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La storia della musica in pillole: la separazione tra i Pink Floyd e Syd Barrett, parte I

«La storia della musica in pillole» è una rubrica fissa in cui ripercorriamo, in una tappa per volta, un momento, un genere, un periodo, un movimento musicale che ha segnato l’evoluzione del pentagramma (e delle nostre vite, in fondo). Senza pretese di esaustività, senza ambizioni accademiche esagerate, questi nostri articoli intendono essere agili Bignami da cui ricavare qualche indizio d’ascolto o un minimo di curiosità per scoprire – o riscoprire – le tantissime sfumature musicali che hanno attraversato il globo dalle origini a oggi.


 In Inghilterra, sul finire del 1967, c’è una band in particolare che sta cominciando a far parlare di sé: i Pink Floyd. Quartetto composto da Nick Mason alla batteria, Rick Wright alle tastiere, Roger Waters al basso e Syd Barrett alla chitarra e alla voce, è una formazione dall’anima profondamente sperimentale che ha uno stile musicale in linea con il gusto di quel periodo e che oggi definiamo “rock psichedelico”. Formatisi attorno al 1965 con il nome The Tea Set, anche i Floyd sono partiti dalle radici blues tipiche di tantissime altre formazioni dell'epoca ma hanno intercettato solo parzialmente il momento del beat per superarlo a destra piuttosto presto e inseguire le suggestioni della musica d'avanguardia, declinata all'interno di una grammatica rock in corso di definizione in quegli stessi anni.

Solo parzialmente restituitoci dai primi dischi dell’epoca, il sound dei Floyd di allora è definito da lunghe suite sperimentali che tendono ad allontanarsi molto dalla forma canzone, dilatando ed espandendo le diverse sezioni di un pezzo fino a trasformarlo in qualcosa di lontanissimo dalla melodia iniziale. Questo aspetto del loro stile compositivo è predominante nelle esperienze dal vivo di quella fase del loro sviluppo artistico ma è stato chiaramente limitato in sede d’incisione: per questo, i primi due album del complesso non sono un ritratto del tutto fedele di quello che è l’effettivo sound dei primi Floyd. In quelle registrazioni emerge probabilmente di più l'approccio melodico e più simile alla musica da classifica del tempo a causa della necessità di uniformarsi il più possibile al formato radiofonico della canzone da tre minuti, che limita moltissimo assoli ben più lunghi nelle esecuzioni dal vivo. I quattro sono ben più lontani dalla sensibilità pop dell’epoca di quanto quelle due opere e soprattutto i primi singoli Arnold Layne e See Emily Play possano dire, nonostante un loro discreto riscontro commerciale. Il batterista Nick Mason, all’interno della sua autobiografia Inside Out, commenta che già nell’estate del 1967 Arnold Layne non rappresenta granché il repertorio reale del complesso.

Dal vivo, l’improvvisazione ha un ruolo centrale nell’espansione delle canzoni così come i tentativi di ricerca sonora attraverso l’uso di suoni non convenzionalmente musicali: attraverso Rick Wright, la band è infatti entrata in contatto con le esperienze sperimentali di Stockhausen, il jazz e la musica colta d’avanguardia dell’epoca, finendo per contaminarsene. Considerando le loro esperienze live dell’epoca, definirle “concerti” è quasi impreciso: si tratta di happening di cui la ricerca musicale è solo un aspetto e in cui hanno un ruolo fondamentale i giochi di luce (l’intero “pacchetto” era definito infatti light show) e la messa in scena in generale, che voleva essere straniante ed evocativa. Sono esperienze complete, concepite nello spirito dell’epoca e della band, desiderosa di formare un suo stile particolare anche attraverso modalità di esibizione insolite che la distinguano nettamente da ciò che viene fatto più convenzionalmente da altri artisti (o aspiranti tali) all’interno di un contesto come la Londra anni 60, alla costante ricerca di qualcosa che sia o perlomeno sembri “nuovo”. Questo stile così innovativo aiuta i Floyd a diventare ben presto i beniamini dell'underground londinese ben prima che il grande pubblico generico si accorga di loro.

A guidare la creatività del gruppo in qualità di leader musicale, in quella fase, è Syd Barrett. Come nota Mason sempre in Inside Out, spesso si fa riferimento al gusto melodico di Barrett e al suo amore per la canzone in senso classico, tralasciandone però la spinta all'improvvisazione che, secondo il batterista, è il lascito principale dell'artista non solo al gruppo ma proprio alla musica pop/rock dell'epoca. Principale compositore delle musiche e autore dei testi, Barrett firma dieci brani su undici (due insieme con tutti gli altri membri della band) del primo album del gruppo, The Piper At The Gates Of Dawn, registrato tra il febbraio e il maggio del 1967 adoperando e sviluppando canzoni e composizioni nate per riempire le scalette dei concerti nel corso dell’anno precedente. Il disco esce nell’estate del ’67, poco dopo See Emily Play che, a sua volta, era arrivato dopo Arnold Layne, primo brano commercializzato dal gruppo.

Per supportare a dovere l’album e sulla scia del successo di See Emily Play, la band si trova a dover intensificare drasticamente la sua attività dal vivo, già diventata piuttosto fitta dopo la firma del contratto con la EMI nel febbraio precedente. La tabella di marcia dei Floyd inizia a essere serrata, tra un concerto e l’altro. Proprio in quel momento sorge un grave problema: Syd Barrett diventa del tutto inaffidabile. Non si sa bene cosa sia accaduto di preciso ma Nick Mason nota che già nella tarda primavera del ’67 Syd sembrava «completamente distaccato da tutto quello che succedeva». Fatto sta che, quell’estate, la situazione peggiora drasticamente dopo che, nel complesso, Barrett aveva retto abbastanza bene le sessioni di registrazione di Piper. Subito dopo, però, arriva il tracollo.

[...continua la settimana prossima...]

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Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.

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