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Storia delle Destiny’s Child: alle origini di Beyoncé - Terza parte

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Le Destiny's Child si sono appena divise per dedicarsi ai loro progetti individuali. La prima a uscire con un disco solista è Michelle Williams, che pubblica un album gospel; dopo è il turno di Kelly Rowland che, in coppia con il rapper Nelly, mette a segno una delle più grandi hit del 2002 con Dilemma (e ce la ricordiamo perfettamente anche in Italia, dov’è stata un onnipresente tormentone estivo). Il successo è talmente travolgente che la Rowland pubblica in fretta e furia il suo disco d’esordio, Simply Deep, a settembre 2002, anticipandolo di circa sei mesi rispetto ai piani iniziali. L’album passa senza lasciare traccia in Italia ma in diversi altri Paesi europei, specialmente in Gran Bretagna, è un ottimo successo.

E Beyoncé? La futura signora Carter debutta contemporaneamente al cinema e come cantante solista grazie a Goldmember, il nuovo film di Austin Powers, la spia parodistica britannica ideata dal comico Mike Myers. L’artista non solo è coprotagonista della pellicola, che esce in estate, ma canta anche Work It Out, il brano portante della colonna sonora, che diviene il suo primo singolo da solista. Il pezzo ottiene un piccolo successo, nel corso di quell’intensissima estate 2002. A ottobre, la cantante si concede un featuring con il rapper Jay-Z, suo futuro marito: il duo realizza insieme 03 Bonnie & Clyde, brano che debutta piuttosto bene negli USA e sicuramente contribuisce maggiormente del funk di Work It Out al consolidamento dell’immagine di Beyoncé come artista solista. Nel frattempo, tutti i piani legati al suo album di debutto vengono rinviati per non sovrapporre il lancio della sua carriera solista al debordante successo di Dilemma e di Kelly Rowland.

Tuttavia, archiviato il 2002 e trascorsi i primi mesi del 2003 fino ad arrivare a quasi un anno dall’uscita di Dilemma, i tempi sono finalmente maturi: a metà maggio arriva Crazy in Love e nulla sarà più come prima. Il brano è una hit enorme e immediata, impattando il mercato statunitense con la forza di un asteroide. Va benissimo anche all’estero ma non quanto in patria: Irlanda, Croazia e Scozia sono gli unici Paesi in cui Crazy in Love si guadagna la numero uno (ma in altri venti si piazza comunque in top ten). Il riff di tromba è inconfondibile e dona alla canzone un tratto riconoscibilissimo, la performance di Beyoncé è istrionica e azzeccatissima, la presenza di Jay-Z nella parte iniziale contribuisce a impreziosire il pezzo con un ulteriore tratto distintivo. In estrema sintesi: è nata una star.

Il successo del primo singolo è un fenomenale traino per tutto l’album, che esce un mese dopo e si chiama Dangerously in Love e ha anch’esso un’eco sensazionale. Ne vengono estratti altri tre brani – Baby Boy, Me, Myself and I e Naughty Girl – che consentono all’LP di avere un ciclo vitale commerciale lungo oltre un anno capace di trasformare ben due pezzi su quattro in tormentoni estivi (l’immancabile Crazy in Love e Naughty Girl, che occupano quasi militarmente tutti gli spazi radiofonici dell’estate 2003 e 2004, rispettivamente). Naughty Girl riesce poi in un’ulteriore impresa: tirare la volata alla ricostituzione delle Destiny’s Child.

Il trio, infatti, si riforma nonostante le esperienze di successo individuali (su vari gradi e livelli) delle tre componenti. In realtà, era previsto fin dal momentaneo scioglimento post Survivor che venisse registrato un nuovo album ed effettivamente tutto si è poi svolto secondo i piani – il che non era per forza garantito, considerando quanto si tenda a sfruttare i momenti favorevoli, nel mondo della discografia. Eppure, la reunion non è solo questione di contratti discografici da rispettare, è anche – e soprattutto – l’occasione per mettere la parola fine a un’esperienza musicale intensissima e più che propedeutica all’affermazione da soliste dei tre membri della band. E se Michelle Williams ha fatto parte del grande circo delle Destiny’s per un paio d’anni scarsi (seppur lasciando il segno), per Beyoncé e Kelly è l’occasione di chiudere un capitolo lungo quindici anni che, all’epoca, è ben più di metà della loro vita, avendone entrambe poco più di ventitré.

Destiny Fulfilled non è solo un album: è un testamento musicale e vede la partecipazione di tutte e tre la cantanti del gruppo a ogni fase della sua realizzazione. Contribuiscono in maniera uguale alla scrittura dei brani, si occupano in parti uguali della produzione, stabiliscono di comune accordo l’entità e la durata dei vari impegni promozionali, tour compresi. Il 4 ottobre esce Lose My Breath, che anticipa il disco intero di circa quaranta giorni: il pezzo va molto bene, pur non toccando vette inarrivabili. Un mese dopo, per accompagnare l’uscita di Destiny Fulfilled, esce anche Soldier, che va tutto sommato benino. I due estratti successivi, Girl e Cater 2 U, si fanno vagamente notare ma, a livello commerciale, è un lento calando. Il disco intero invece va decisamente meglio, anche se i consensi planetari di Survivor sono solo un ricordo. Nonostante un esito commerciale agrodolce (per quasi ogni altra realtà musicale del pianeta sarebbe stato il successo più grande della carriera, per le Destiny’s è solo il terzo miglior risultato su cinque album pubblicati), il tour che accompagna il disco è un successo trionfale in tutto il mondo – e non a caso, il DVD tratto da quel ciclo di concerti ha fatto registrare dati di vendita notevolissimi. In ogni caso, l’esperienza delle Destiny’s Child si chiude a giugno del 2005 con il loro ultimo concerto, tenuto a Barcellona, in Spagna.

In seguito, il trio si è ricomposto più volte per dei concerti celebrativi che si sono tenuti in occasioni speciali quali l’All-Star Game della NBA del 2006 o l’half-time show del Super Bowl 2013, in cui Beyoncé era l’artista principale ma ha voluto le sue antiche sodali a fianco per cantare parte del suo medley. In quello stesso anno, è uscita a latere di una compilation con i brani d’amore del gruppo, anche l’ultimo inedito noto delle Destiny’s, un brano intitolato Nuclear e prodotto da Pharrell Williams. A oggi, l’ultima apparizione su un palco delle Destiny’s Child tutte insieme risale al Coachella 2018, del quale Beyoncé era l’headliner.

Attualmente, le Destiny’s Child vengono ricordate essenzialmente per aver dato i natali artistici a Beyoncé ma è una definizione riduttiva e ingenerosa del fenomeno che hanno rappresentato: sono stati uno dei gruppi black più rilevanti a livello mainstream degli anni a cavallo del Duemila, hanno venduto oltre sessanta milioni di dischi e hanno contribuito in maniera decisiva a cristallizzare nell’immaginario il suono dell’R’n’B anni 90, oltre a riaggiornare definitivamente il modello di gruppo vocale armonico agli standard del terzo millennio. Non c’è altro da dire, le Destiny’s Child hanno decisamente fatto epoca.

Destinys Child 4 2001

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.