Quando gli chiedi del suo primo album, Storie d’amore non troppo riuscite, inciso nel lontano 2013 con sua moglie Claudia Cantisani in veste di cantante, Felice Del Vecchio, 50 anni, nativo di Latronico, un piccolo paese della Basilicata, pianista classico e jazz, insegnante alla Cluster da anni, laureato al Conservatorio di Potenza, eletto dalla scuola di Vicky Schaetzinger insegnante dell’anno 2023, si gira verso Claudia con un sorriso complice, mostra una mimica facciale sorniona che ti fa venire in mente la sua somiglianza con Robert De Niro e inizia a raccontare la singolare storia del finanziamento del loro primo album.
“Ti dirò, a quei tempi gli euro nelle nostre tasche erano davvero pochi ma comunque avevamo deciso di realizzare il primo progetto musicale della nostra carriera artistica. Ci mancavano soltanto i quattrini per finanziare l’album. Non sapevamo dove sbattere la testa. Poi, l'illuminazione sulla via dell'altare”.
Ho capito bene? Hai detto altare?
“Si, hai capito bene, ci venne in mente un’idea un po’ balzana ma geniale. ‘Lo sai che facciamo?’ - ci dicemmo una sera durante una cena - ‘L’unico modo per trovare i soldi è sposarsi’. Con Claudia ero assieme da una decina d’anni ma era arrivato il momento giusto e propizio per fare il salto. Aggiungerei, un salto propizio...Sia chiaro, non è che l’amore non ci fosse ma quei soldi ci servivano, il nostro sogno li chiedeva a gran voce”.
Consentimi di sorridere. Non sapevo e non mi risulta che il matrimonio frutti così tanti soldi.
Felice è divertito dalla mia obiezione.
“Ti meravigli perché non conosci le tradizioni del mio paese. Mettiamola così, da noi il matrimonio è un business, quando ti sposi ti arrivano buste regalo che vanno dai 100 ai 150 euro. Ricordo che alla fine del matrimonio, dopo i saluti e gli abbracci di parenti e amici, entrammo nella nostra stanza e sul letto matrimoniale una per una aprimmo le buste con dentro i quattrini. Ventimila euro. Non stavamo più nella pelle, con quei soldi avremmo realizzato il primo dei nostri sogni, un album con pezzi originali. Con quei soldi riuscimmo a fare le cose in grande, presi contatti con artisti di serie A del jazz come Massimo Moriconi, Massimo Manzi e Pietro Condorelli. Nello studio Zork di Buccino (Sa) fu registrato l’album”.
Facciamo un passo indietro Felice, torniamo a Latronico, quel paesino di 4404 abitanti a 888 metri sul livello del mare arroccato sulle colline della Basilicata. Perché mi pare che sia da lì che il bambino Felice di nome e di fatto all’età di 10 anni cominciò a prendere gusto nel suonare il pianoforte acquistato da papà Giovanni.
“Sì, è lì che nasce tutto ed è anche da lì che a un certo punto della mia vita decisi di fuggire, anzi io e Claudia decidemmo di fuggire nel 2000. Latronico dal punto di vista musicale era, se così si può dire, all’avanguardia, pensa soltanto al fatto che in un paese così piccolo c’era una scuola sperimentale che ti consentiva dopo la scuola tradizionale di studiare musica. Una vera rarità in Basilicata. Grazie a quella scuola sperimentale è cresciuta in me la passione per la musica e per il pianoforte. Mio padre, che faceva il geometra, ebbe tuttavia la sensibilità sufficiente per capire che io ero portato per la musica e mi comprò il pianoforte. Per me fu una svolta importante”.
E mamma Ginuzza che diceva di questa tua passione?
Felice fa un’espressione che guarda al passato e indica un piatto di lasagne appena sfornato cucinato da lui con la stessa passione con la quale suona un brano di musica.
“Mamma Ginuzza mi ha insegnato a cucinare. In apparenza non c’è nessuna relazione con la musica ma in realtà se ci pensi quando cucini e quando suoni non fai altro che mettere gli ingredienti giusti al posto giusto e nel momento giusto”. Voglio però ricordare il primo insegnante di musica quando ero nelle scuole medie: Enzo Polito. Lui faceva parte del gruppo Pandemonium e faceva parte dell’orchestra di Fantastico la popolare trasmissione del sabato sera.”
Se dovessi raccontare a un nipote o a un amico le emozioni che provavi a quell'epoca che cosa gli diresti?
“Ricordo che dopo i saggi stavo bene, mi sentivo protagonista, sprigionando energie positive. Ero felice. Certo c’era anche la tensione da prestazione ma il dopo era grandioso. Se penso che a un certo punto ho rischiato di perdere quella passione sto male. Per fortuna in un momento di crisi mia madre ha saputo tenere le redini”.
