La canzone della settimana: What’s My Age Again, i blink-182 si rivelano al mondo
La canzone (o l’album, dipende dall’umore del momento) della settimana è una rubrica fissa in cui proponiamo un disco oppure un singolo brano in particolare, approfondendo un minimo la sua storia, la sua importanza e – perché no, siamo qui apposta – la sua bellezza. Può trattarsi di opere estremamente recenti oppure molto, molto vecchie (al punto da poter essere definite “antiche”, talvolta): per noi non fa alcuna differenza, ciò a cui teniamo veramente è dare sempre risalto alla buona musica.
A fine anni 90, il panorama musicale pop-mainstream è estremamente variegato. Abbiamo tanti fenomeni prettamente pop come Britney Spears, Christina Aguilera o le giovanissime boyband vocali (i Backstreet sono i capofila), non mancano nel panorama globale artisti R’n’B come le TLC, Mariah Carey, Whitney Houston o R. Kelly, troviamo interpreti che si rifanno alla musica latina come Ricky Martin o Jennifer Lopez e l’onda lunga del grunge che ha rivitalizzato il rock e lanciato definitivamente l’alternative non si è ancora esaurita, per cui realtà come Sugar Ray, Smash Mouth o Goo Goo Dolls sono presenti nelle altissime posizioni della classifica dei cento singoli più venduti del 1999 di Billboard. Non mancano anche grandi nomi storici, in quella chart, come quello di Santana. Del resto, troviamo anche i Red Hot Chili Peppers con Scar Tissue, il primo estratto del loro disco Californication, che proseguirà la sua corsa fino a diventare l’album tuttora più noto e apprezzato della band.
Nonostante non sia riuscito a vendere abbastanza per entrare nella selezione di Billboard per le cento canzoni più hot di quel 1999, in aprile esce un singolo che apre la strada del successo a una nuova band. Il pezzo si chiama What’s My Age Again? ed è firmato dai blink-182, un gruppo attivo ormai da diversi anni sulla scena underground americana che ha già messo a curriculum una hit indipendente con l’album del 1997 Dude Ranch (per quanto già pubblicato con il supporto della MCA, una major che più major non si può), circolato un bel po’ negli ambienti più rock statunitensi e non solo. Realtà che si rifà al surf punk californiano, la band è ormai abbastanza matura a livello compositivo per provare a realizzare qualcosa che possa avere un impatto anche a livello mainstream e What’s My Age Again? ci riesce perfettamente.
Forte di un riff trainante di chitarra acustica che diventa l’emblema della canzone ancora più che lo stesso ritornello super catchy: la sequenza di note nasce durante un tentativo infruttuoso da parte del bassista Mark Hoppus di imparare a suonare il riff iniziale di J. A. R., una canzone dei Green Day. Dopo l’ennesimo tentativo di eseguirlo correttamente finito male, a Hoppus viene l’ispirazione per una variazione sul tema che può diventare qualcos’altro. Tuttora, il musicista sostiene che da quell’intuizione in poi, la canzone gli è venuta in mente per intero nel giro di cinque minuti. Pochi giorni dopo, Mark propone al chitarrista Tom DeLonge e al batterista Travis Barker la sua nuova composizione, la quale viene accettata di buon grado dagli altri membri del gruppo, che lo hanno aiutato a rifinirla e completarla per inserirla tra le tracce del nuovo album in produzione, Enema of the State.
Il brano ha un equilibrio eccellente a livello produttivo: le porzioni distorte di chitarra hanno un suono corposo ma pulitissimo, estremamente accessibile, mentre la melodia vocale ideata da Hoppus è adattissima a un pezzo pop, oltre a scorrere perfettamente con la musica. Non solo: i controcanti sovraincisi soprattutto nella parte del ritornello aggiungono ulteriore tridimensionalità al brano che, a livello musicale, in quelle stesse parti, sovrappone il riff acustico principale alla musica più potente del chorus. Tutto va perfettamente insieme grazie al lavoro maniacale di Jerry Finn, produttore di tutto l’album ed elemento chiave per il sound definitivo dei blink-182.
Tutta questa cura e serietà a livello produttivo va perfettamente in contrasto con quello che è invece il testo del brano, una sorta di lamentela satirica a grana grossissima del fatto che l’ironia pecoreccia e crassa non viene più accettata a livello sociale quando l’età avanza e non si è più teenager (i versi sono peraltro scritti dallo stesso Hoppus, all’epoca ventisettenne nonostante nel testo dica di averne solo ventitré - twenty-three - perché obbligato a trovare una rima per tv). È la comicità demenziale tipica dei blink dell’epoca, che inseriscono all’interno di composizioni con una spiccata anima elettrica e veloce – anche se sempre più ruffiana – testi che fanno umorismo da scuole medie, stracolmi di parolacce al punto da essere ben più grotteschi che non graffianti.
Il pubblico, però, apprezza questo mix letale di musica adrenalinica (per quanto What’s My Age Again? non abbiamo un ritmo particolarmente incalzante) e demenzialità pura e il singolo viene accolto piuttosto bene, anche grazie al celeberrimo videoclip di accompagnamento durante il quale i membri del gruppo girano per la città correndo completamente nudi. Enema of the State, l’album che esce un paio di mesi dopo il singolo, diventa uno dei più grandi successi commerciali degli anni 90 per un gruppo rock e All The Small Things, il singolo estratto per secondo, l’anno seguente finisce – quello sì – nella classifica delle cento canzoni più vendute di Billboard relativa al 2000. È l’inizio del fenomeno blink-182 nonché l’apice della popolarità del cosiddetto punk revival, cominciato a metà anni 90 e finito una decina abbondante di anni dopo, con l’appassire della popolarità della musica emo, esplosa a livello mainstream dopo oltre vent’anni di intensa vita puramente underground. Ma, come dicono i grandi narratori, questa è tutta un’altra storia…