino, naturalmente.

Immergendosi tra le cover più famose delle canzoni originali degli ultimi decenni di musica pop, peraltro, non mancano le sorprese: chi avrebbe mai detto che la canzone simbolo di Cyndi Lauper non è di Cyndi Lauper? O che Tainted Love non nasce synth wave ma addirittura soul? E chi avrebbe mai immaginato che la canzone che consideriamo più emblematica di Whitney Houston non solo non è sua ma è anche stata incisa quattro volte dall’autrice originale?

Torn

Canzone di cui abbiamo già parlato qualche tempo fa, Torn di Natalie Imbruglia non è un pezzo originale dell’artista australiana, bensì del gruppo alternative rock californiano Ednaswap… ed è stata incisa anche da altre due artiste che ne hanno tratto dei singoli, Trine Rein e Lis Sørensen, oltre a vantare cover, varianti e interpretazioni datte negli anni da un autentico battaglione di artisti.

Ciò che ci interessa in questa sede, comunque, è sottolineare come la Torn di Natalie Imbruglia, in ogni caso, sia diventata estremamente più nota dell’originale degli Ednaswap (per non parlare della versione della Sørensen, che l’ha incisa ancora prima della band che l’ha scritta).

I Will Always Love You

Anche di questo brano abbiamo già raccontato parte della storia anche se, allora, ci siamo focalizzati più sul suo rapporto con il film di cui era il brano portante. Stavolta, invece, il focus è sul fatto che la versione del brano di Whitney Houston datata 1992 ha completamente cancellato dalla memoria del mondo (tranne, forse, che negli appassionati più focosi di country americano) il pezzo originale di Dolly Parton, risalente al 1974.

Già un successo commerciale di genere all’epoca, la Parton è sempre rimasta piuttosto legata al pezzo, tant’è che l’ha inciso non meno di altre tre volte: la prima, nel 1982, per riaggiornarla in quanto canzone principale della colonna sonora del suo film The Best Little Whorehouse in Texas; la seconda, nel novembre 1995, in coppia con Vince Gill, in seguito all’inatteso successo radio di un’interpretazione live del brano fatta proprio con Gill nel corso dell’estate precedente; la terza, nel 2019, è stata nuovamente un’esperienza di coppia, stavolta con l’attrice e cantante Kristin Chenoweth, ma nella posizione di artista ospite.

Ciò comunque non toglie che nessuna di queste versioni, soprattutto a livello globale, abbia ottenuto riscontri anche solo vagamente paragonabili alla riconoscibilità dell’interpretazione della Houston, a oggi considerata quella principale. Alla Parton, che negò a Elvis di incidere una sua versione del brano, restano cospicui diritti d’autore per consolarsi.

Knockin’ on Heaven’s Door

Sebbene ai fan di Bob Dylan la cosa possa risultare indigesta, chiunque sia nato dopo il 1990 è entrato in contatto con Knockin’ on Heaven’s Door molto più facilmente attraverso la versione dei Guns’n’Roses che non l’originale di His Bobbiness. Composta nel 1973 per essere parte della colonna sonora del film Pat Garrett & Billy the Kid, la canzone ottiene un discreto successo all’uscita e si consolida nel corso dei decenni come una delle preferite dai fan di Dylan tra tutti i suoi pezzi meno famosi.

I Guns’n’Roses, come detto, la ripescano a fine anni 80 per riproporla essenzialmente dal vivo e, nel 1990, quando gli viene chiesto di incidere un brano per il film con Tom Cruise Giorni di tuono, rispolverano quello che è diventato un classico del loro repertorio live. Discretamente apprezzata negli USA, la canzone ottiene un successo devastante in tutta Europa, dove soppianta nettamente l’originale. Curiosamente, a legare i due singoli c’è ovviamente il fatto che entrambi fossero parte di una colonna sonora cinematografica.

All Along The Watchtower

Altro giro, altro brano di Bob Dylan che gli è stato “sottratto” da un altro artista sebbene, in questo caso particolare, lo stesso Dylan abbia ampiamente e più volte riconosciuto che, a conti fatti, il pezzo è ormai da attribuire a Hendrix e che la “versione ufficiale” è dunque quella del grande Jimi.

Peraltro, se anche il cantautore simbolo della controcultura americana non lo avesse detto apertamente, il fatto che l’abbia sempre riproposta dal vivo con un arrangiamento molto simile a quello hendrixiano la dice lunghissima su come, alla fine, quella che una volta era la cover sia diventata così importante da essere considerata essa stessa l’originale persino dall’autore della canzone. E, tutto sommato, quando si ha a che fare con Jimi Hendrix può succedere facilmente (basti pensare all’inno statunitense).