Perché che cosa è successo?
“A 15 anni volevo smettere di studiare musica, sai com’è, l’adolescenza, gli amici e la voglia di fare altro. Mia madre mi ha salvato, ricordo che mi disse: ‘Tu non vuoi più studiare pianoforte e musica come facevi ogni pomeriggio? Va bene, però stai a casa fino alle 18 e poi esci’. Così mi convinse ad andare avanti”.
Ma Felice è un tipo irrequieto, introverso, tipico dello scorpione, me lo confessa più volte durante la nostra conversazione. E così all'età di 22 anni arriva una nuova crisi, un calo della passione.
“A Latronico non c’era niente, non c’erano stimoli esterni, avevo fatto per tre volte gli esami di teoria e solfeggio per il Conservatorio, Potenza era lontana da Latronico, ero indeciso su cosa fare nella mia vita. E allora nel ‘94 a 22 anni ho mollato la musica per 5 anni e mi sono aperto una Cartolibreria”.
Cosa?
"Sì, hai capito bene una Cartolibreria. Non chiedermi perché, non ti saprei rispondere, una scelta che faceva parte del mio disorientamento, ti posso dire che se tornassi indietro quella follia non la rifarei”.
Come spesso accade a ognuno di noi ci sono alcune persone o personaggi che intervengono nella tua vita e inconsapevolmente te la cambiano.
“Già, proprio così. furono due i personaggi che mi indicarono la strada da intraprendere. Il primo fu Pino Forastiere, un amico, grande chitarrista. Quando mi vide nelle vesti di cartolaio si mise le mani nei capelli: ‘Felice ma che ci fai qui? Tu non c’entri niente con questo mestiere, credimi, sprechi soltanto energie su cose che non ti interessano. Devi tornare a fare musica. È quella la tua vita’. Me lo disse con tanta passione e convinzione che cominciai a pensare che aveva ragione. Io, mi dissi, con la Cartolibreria non avevo niente a che fare”.
Il secondo personaggio di cui mi parlavi?
“Era una donna che mi riportò sulla retta via, la pianista classica Paola Guarino, per altro insegnante di musica di Claudia Cantisani, mia moglie. Fu lei a informarmi che al Conservatorio di Potenza stavano aprendo una sezione dedicata al jazz. Mi convinse che quella era la mia strada, così a 37 anni mi sono laureato al Conservatorio di Potenza. Quello è stato un altro dei momenti in cui ho avuto la sensazione di aver voltato pagina. Ma sarebbe ingeneroso verso me stesso e verso Claudia se non ricordassi gli anni nei quali decidemmo di lasciare Latronico e suonare nei villaggi turistici. Fu un’esperienza che ci consentì di liberare le nostre energie artistiche e di metterci alla prova sul palco”.
Ma l’eterno ritorno di Latronico era dietro l’angolo mi sembra di capire. Racconta, cosa accadde?
“Fu l’ultimo ritorno a Latronico e per fortuna dunque non eterno. Dopo aver realizzato l’album con i quattrini messi assieme dai generosi regali matrimoniali eravamo rimasti con pochi spiccioli. Pochissimi. Puoi pure scriverlo, eravamo sull’orlo della povertà. Ci venne in mente di fondare un’associazione musicale in paese ma ben presto la realtà fu più eloquente di qualsiasi speranza. Avevamo 13 allievi. A quel punto io e Claudia ci guardammo negli occhi e pronunciammo all’unisono la parola ‘Basta’. Basta con Latronico.”
Ma per fare cosa?
“Credo che la provvidenza e il caso abbiano giocato un ruolo importante per il nostro incontro con la Madonna”.
Come dici?
Felice e Claudia se la ridono.
“Stiamo parlando di Vicky Schaetzinger, fondatrice e direttrice di Cluster e da anni nostra grande amica, e del nostro ingresso in Cluster come insegnanti. Per noi fu davvero una svolta decisiva per uscire da una situazione di seria precarietà. Ma poi quello che non posso dimenticare è la passione con la quale Vicky nel primo e unico colloquio ci raccontò del progetto Cluster. La sua passione riaccese anche in noi la passione per quello che ormai è diventata la nostra vita.”
Come avvenne l’incontro?
“Hai fatto bene a farmi questa domanda. L’incontro avvenne grazie ad Antonello Fiamma. Lo incontrammo per caso passeggiando a Matera. Lui ci raccontò di Cluster con grande entusiasmo. Il giorno dopo avvenne il colloquio con Vicky”.
Bella storia. Vuoi dirmi ancora qualcosa?
“Sì, voglio dirti, senza scadere nel sentimentalismo che tutto quello che ho fatto di buono lo devo alla presenza di Claudia, ai suoi consigli nei momenti decisivi della mia vita professionale così turbolenta. Senza di lei non saprei dove sarei adesso”.