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La Training Season di Dua Lipa è finita davvero

In un mondo in cui esiste Taylor Swift è difficile pensare di poter parlare della grandezza di questa o di quella popstar donna senza che la questione paia ridondante: eppure Dua Lipa, oggi, è una star di livello globale senza mezzi termini.

Certo, al tempo dello Swift-impero, per quanto una cantante possa sforzarsi (tranne, forse, che nel caso di pochissimi calibri enormi del pop internazionale degli ultimi trent’anni), è difficile che si possa avvicinare alla stardom della biondissima Taylor. La cantautrice originaria della Pennsylvania (lo stesso stato della starlette dell’estate 2024, Sabrina Carpenter) infatti smuove legioni di fan talmente numerose e affezionate nonché – forse soprattutto – somme talmente enormi che, valutando parametri oggettivamente misurabili, è molto difficile avere la sua stessa risonanza mediatica o influenza, per non parlare dell’interesse che genera nel pubblico mainstream globale. In questo senso, è già eccezionale che la quasi ventinovenne Lipa possa stare nella stessa frase della Swift senza sfigurare, specialmente se si considera la qualità della sua produzione musicale.

E, in questo senso, l’ultimo album dell’artista anglo-albanese, Radical Optimism, la consacra definitivamente come uno degli astri più fulgidi del pop contemporaneo all’interno della ristrettissima cerchia composta solo da coloro che cercano di farlo con un minimo di classe. Bissare la qualità produttiva, la varietà di stili e la compiutezza di Future Nostalgia, il disco del 2020 che ci ha regalato diversi classici del repertorio di Lipa (su tutti Physical, naturalmente), non era affatto banale ma l’album uscito lo scorso 3 maggio ci va piuttosto vicino in più di un’occasione.

Due di queste sono senz’altro Training Season e Houdini, una doppia infilata di singoli azzeccatissima che ha consentito alla carismatica Dua di prendersi le classifiche invernali con il primo e quelle primaverili con il secondo. Anzi, Houdini è direttamente diventato uno dei tre singoli più d’impatto dell’intera carriera della cantante. Quest’estate è ancora in giro con Illusion, forse un pezzo con meno tiro dei primi due estratti dal nuovo album ma la questione è relativamente rilevante perché, nello scorso triennio, l’artista ha completato una metamorfosi cruciale che l’ha trasformata nella popstar contemporanea definitiva, in grado non solo di cantare ma di mettere insieme un autentico mega-show, inserendo nei suoi concerti una fortissima parte coreografica su cui ha lavorato immensamente. Questo passaggio le ha concesso di conquistare anche gli USA, facendo il passo definitivo per il mega-successo che le ha conferito il suo attuale status di mega-star mondiale, suggellato anche dalla comparsata nel campione d’incassi Barbie (di cui ha cantato anche il brano portante).

Citando il suo stesso singolo, possiamo infatti dire che la Training Season della bella Dua è quindi terminata, il suo periodo di “addestramento” per la dominazione della musica pop mondiale è ormai completato: a un passo dai trent’anni d’età, un decennio esatto dopo la firma del suo primo contratto discografico, con tre album di inediti alle spalle, quasi una trentina di singoli da interprete unica e principale, Dua Lipa è esattamente dove avrebbe sperato di essere nei suoi sogni adolescenziali più sfrenati. E, francamente, se l’è proprio meritato.

Autore: Giorgio Crico

Milanese doc, sposato con Alice, giornalista ma non del tutto per colpa sua. Appassionato di musica e abile scordatore di bassi e chitarre. ascolta e viene incuriosito da tutto nonostante un passato da integralista del rock più ruvido.