Hallelujah

Il destino dei grandi compositori come Bob Dylan o, in questo caso, Leonard Cohen, a volte, è quello di regalare al mondo grandi canzoni che improvvisamente godono di vita propria e si “accasano” presso altri artisti, paradossalmente ancora più bravi degli stessi compositori nell’andare dritto al cuore dei brani e a farli propri.

Con Hallelujah è successo esattamente questo: attraverso una reinterpretazione “mediana” di John Cale, il pezzo è arrivato nelle mani di Jeff Buckley che ne ha dato un’interpretazione in grado di soppiantare l’originale e diventarne la versione definitiva. A oggi, del resto, se si incappa in questo brano, nel 90% dei casi si tratta proprio della versione di Buckley contenuta nel suo unico album Grace.

Girls Just Want to Have Fun

È un’informazione poco nota ma, in effetti, persino una delle canzoni simbolo di Cyndi Lauper può tranquillamente essere considerata una cover, sebbene il brano originale non abbiamo mai goduto di una pubblicazione ufficiale e quindi non è mai giunto sugli scaffali dei negozi di dischi. Eppure, nel 1979, Robert Hazard registra una demo di Girls Just Want to Have Fun che, anni dopo, arriva nelle mani della Lauper per poi, con un testo stravolto, venir trasformata nella sua prima hit.

La canzone, cambiando da una voce maschile a una femminile, diventa una sorta di inno femminista che reclama a gran voce il diritto a divertirsi delle donne di qualunque età, etnia, convinzione o status sociale. Di fatto, il pezzo cambia radicalmente senso ma anche forma: la canzone originale di Hazard è un brano post-punk da manuale ma quello che lancia la Lauper è una specie di melange pop che prende un po’ dal funk, un po’ dall’elettronica, un po’ dal reggae, mettendo a punto una formula che ha consentito alla cantautrice newyorkese di dominare le classifiche di quell’ormai lontano 1983.

Twist and Shout

Sebbene sia una canzone universalmente attribuita ai Beatles, Twist and Shout è già al suo terzo passaggio di mano quando viene incisa dai Fab Four agli studi EMI di Londra, l’11 febbraio del 1963. Il brano nasce due anni prima quasi esatti per mano dei Top Notes, i quali incidono la canzone originalmente scritta da Bert Berns e Phil Medley. Tuttavia è la versione incisa dagli Isley Brothers l’anno dopo, nei primi mesi del 1962, a portare in auge l’arrangiamento più rock and roll che riprenderanno gli stessi Beatles per registrare l’ultima traccia del loro album d’esordio e consegnarla definitivamente all’immortalità.

In ogni caso, Twist and Shout non è solo una canzone la cui versione originale è stata completamente rimpiazzata dalla cover ma, in realtà, quella che consideriamo oggi come variante principale del pezzo – ossia quella cantata da John Lennon, naturalmente – è già una cover di una cover, che riprende come abbiamo visto un’interpretazione già in grado di sostituirsi all’originale.

Tainted Love

Un altro caso di canzone pluri-coverizzata è naturalmente Tainted Love. Preclara dimostrazione di come una cover ben riuscita sia in grado di cancellare per sempre e definitivamente il brano originale – specie se lontano decenni – come hanno dimostrato i Soft Cell nel 1981, la Tainted Love originale è un brano che sta tra il soul e il pop di Gloria Jones, scritto da Ed Cobb.

Pubblicata per la prima volta nel 1965, la canzone ha goduto di una re-incisione della stessa Jones undici anni più tardi, prodotta per provare a regalare nuovo successo al brano visti gli apprezzamenti che coglieva nel sottobosco dei club underground dell’Inghilterra del nord. È proprio grazie ai ripetuti passaggi nei locali che i Soft Cell ci si imbattono qualche anno dopo e la reinterpretano in chiave synth pop, realizzando un classico intramontabile del genere in grado di far dimenticare a tutto l’universo che il pezzo avesse già oltre quindici anni di vita.

Nel 2001, poi, Marylin Manson ha provato a darne una sua versione metaleggiante sfruttando il suo gusto per il rock estremo e l’elettronica (non a caso, è figlio del genere industrial). Nonostante il successo della sua interpretazione del pezzo, però, a più di vent’anni di distanza bisogna riconoscere che la vera Tainted Love è ancora quella dei Soft Cell.

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Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.