Skip to main content

L’indie rock degli anni 2000: chitarre, spontaneità e estetica rétro

Vent’anni fa l’indie rock dominava le classifiche di tutto il mondo e, a oggi, si può probabilmente dire che è stato l’ultimo, grande sussulto del rock in generale, l’ultimo grande momento in cui la chitarra distorta, il basso e la batteria hanno saputo giocarsela alla pari con gorgheggi vari, boy-band e compagnia, beat elettronici, campionature e ritornelli orecchiabili.

Come spesso capita nella storia del rock, peraltro, l’indie è arrivato a concludere un percorso cominciato idealmente vent’anni prima, nella seconda metà degli anni 80, quando ha preso piede il grunge fungendo da matrice per tutto il mondo alternative che avrebbe dominato scene e gusti fino al terzo millennio. Dopo i Nirvana, i Pearl Jam, gli Alice in Chains e compagnia, infatti, abbiamo assistito al revival punk, al dominio del numetal, al ritorno dell’emo, all’esplosione del metal-core e del post-hardcore per poi, appunto, salutare l’arrivo degli artisti indie.

Difficile trovare dei veri punti di congiunzione musicali, espressivi e iconografici tra tutte queste realtà molto diverse tra loro: in diversi sposavano un’estetica decisamente rétro e un atteggiamento figlio della lezione anni 60 del beat, altri erano ben più figli dell’universo post-punk anni 80, altri ancora mescolavano influenze glam a fascinazioni elettroniche.

Uno dei pochissimi punti di contatto è probabilmente la centralità della chitarra nel sound di quasi tutte le bande che abbiamo selezionato per la nostra cavalcata nella storia di due decenni fa, oltre a un gusto piuttosto spiccato per i riff semplici ed efficaci.

The Strokes

Tra i mamma santissima del genere, gli Strokes hanno contribuito in maniera decisiva a formulare una specie di canone ideale dell’indie anni 2000, dal punto di vista musicale. Chitarra distorta ma non pesante, suggestioni anni 60, voce post-punk, estetica lousy dandy, azzimata ma anche bohémienne. Anche dalle nostre parti, il gruppo ha goduto di un seguito affezionatissimo che talvolta rasentava la venerazione.

The Libertines

Se l’indie rock degli anni 2000 ha un genitore americano (gli Strokes), è altrettanto vero che ne possiede anche uno britannico nei Libertines, la turbolenta formazione di Pete Doherty e Carl Barât che tante gioie ha dato (anche) ai tabloid inglesi. Decisamente più figli del punk di tanti altri loro successori, i Libertines portano fieramente avanti l’attitudine garage rock già propria degli Strokes con un approccio più rissoso, ruvido e aggressivo, meno sofisticato e ricercato a livello sonoro ma, forse, ancora più intenso. Altro ingrediente fondamentale del melange sonoro caratteristico del gruppo è l’influenza della New Wave anni 80 e della musica dark.

Franz Ferdinand

I Franz Ferdinand vedono la luce tra il 2001 e il 2002, in Scozia, dove Alex Kapranos e soci si mettono insieme sull’onda lunga del brit-rock e beneficiano dei primi vagiti della nuova scena rock indipendente americana e britannica di cui, appunto, fanno parte anche gli Strokes e i Libertines. Ancora più legati ai cliché estetici anni 60 ma vocalmente più educati dei loro colleghi statunitensi e musicalmente più raffinati di Doherty e compagnia, i FF arrivano al successo quasi immediatamente con Take Me Out e ristabiliscono immediatamente i canoni del genere su binari più beat e sornioni.

Bloc Party

Tra gli esponenti più interessanti dell’indie rock britannico degli anni 2000 in generale, i Bloc Party si formano nel 1999 e mettono insieme una lunga serie di influenze diverse, tutte rimescolate alla luce del particolare zeitgeist dell’epoca. Molto più debitori della musica dark e post-punk di quasi tutti gli altri epigoni dell’indie loro contemporanei, i Bloc Party vantano Kele Okereke alla voce il quale, grazie alle sue origini nigeriane, dona al loro sound una sfumatura black inconfondibile.

White Stripes

Decisamente il gruppo più “dissonante” e bizzarro rispetto a tutti gli altri, i White Stripes rappresentano un’esperienza artistica che in realtà trascende i generi e ha probabilmente più a che fare con il rock sperimentale in senso sonoro che non con il mondo che identifichiamo con il termine “indie”. Tuttavia, l’indipendenza è concettualmente qualcosa che li definisce e li descrive in maniera profonda, oltre al fatto che, con tutti i suoi limiti, l’etichetta “indie rock” è la miglior approssimazione possibile, se bisogna per forza inserirli all’interno di un filone riconoscibili.

The Killers

Se i Franz Ferdinand sono in qualche modo figli (anche) del rinnovato vigore della scena rock indipendente che nasce negli USA e tracima nella vecchia Europa, i Killers invece sono il frutto autoctono del primo diffondersi a livello nazionale di quella realtà. Originari di Las Vegas, Brandon Flowers e compagni uniscono alle chitarre distorte e al gusto per il riff ficcante e appiccicoso l’amore per i sintetizzatori e un gusto estetico che tende al barocco, enfatizzando ulteriormente l’immagine decadente già appannaggio di molte altre band. Probabilmente, a livello commerciale, sono il gruppo di maggior successo dell’intero lotto dell’indie rock.

Arctic Monkeys

Vent’anni fa erano considerati gli enfant terrible dell’indie, in quanto ancora teenager quando hanno firmato il primo contratto discografico, più giovani di quasi una decina d’anni rispetto ai componenti degli altri gruppi del medesimo genere e, per finire, tra i primissimi a trasformare il successo su internet a un’affermazione discografica nel “mondo reale”. Tra i gruppi indie, insieme con i Killers, sono probabilmente stati la realtà più longeva in assoluto, a livello di successo commerciale.

Arcade Fire

Protagonisti della terza e ultima ondata dell’indie rock – nonostante siano nati già nel 2001 – i canadesi Arcade Fire testimoniano piuttosto bene il cambiare del concetto musicale alla base del cosiddetto “rock indipendente”. Decisamente più elaborati e sofisticati di Libertines o Strokes, parliamo di un’idea musicale che, almeno nei primi dischi, rispecchia più l’opera dei Killers che non dei padri fondatori della tendenza. Dopo i primi consensi ottenuti nella seconda metà degli anni 2000, gli Arcade Fire hanno evoluto molto il loro sound e la loro poetica ottenendo un grande riscontro anche a metà degli anni 2010, quando ormai il concetto di “indie rock” aveva già fatto il suo tempo da un pezzo.

ClusterNote è il Magazine della Scuola di Musica Cluster di Milano.
Scopri i nostri corsi di chitarra: CLICCA QUI!

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.